Chi ha tempo non aspetti tempo - In Time (di A. Niccol, 2012)


Molti considerano Andrew Niccol un regista di film di fantascienza. Niente di più falso, con buona pace dei catalogatori-generalisti-bibliotecari. Perchè, se cerchiamo di sovrapporre il concetto di sci-film a opere come Gattaca o S1m0ne, verremo irrimediabilmente delusi dalla mancata coincidenza di stilemi. Nei film di Niccol non c'è nulla di fantascientifico se non i mezzi. Il contesto, che è quel che fa da padrone nelle pellicole (e nelle sceneggiature) del regista, non prevede cambiamenti sostanziali rispetto al nostro presente storico, anzi, ne è un'amplificazione degenerativa. Proprio per questo Andrew Niccol è uno degli ultimi registi distopici sulla faccia della terra. Lo dimostra anche con la sua ultima fatica, In Time, distopia travestita da sci-film e action-movie.

La storia è ambientata in un futuro, non troppo lontano e non meglio specificato, in cui il genere umano ha smesso di invecchiare. Si vive fino a 25 anni, compiuti i quali un orologio tatuato sul braccio si attiva pronto a segnalare le ore che rimangono prima dello spegnimento dell'organismo. Ogni individuo, da quel momento in poi, ha un anno di vita bonus. Per evitare di morire deve cercare di guadagnare tempo, moneta di scambio e valore indicativo della ricchezza reale: i ricchi possono vivere per sempre, tutti gli altri cercano di negoziare per la loro immortalità. Will Salas è un giovane operaio di Dayton, il ghetto, che per puro caso entra in possesso di una fortuna. In seguito alla tragica morte della madre decide di trasferirsi a New Greenwich, la zona benestante, in cerca di vendetta. Finirà per innamorarsi e divenire un moderno Robin Hood.


Partiamo dal presupposto che il tempo è denaro, la cosa più banale del mondo. Eppure, nel mondo distopico disegnato da Niccol, questa considerazione è alla base di ogni azione e reazione raccontata nel film. In effetti il denaro è da sempre una discriminante sociale, non tanto per il potere intrinseco che possiede quanto per il potere che determina in chi lo possiede: non si tratta delle cose che puoi comprarci ma della forza persuasiva che ne guadagni avendone in grandi quantità. 
Identificando in senso letterale il denaro con il tempo, la vera ricchezza diventa la vita. O meglio, il non preoccuparsi di vivere o morire. Il tutto riassumibile con il contrasto tra lentezza e corsa. Parliamo di un mondo in cui "vivere alla giornata" vuol dire effettivamente vivere alla giornata. Parliamo di una società piramidale: di base ci sono gli abitanti del ghetto, operai, senza tetto e ladri, al vertice una borghesia fatta di banchieri e industriali. Il passaggio da un gradino all'altro di questa ipotetica scala è virtualmente possibile ma di fatto impraticabile, perchè lo stesso passaggio di tempo da un individuo all'altro viene monitorato proprio come fosse denaro, così che il ricco possa diventare sempre più ricco e il povero debba combattere per sopravvivere, conservando il poco che già possiede. E il bello è che tutto diventa solo questione di tempo in un mondo in cui il tempo, effettivamente, non ha più valore.


Nel film viene tirata in ballo l'evoluzionismo di darwiniana memoria: sopravvive solo chi ha le caratteristiche adatte per farlo. Un tempo si trattava di caratteristiche genetiche, oggi di possibilità finanziarie, nel mondo distopico in cui il film è ambientato della somma di entrambe le cose: il più forte è colui che eredita il tempo dei propri antenati, un fattore finaziario tramandato per vie genetiche. Il più debole nasce senza niente e muore perchè quel che potrebbe avere gli viene negato. Non c'è possibilità di successo, la moltitudine deve sottostare al goveno distopico dei pochi per garantire loro non la sopravvivenza ma l'immortalità. Che si scannino tra di loro, le bestie; che muoiano per strada come cani.
Il film è quindi un'attacco alla dittatura consumistica, all'accumulo di beni fine a se stesso: se la classe egemone di In Time accumula tempo non lo fa certo per l'immortalità in se, concetto estraneo e condizione irragiungibile per l'essere umano, ma per l'idea stessa di immortalità, intesa come modo di perpetuare il potere. Alla fine parliamo di un concetto base di letteratura e cinema distopico: il potere come fonte di potere, che si determina con la prevaricazione.

Allo stesso tempo viene colpito il culto dell'immagine, religione del nostro tempo, che tende ad omologare l'umanità secondo standard estetici: eternamente giovani, gli esseri umani sono riuscito a far avverare il sogno della generazione a noi contemporanea, quello di sconfiggere la degenerazione fisica. Così l'uomo si è appropriato, dopo eoni dal giorno della creazione, del frutto della vita che gli era stato precluso. Si è avvicinato così a Dio, sostituendosi ad esso.


