Il Glam del Rock: Velvet Goldmine (di T. Haynes, 1998)


Cos'è il glam rock? E' David Bowie, un po' di Iggy Pop, una spruzzata di Lou Reed e Brian Eno grattuggiato sopra. Il Glam Rock non è riassumibile in uno stile musicale, perchè chi è passato (o ha iniziato) dal glam è poi passato ad altro, è tornato indietro o ha cambiato totalmente. Più che altro si parla di uno stile, dell'esuberanza contro la seriosità inglese anni '70, dei colori, degli abiti vistosi ma curati, dell'androginità che scivola sottopelle.

I primi in un certo senso sono stati i T-Rex:


Poi venne Bowie che con l'album Ziggy Stardus incarnò perfettamente la filosofia di questo genere. 
Proprio da Bowie è stato ispirato (a partire dal titolo) Velvet Goldmine, film di Todd Haynes del 1998.

Londra, 1974. Brian Slade, icona della musica rock all’apice della popolarità, durante un concerto simula il proprio omicidio; ma quando la sua messinscena viene scoperta, Slade scompare dalla circolazione. Dieci anni dopo il giornalista Brian SladeStewart, che da giovane era stato un grande fan del cantante, viene incaricato di condurre un’inchiesta sulla vita di Slade e sul mistero legato alla sua fine.


Guardare Velvet Goldmine è come visitare la Londra degli anni '70, viverla, subirla, farsi trascinare. L'entusiasmo post hippy veicolato in colori sgrangianti, lustrini e paiette, i concerti e l'amore per uno stile che finisce per condizionarti la vita.
Tutto ha inizio da Oscar Wilde. Lo scrittore inglese, del galm rock, è stato un antenato. Il dandy che provocò una spaccatura nello stereotipato ambiente radical-chic britannico, innescando quella rivoluzione sessuale che solo un secolo dopo avrebbe investito i benpensanti scoperchiando innumerevoli pentole anzi, che dico pentole, pentoloni. 
Secondo Haynes Wilde il drammaturgo era un alieno, abbandonato da altri alieni come novello E.T.. "Voglio diventare un icona pop", gli fa dire d'avanti ad uno (s)bigott(it)o insegnante del 1800. L'inizio della rivoluzione, la capacità di cambiare il mondo attraverso l'arte o, meglio, la forma dell'arte, di cui solo alcuni individui possono farsi ambasciatori, tramandandosi quell'insostenibile eredità sotto forma di una spilla dalla pietra verde.


Negli anni '70 andava di moda affermare la propria bisessualità. "Tutti gli uomini sono bisessuali" è una frase che si sente spesso nel film. Una sciocchezza bella e buona ma metafora di un disagio, quello giovanile, che si manifestava nel tentativo di rottura. Con la tradizione, con i propri genitori, con i vincoli sociali. Poi arrivò il punk, poi l'emotive e ad oggi siamo ancora allo stesso punto. Però in quegl'anni affermare "io non ho vincoli sessuali" era la goccia che fece traboccare il vaso perchè voleva dire, semplicemente, "io non ho vincoli".

La figura immaginaria di Brian Slade incarna alla perfezione questa trasformazione delle dinamiche. Liberamente ispirato a Bowie, questo dandy da rimmel e rossetto si fa tramite della voce soffocata di milioni di giovani, divenendo libera espressione del loro disagio. Checca, genio, ribelle, viene definito nel film. Un freak impegnato in un'unica missione: quella di stupire, lo definisco io. La sua scalata verso il successo è fatta di eccessi e di prese di posizione scomode, droghe e allusioninontantoallusioni erotiche. Eppure è una metafora fatta a carne, quella del passaggio dal vecchio al nuovo, la via di mezzo che non è ne l'uno ne l'altro. Il tutto seguito dallo sguardo di un ragazzino, colui che si trova dall'altra parte dello specchio, un Arthur adolescente che subisce il fascino del glamour in bilico tra l'assecondare le proprie pulsioni erotiche verso l'idolo (non l'uomo) Brian e seguire la via comune, quella rappresentata dai genitori e da alcuni suoi coetanei, quelli che lo sfottono quando decide di comprare il disco di uno che "sembra" gay, il che rende gay anche lui.

