Il jazz aveva un nome: Bird (di C. Eastwood, 1988)


A me la musica piace tutta. Mi piace ascoltare quel che ha da dire, soprattutto. E non parlo solo di parole, perchè le parole non sempre bastano: a volte c'è più forza in sette note e nel coraggio di tirarci fuori l'anima. 
Se però dovessi scegliere un genere in particolare che esercita sulla mia anima una forza dirompente, sceglierei sicuramente il jazz.

Il jazz è un genere musicale ma non solo. È uno stile, un atteggiamento, un'attitudine. Il jazz è libertà e abnegazione, si nutre delle radici di chi lo suona e ne diviene prolungamento, coscienza e volontà, a volte ragione di vita.
"Nasce" ufficialmente a New Orleans nei primi anni del novecento, nelle sale da ballo, nelle bettole, nei piccoli club notturni.
Viene portato in giro per l'America degli anni '20 dalle prime Big Band, e da lì non si ferma più. Infatti evolve e cambia, finchè nel '45 vive la sua prima rivoluzione, quella che gli porterà fortuna e primo vero successo, facendolo letteralmente esplodere: una rivoluzione che verrà chiamata bebop.
E in un certo senso il bebop è anche Charlie Parker.

(Charlie Parker Jr.)

Il bebop sorse inizialmente come movimento "elitario, nero, tutto sommato di nicchia" (cit.). Portato in giro per gli Stati Uniti, acquisì in breve tempo fama e un primo discreto successo di pubblico, nonostante l'iniziale refrattarietà della gente.

Charlie Parker, detto Bird (yardbird, uccello da cortile, come a ricordare le sue radici umili), ne fu non solo uno dei protagonisti ma, soprattutto, uno dei maggiori artefici. La sua destrezza al sax, le capacità tecniche e compositive, la velocità d'esecuzione nonché la vita tormentata (conclusasi a 34 anni) lo fecero diventare subito leggenda.
Tant'è che nel 1988 uno dei più classici cineasti americani decise di fargli omaggio, a modo suo, attraverso la forma d'arte che meglio li competeva. Girò così Bird, quindicesimo film da regista di Clint Eastwood.

Bird è un biopic che racconta i fatti salienti della vita dìi Parker tra palco, tournee e ospedali, fino alla sua morte il 12 marzo del 1955. Ne racconta pregi e difetti, arte e dissolutezza, dimostrando, tra l'altro, che il binomio "genio e sregolatezza" non è sempre uno stupido luogo comune.
Eastwood, ammiratore di Parker fin dall'adolescenza, si pone in maniera molto personale nei confronti di un progetto a cui si sarebbe voluto dedicare già da molto tempo.
Grazie alla sua familiarità con le sette note e ad un'attitudine registica molto vicina al jazz, riesce ad orchestrare un film complesso, mai banale, che evita il melodramma a favore di una lettura cupa e decisa, quasi crepuscolare, del personaggio.
Dipinge, grazie ad una fotografia che alterna toni lugubri e claustrofobici a quelli più solari (il matrimonio ebreo e il lungo flashback sul tour nel sud degli States) e ad un incedere lento ma inesorabile scandito dall'alternarsi di passato e presente, il dramma di un artista, un mito che prima di tutto era un uomo.


Al centro del film troneggia il rapporto tra Charlie e sua moglie, Chan Parker (Diane Venora), chiarissimo fin dalle primissime scene. Evitando toni eccessivamente melò, Eastwood lo racconta in modo asciutto, mettendo in evidenza le continue incomprensioni, le sfide, le lotte e le dichiarazioni d'amore. Quasi una lotta tra cuore e mente, stomaco e cervello, istinto e ragione. Il tutto al di là di ogni differenza, pregiudizio o lutto, rivelandosi chiarificatore sulla personalità tormentata di questo strano ed "eterno adolescente", refrattario tanto all'autorità quanto alle regole.
Di contorno, ma non meno importanti, ci sono i volti e i gesti dei comprimari, pronti a raccontare Bird in maniera indiretta ma corale: come non ricordare gli sguardi solari e sorridenti di Dizzy Gillespie (interpretato da Samuel E. Wright), il cervello del movimento bop, che rivolge al suo socio e amico sul palco e che in privato diventano preoccupati e duri ma mai crudeli, più espressivi di mille parole. O gli occhi pieni di ammirazione del trombettista Red Rodney (Michael Zelniker), che lentamente si perdono nel vortice terribile dell'eroina, via via sempre più increduli e stanchi.
Meglio di qualsiasi personaggio, è la musica però a raccontare veramente Bird, nel suo essere sia uomo che artista. E i due aspetti, come viene detto in una battuta del film, non sono prescindibili l'uno dall'altro.

 "Se potessimo udire tutti i suoni esistenti, impazziremmo".