In tutto questo il protagonista, Will Salas, viene a trovarsi in una condizione più unica che rara: quella di un povero che si ritrova ricco, per caso o semplice (s)fortuna. Tutta la ricchezza del mondo però non sarà in grado di salvare sua madre, vittima della politica consumista della classe dirigente, che alza continuamente i prezzi uccidendo volontariamente i più poveri. Il meccanismo in effetti è semplice: in un mondo dove la morte naturale è stata debellata, per evitare il collasso del sistema i poveri devono morire a favore dei ricchi. L'ordine viene così garantito e la massa, impegnata nel duro mestiere di sopravvivere, non si accorge di nulla.
Il tentativo di Will sarà quello di destabilizzarlo, questo sistema. Per questo si trasformerà in un moderno Robin Hood, che ruba ai ricchi per dare ai poveri, motore di una rivoluzione che parte dall'interno, mettendo in luce i limiti di un governo basato sull'assenza di limiti. 
Accanto a lui Sylvia, figlia benestante del sistema - rappresentato dalla figura dei Guardiani del Tempo, coloro che devano garantire non la giustizia ma la stabilità - che messa in una situazione simile e contraria a quella del protagonista, comprenderà i meccanismi inumani alla base del proprio benessere. 
La storia d'amore tra i due viene subordinata proprio al tempo o meglio, alla mancanza di tempo: il primo bacio ci sarà all'incirca a metà film, quasi a ribadire l'importanza non tanto dei momenti a disposizione quanto della qualità degli stessi. Niccol ci spinge, con uno stratagemma vecchio quanto il mondo, a rivalutare l'attimo nella sua interezza, eterno o fugace a seconda di come venga vissuto.


Secondo il volere del regista, In Time si presenta come un blockbusterone tutto azione e inseguimenti. Un film dall'appeal attraente che sfrutta la sua idea di base per giocare con gli stilemi del genere action. Anzi, l'alternarsi di scene statiche a momenti d'azione sul filo del tempo permette a Niccol di tenere lo spettatore col fiato sospeso, protraendo dinamiche che alla lunga diventano ripetitive. La messa in scena è perfetta, a partire dalla fotografia per arrivare alle scenografie, ma alcuni episodi mancando di logica tanto da dover ricorrere alla sospensione dell'incredulità per poterne apprezzare le sfumature. I due personaggi principali, impegnati in una sorta di restyling dell'immaginario alla Bonny e Clyde tra rapine, scene d'amore e pose noir, si esibiscono in un teatro dell'assurdo credibile fino a quando non cedono al fascino del cinema commerciale (nel senso dispregiativo del termine). I due attori che l'impersonano, tra l'altro, si dimostrano diversissimi nella prova attoriale in cui si esibiscono: sciolto e in parte Justin Timberlake, più imbambolata Amanda Seyfried che compensa le scarse doti recitative con una bellezza e sensualità incredibile.
La mia impressione, guardando In time, è che Niccol abbia cercato di caricare troppo personaggi e situazioni nel tentativo di rendere un'idea affascinante come quella del suo film appetibile al grande pubblico. Un peccato se si pensa a quello che sarebbe potuto essere. Il film si rivela però affascinante e con un'idea di base interessantissima che rinnova la cinematografia distopica ma che purtroppo non lascia il segno. Come sempre, per accontentare tutti, si finisce col non accontentare nessuno. Gattaca rimane inarrivabile, questo resta un film sopra la sufficienza ma non poi così sopra. Ma almeno qualcuno tenta ancora di essere originale.

 

Commenti

  1. Beh, mi sembra una recensione positiva, tutto sommato.
    Non ho mai amato troppo Niccol, e In Time non rientra proprio nel genere di pellicole che preferisco, ma potrei darci un'occhiata.
    Peccato però che la Seyfried, che adoro, dia una prova così scarsa.

    RispondiElimina
  2. Non è proprio una recensione positiva. Diciamo che il film ha un'idea di base incredibile, che sviluppa bene nel contesto. In superficie però è un action ripetitivo e esagerato e questo è un peccato, perchè asciugato e dosato sarebbe stata un'ottima prova. Per me siamo sopra la sufficienza, ma non abbastanza sopra.

    RispondiElimina
  3. sono d'accordo: un'occasione mancata.
    gattaca resta su un altro pianeta, anzi proprio su un'altra galassia :)

    RispondiElimina
  4. C'è da dire che questo film è un passo successivo rispetto a Gattaca, però gli dev'essere sfuggita la cosa di mano. Fosse durato un'ora di meno sarebbe stato non dico un capolavoro ma un buonissimo film.

    RispondiElimina
  5. Non conosco il regista, ad essere sincero. Non avrei dato una lira a questa pellicola, e mi confermi che non è un granché, anche se la recensione è molto meno negativa di quanto mi aspettassi. Ma vabbè, basarsi troppo sul trailer è pur sempre una stronzata.

    RispondiElimina
  6. Elio, se non lo conosci come regista /gattaca, S1m0ne, Lord of War) lo conosci sicuramente come sceneggiatore (Truman Show). Comunque conoscendoti a te non piacerebbe, questo In Time.

    RispondiElimina
  7. Ah ok. Lord of War lo vidi e mi piacque assai, the truman show anche, ovviamente. Mhm... questo cambia un po' le cose.

    RispondiElimina

Posta un commento

Info sulla Privacy