Il successo però non sempre è una cosa buona e a volte chi vuole cambiare il mondo finisce inevitabilmente per essere cambiato, schiacciato, mutilato. L'unico modo per sfuggire alla pressione allora diventa la (dis)simulazione. O la fuga. Brian opta per la seconda ipotesi, finge il suo omicidio e svanisce nel nulla.


Dopo tanti anni ritroviamo Arthur in America. Il ragazzo non più tanto ragazzo è diventato un giornalista e, guarda caso, viene a lui affidato un articolo che faccia luce sulla scomparsa dell'ex star mondiale Brian Slade.
Inzia così una ricerca della verità che ricorda tanto il Quarto Potere di Welles per struttura ma non certo per stile: attraverso interviste fatte a chi Brian l'aveva conosciuto bene, si ripercorre l'ascesa e la caduta del cantante, viaggio di cui non importerà più niente a nessuno, perchè il glam è passato e in realtà non è cambiato niente.
Al centro della ricerca c'è la musica, ma anche gli umori e i desideri di un uomo che ha finito per non desiderare più niente. Tra citazioni wildiane e pop multicolore viene messo su un teatro del bizzarro che è assurdo quanto il business che ne consegue. Al centro di tutto una storia d'amore non convenzionale, quella tra i moderni Rimbaud e Verlaine Brian e Arthur Stuart, stella rock in declino ispirata tanto a Iggy Pop quanto a Kurt Cobain. Un amore infantile quanto erotico, fatto di piccoli sopprusi e gioie e del desiderio di infrangere quella solitudine che l'arte porta con se.
Alla fine, tra verità intuite e altre svelate, gli alieni torneranno sulla terra per vedere se il germe del cambiamento piantato più di un secolo prima sulla terra, ha finalmente dato i suoi frutti.


Velvet Goldmine è stato ritenuto, non a torto, un film trash, eccessivo e sfarzoso, scritto e diretto per stupire. Tutto vero eppure tutto falso. Questa pellicola è la storia di una generazione.che ne racchiude in se tante altre. E' eccessiva perchè racconta l'eccesso, è trash perchè racconta il trash. E' un turbinio pop di colori, un fuoco d'artificio che però non disdegna di aspettare ad esplodere. Forse troppo lungo, ma ad una pellicola che ha fatto del "troppo" la sua essenza si perdona anche questo.

Le prove attoriali sono fenomenali: Jonathan Rhys-Meyers è in partissima, quasi si fosse fuso col personaggio ma ancora più bravo è Ewan McGregor, che stupisce con un'interpretazione dal grandissimo impatto scenico ed emozionale. Un Christian Bale spaesato e sognante conclude questo triangolo delle meraviglie. Eppure io vorrei spezzare una lancia per la brava Toni Collette (la moglie di Brian, Mandy Slade) che ci mette del suo riuscendo ad essere incredibilmente sensuale ed incredibilmente insopportabile.
Tra le comparse tanti ospiti di lusso, tra cui il gruppo rock Placebo

A fare realmente la differenza, però, è la colonna sonora: se Bowie si rifiutò di prestare le sue canzoni al film (considerò i fatti ispirati alla sua vita non veritieri), altri artisti come Brian Eno, Thom Yorke, Lou Reed hanno partecipato con entusiasmo creativo al film. Gli stessi attori protagonisti si esibiscono in alcuni pezzi in maniera riuscitissima.

Insomma, Velvet Goldmine è un film complesso, passato praticamente sottosilenzio, presentato al 51º Festival di Cannes e divenuto ben presto un piccolo cult. Può piacere, non piacere e fare schifo. Certo, influisce il tipo di musica che racconta, il tipo di cultura. Per il resto è un film che commissiona sogno e realtà, delirio psichedelico ed eccesso cartoonesco. Da vedere e, perchè no, da amare.

Questa recensione è dedicata a S., con tanto affetto.