La colonna sonora, curata da un bravissimo Lennie Niehaus, si divide tra momenti live, in cui la mimica di un realistico Forest Whitaker (nel suo primo ruolo da protagonista) non fa rimpiangere quella del suo alter ego di celluloide, e momenti di accompagnamento alle scene, dove appare più soffusa e meno ipertesa, rappresentando l'aspetto più lirico di Parker, degna raffigurazione sonora degli stati d'animo.
Ed in fondo la musica è stata l'unica risorsa di questo artista, persona intelligente e musicalmente colta, tanto geniale sulle scene quanto mediocre al di fuori, dove non si distingueva facilmente da un drogato o un ubriacone qualunque. Due espressioni di una personalità complessa e perpetuamente afflitta, raccontata senza giri di parole; la biografia di un martire, del jazz e di un movimento di cui fu più cuore che anima, che fini per consumarsi ed essere consumato (dallo show business, che non gli diede il giusto tributo in vita, lasciandolo perennemente in bolletta).
Attraverso un sapiente uso del flashback, il film acquista dinamismo e si muove emotivamente per quasi due ore e mezza, sviluppandosi e finendo per richiudersi su se stesso. Parte per non arrivare mai, scena dopo scena, scala dopo scala, veloce come la musica che racconta e lento nei momenti più intimistici. Si rivela anche efficace ritratto di un'epoca, sfiorando i temi del razzismo e della gerarchia sociale.

"Età apparente: 65 anni!"
"Ne aveva 34..."

Charles Parker Jr morì a 34 anni sul divano della baronessa Nica, mecenate sua e di altri artisti dell'epoca.
Per tutta la vita fu afflitto da ulcera e altri problemi, dovuti soprattutto alla dipendenza da eroina e alcool. Il medico legale che effettuò l'analisi preliminare sul suo cadavere, affermo che il suo era il corpo di un sessantacinquenne.
Scritto da Joel Oliansky, Bird più che un semplice biofic è un film che parla di arte, dei suoi misteri e della sua forza. Un omaggio non solo al più grande sax contralto della storia ma a tutta la musica e i musicisti, che questi si esibiscano su un grande palco o in una bettola, sotto un ponte o nel salotto della propria casa. Non c'è disincanto, né patetismo. E quando il sipario si chiude le note di Parker continuano a librarsi nell'aria, perché "Bird Lives!", Bird è ancora vivo!


Commenti

  1. Ho letto,preso in biblioteca 5 anni fa, un bel libro biografico sulla breve vita di Parker.
    Come si usa dire:bigger than life.Questo film fece capire alla critica che Eastwood non è solo regista di splendidi western,ma un vero Autore l'ultimo a possedere l'epica degli Steinback e simili.Una pellicola particolare perchè il ritmo lento,la mancanza di melodrammismo esplicito e facile,non lo fa subito amare da tutti,eppure è talmente un paradigma di pulcretudine su schermo.
    Essenziale per tutti i cinefili guardarlo e amarlo .

    Cosa pensi del film di Avati su Bix?

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  2. Oh figlio mio adottivo, che bella sorpresa che mi hai fatto con il mio film preferito di Clint.
    Io che odio i biopic, non sopporto la seriosità ampollosa dei film che raccontano la vita di personaggi storici, cambio del tutto idea di fronte a questo capolavoro. Ma solo Clint poteva girarlo, che lui è rigoroso ed essenziale, geometrico e chirurgico e anche impietoso, quando deve esserlo.
    E l' epica è tutta nella musica.
    E io ti lovvo sempre più

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  3. @babordo76, non ho mai visto il film di Avati che nomini, quindi non so cosa dire.

    Per quanto riguarda Bird e Eastwood, invece, non posso che essere d'accordo, credo che questo, assieme a I Ponti, sia il film di Clint più sorprendente.

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  4. @ilgiornodeglizombi: anche per me questo è il miglior film di Eastwood (e faccio fatica a mettere al secondo posto The Milion Dollar Baby) e credo che solo lui sia stato capace di girare una cosa del genere. I miei occhi piangono dall'inizio alla fine ogni volta che lo vedo ma è soprattutto il finale, con quella dedica, a scioglermi il cuore.

    Tanto Luv

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  5. bè,credo che Bix meriti una visione.Non è bellissimo,ma è buono.
    I ponti devo rivederlo,perchè sono un occhialuto assai poco propenso ai film sentimentali sui rapporti di coppia.Ma l'ho visto tempo fa,per cui lo rivedrò

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  6. Vedrò di recuperlarlo. Nel frattempo riguardati il film di Eastwood: anche io non sono propenso a quel tipo di cinema ma è veramente un gioiello...

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  7. filmone, niente da dire. tra l'altro ho da poco visto al cinema j.edgar, altro biopic di eastwood, ma francamente non ci sono paragoni, quest'ultimo è poca cosa rispetto a Bird.

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  8. J. Edgar devo ancora vederlo, però concordo nel ritenere Bird una delle vette (se non la vetta) del genere biopic

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