I, Zombie: A Chronicle of Pain (di A. Parkinson, 1998)


I morti viventi fanno paura. Forse, a dirla tutta, sono le creature che fanno più paura di tutte, perchè sono già morte, rappresentano la morte, non quella fascinosa che si nega alla vista di uno specchio ma quella crudele che ci pone di fronte le nostre stesse paure. 
Nel corso degli anni il tema zombie è stato affrontato nei modi più disparati da cinema e letteratura, ha trovato in George A. Romero il suo più alto esegeta ed è stato rielaborato più volte alla ricerca di una lettura estetica diversa, nuova, che potesse sfuggire alla perfezione stilistica raggiunta da determinati autori.
Metafora sociologica, strumento action, la morte/non morte ha assunto col tempo connotati metafisici, consumistici e virali, ma il modo di porsi nei suoi confronti è stato sempre esterno, da un punto di vista "normale", persino quando ne raccontava la presa di coscienza.

Eppure nel 1998 qualcuno aveva provato a ribaltarne i canoni, ponendosi per la prima volta dal "di dentro", nel tentativo di cogliere gli aspetti più intimi, quasi la morte fosse una malattia e il passaggio da vita a non vita un meccanismo lento e inesorabile ma, ahimè, cosciente. Questo "esperimento" prese il nome di I, Zombie: A Chronicle of Pain, b-movie prodotto, scritto e diretto da Andrew Parkinson.

David, un giovane dottorando, si reca in un bosco per raccogliere campioni per delle ricerche. Lì viene morso al collo da una strana ragazza che così lo infetterà di un virus sconosciuto. David inizierà così un processo di trasformazione in zombie e scoprirà di poter placare la propria fame solo nutrendosi di carne umana.


I, Zombie è il lento precipitare nell'incubo di una mente razionale che si osserva. Un film che si pone di fronte all'orrore della morte come incarnasse un'inesorabile perdita di umanità, tanto dal punto di vista fisico quanto da quello mentale. 
Il suo protagonista, David (interpretato da Dean Sipling), è un ragazzo come tanti altri: ha un lavoro che gli piace, una ragazza che ama e una vita intera da vivere. Per questo quando il destino si abbatte su di lui come una mannaia, lo fa con la forza dell'irrazionale che penetra le banali sicurezze della quotidianità. 
Non è così che accade? Nel reiterato perpetuarsi della vita di ogni giorno, assaporiamo l'agrodolce gusto dell'immortalità. Non ci fermiamo mai a riflettere sulla vacuità delle cose, sul loro esaurirsi giorno dopo giorno: viviamo un paradosso in cui il lento procedere delle nostre esistenze viene a coincidere con l'eternità.
La morte rimane un accidente.
David invece viene a trovarsi di fronte un paradosso nuovo, che una mente analitica come la sua non riesce ad accettare: il reiterarsi della morte per l'eternità. Un processo doloroso perchè basato su un modo diverso di percepire il mondo ma, soprattutto, se stesso.

Il modo di porsi del film è quindi per metà psicologico, per metà pratico, poichè una diversa percezione delle cose determina un diverso modo di approcciarsi ad esse. 
La telecamera si prodiga nel penetrare i pensieri del protagonista e nello sviscerarne le azioni con uno stile quasi documentaristico, come si trattasse di un'indagine scientifica che documenta la sua trasformazione: punto di vista estremamente originale e quindi ragion d'essere dell'intera pellicola. 
David, dal canto suo, racconta il proprio annaspare nell'orrore che è, soprattutto, sia orrore della perdita (della sua vita precendente) che orrore di essere divenuto altro da quello che era. Infettato da qualcosa che non comprende (perchè l'essere umano non potrà mai comprendere la morte) assisterà alla perdita di tutti quei parametri che lo rendono umano, a partire dal superamento del più grande tra i tabù sociali: il cannibalismo. Perchè l'unico modo che David ha per rimanere in vita è nutrirsi della vita stessa, al tempo stesso medicina e - quindi - droga, perpetuando così la propria non esistenza nel tentativo di sconfiggere una malattia che malattia non è. 


Se però la sua mente va in un senso, il corpo va nell'altro, riconoscendo lo stato di innaturale imperfezione in cui si trova. Per questo si disgrega, si decompone divenendo altro da se, allontanandosi dallo stato umano come David è scappato dall'umanità (metaforicamente rappresentato da una delle scene più estreme del film in cui David, durante l'atto masturbatorio, perde il proprio pene: cio che lo rendeva ancora vivo - l'impulso sessuale -  svanisce). Un conflitto che rende il protagonista ancora più solo e che quasi lo soffoca, come l'atmosfera e le musiche essenziali fanno con lo spettatore.

Caratterizzato da un'estetica gore estrema e da scene splatter che non lasciano niente all'immaginazione, I, Zombie è un percorso macabro e malsano, eccessivo ed esplicito. Per tutta la durata del film si respira aria di decomposizione mentre la regia si concede agili passagi da iperrealismo visivo a onirismo surreale, finchè incubo e realtà non si vengono a sovrapporre. Parliamo comunque di un film realizzato con pochi mezzi, un limite che limite non è ma che ci viene comunque sbattuto in faccia. Lo stile di regia, tra l'altro, arriva a renderlo monotono e ripetitivo anche se mai noioso, con un calo verso il finale che però conserva un forte impatto emotivo. 

Parkinson affronta la tematica in maniera originale, ispirandosi comunque ai grandi maestri e soprattutto a Romero: la scena del morso nel bosco sembra un chiaro omaggio alla scena del cimitero in La Notte dei Morti Viventi mentre l'assimilazione dell'istinto omicida dello zombi a quello del serial killer ricorda Wampyr.
Un melodramma horror, una visione nuova di un argomento ormai sfruttato al massimo, un film che va valutato nella propria dimensione e che merita indulgenza. Non per stomaci deboli.


Commenti

  1. sì, è un film interessante, da premiare per il coraggio.

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  2. Bel post, analizzi benissimo il film sembra quasi di vederlo nei dettagli, soprattutto in quelli importanti come il vero carattere del film! Ammetto il film non lo guarderò mai, ma il tema degli zombie mi è sempre piaciuto, anche perchè in questo caso non sembra come i classici film visti e rivisti dove ci sono solo sangue e scene cruente. Purtroppo spesso si tende a pensare solo alle scene horror, non alla trama e al senso del film, nei suoi caratteri e particolari.

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  3. ti ringrazio. è proprio vero quello che dici, anche se questo è un film molto crudo e splatter, molto "malato" presta un'attenzione particolare ad aspetti spesso messi in secondo piano. Mi ha fatto veramente piacere il tuo commento.

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