Commenti

  1. Io questo film lo so a memoria. Un po' perché adoro il glam rock (e che belli i t-rex), un po' perché lo stile di Hayes è riconoscibile qualunque cosa faccia e ha delle soluzioni visive dalla sua che ti lasciano a bocca aperta (la scena col funerale al glam è uno spettacolo). Ma soprattutto per le conclusioni estremamente amare a cui arriva.
    Volevamo cambiare il mondo e invece abbiamo cambiato solo noi stessi.
    E perché, cosa c'è di male?
    Niente, a patto di non guardare il mondo.
    Pietra tombale su quasi tutta una generazione.

    RispondiElimina
  2. Beh, io adoro il Glam e adoro questo film, soprattutto perchè ha delle parti cantate fantastiche e, soprattutto, per una volta ha attori tutti in parte. La colonna sonora è da urlo e far diventare Wilde un alieno è l'idea delle idee.

    RispondiElimina
  3. un mio cult assoluto!
    se è trash, eccessivo e sfarzoso è proprio perché il glam è così. quindi ricostruzione migliore di quel periodo per me non poteva essere fatta..
    e sì, la colonna sonora è fenomenale!

    RispondiElimina
  4. Ottimo film e ottimo periodo.
    Personalmente adoro il glam e tutti i suoi principali esponenti, Bowie in testa.

    RispondiElimina
  5. Uno dei miei film preferiti di sempre e un bellissimo ricordo dei tempi delle superiori.
    Splendida la colonna sonora (all'epoca, quando vedevi i Placebo cantare, nonp otevi fare altro che commuoverti), meravigliosi gli attori e una storia appassionantissima.
    Una gemma che dovrebbe essere vista almeno una volta nella vita, e che ho abbandonato un po' troppo negli ultimi anni.

    RispondiElimina
  6. @Marco: questo film piace a due categorie di persone: quelli che amano il glam e quelli che amano gli eccessi dell'inghilterra di quegli anni. E non sempre.

    RispondiElimina
  7. @MrJamesFord: Bowie è uno dei miei artisti preferiti ma del glam adoro (quasi) tutto, T-Rex in testa.

    RispondiElimina
  8. @Babol: questo film ormai non se lo considera più nessuno, i nuovi "cinefili" (odio questa parola) se ne sono dimenticati. Io lo farei proiettare nelle scuole durante l'ora di inglese.

    RispondiElimina
  9. Frank, ti voto come insegnante dell'anno *__*

    RispondiElimina
  10. Ahahah, bisognerebbe farlo sapere al ministero della pubblica istruzione :D

    RispondiElimina
  11. Mi piace il glam,in particolare i T Rex.Grande momento musicale,come lo è stato quello per esempio del progressive.
    Da ragazzino pure la sua natura di ambiguità sessuale non mi dispiaceva del tutto.E la teatralità luccicante.
    Poi mi son bastati due accordi di truck driven man per farmi diventare -e lo sono tuttora-un amante del southern rock.
    Che dire?Il glam ha avuto grandi artisti e cose davvero imbarazzanti.
    Il massimo dell'effimero,del disturbatore con il posto a capotavola nella famiglia Borghesia.Un bene,una cosa assai suggestiva,tuttavia è normale che i migliori si siano messi a fare altro.
    Il film l'ho visto,non mi ha sconvolto l'esistenza,ma io son talmente poco cool che tutte le cose legate alla rivoluzione dei costumi,sessuale,corpi desideranti per di più coloratissimi mica li capisco tanto.Che tipo palloso sono uè!^_^

    E in ogni caso Marc Bolan è un dio che brilla nel crepuscolo degli dei!

    RispondiElimina
  12. Bah, la rivoluzione dei costumi è sempre in corso, poi dipende da quello contro cui si va: se si va contro lo sgargiante la rivoluzione è nel rigore e poi il contrario. In tutto questo il film esprime proprio il senso di allontanamento continuo da quello contro cui si è che è un po' fine a se stesso.

    RispondiElimina
  13. Forse la migliore rece di questo gran pezzo di storia minore della cultura che ho letto.Compliments.

    RispondiElimina
  14. Mi fa veramente tanto piacere, ti ringrazio...

    RispondiElimina

Posta un commento

Info sulla Privacy