Mysterious Skin (di G. Araki, 2004)


E' difficile scrivere di un film come Mysterious Skin. E' difficile perchè ci vogliono i mezzi per farlo e se non si possiedono il rischio di scrivere cazzate è altissimo. Si tratta di probabilità, è come voler giocare a carte senza conoscere le regole: puoi avere una botta di culo e vincere, ma se continui a giocare alla fine rimani in mutande. 
Mysterious Skin è un altro film visto durante il mio splendido week-end romano. Ne sapevo poco, mi era sconosciuto persino il regista finchè non ho scoperto essere Gregg Araki, l'autore di quel cult dal titolo Doom Generation. In effetti la poetica di Araki è riconoscibilissima, il suo percorrere le generazioni per tracciare una mappa che rappresenti l'assenza di valori in cui il mondo è precipitato. D'altro canto i suoi personaggi conservano un'innocenza che non è quella disneyana ma una specie di valore profondo seppellito dai quintali di merda che la vita (o la società) ha buttato loro addosso.

Brian e Neil sono due ragazzi completamente diversi. Il primo è un nerd assessutato, il secondo un James Dean omosessuale che mercifica il proprio corpo. Ma vivono nella stessa piccola cittadina del Kansas e condividono un esperienza traumatizzante: essere stati violentati all'età di otto anni dal loro coach di Baseball.


I due ragazzi, protagonisti e punto di vista attraverso cui Araki racconta il film, hanno affrontato in maniera completamente diversa il trauma infantile. Brian, il cui cervello ha rimosso l'evento, si è convinto di essere stato rapito dagli alieni mentre Neil, resosi conto immadiatamente della propria omosessualità, è divenuto un mercenario che si prostituisce per pochi soldi. Nonostante la diversità che contradistingue i due - nel fisico e nel carattere, nelle reazioni e nel modo di agire - entrambi sono impegnati in una ricerca, che poi è la ricerca di una generazione: trovare la propria dimensione, il proprio posto nel mondo, la propria identità. Certo, seguono percorsi diversi ma corrono nella stessa direzione e condividono lo stesso punto di partenza, una realtà provinciale chiusa e bigotta ma comunque protettiva, un sistema famiglia fallito che lascia chi ne fa parte a se stesso. Condividono la solitudine e l'infelicità che li stritola come una gabbia e li lascia con un'unica domanda sulle labbra: cosa c'è per me in questo mondo?


Neil cerca l'amore. Per proteggersi si è convinto che la violenza subita era un atto d'amore e dopo aver perso l'oggetto del proprio desiderio ha cominciato a cercarlo in altri uomini. Il suo vendersi non ha nulla a che fare con i soldi (non solo) ma è l'unico modo che ha per sondare il prossimo, per entrargli dentro e conoscerlo, per riscoprire quell'attimo di felicità provato e poi perduto. Ma è una bugia, un modo per riempire il vuoto lasciato dall'innocenza perduta così prematuramente, una recita messa in atto per negare la verità dei fatti: è stato usato e poi buttato, un pezzo di carne, un giocattolo che per continuare ad avere un senso ha bisogno di essere usato. La sua è quindi una ricerca su presupposti sbagliati, perchè si svolge nel posto sbagliato, al di fuori invece che all'interno. Se ne accorgerà quando si trasferirà a New York. 
La grande città è diversa dalla provincia. Lì non ci sono freni che tengano, manca la rete protettiva che ti salva in caso di caduta e Neil se ne rende conto presto. Lui è bello, potrebbe quasi essere un'icona per la propria generazione ma è ancora-solo-un-bambino. New York è il lupo cattivo pronto a sbranarlo. Tra le fauci di questa bestia immonda il ragazzo si troverà a cadere e proprio lì troverà la risposta alla sua domanda: non c'è amore nel mondo, non c'è un posto in cui nascondersi, l'unico modo per sopravvivere è crescere, evolversi e adattarsi. Imparare a riconoscere la strada giusta dal vicolo cieco. La strada giusta, in questo caso, è tornare a casa e affrontare i propri fantasmi.


Brian è un ragazzo timido e impacciato. Fa brutti sogni, perde sangue dal naso e da bambino ha vissuto un momento di vuoto di memoria che lo perseguita. Per riempirlo a deciso di credere di essere stato rapito dagli alieni. Lui cerca la verità, quel pezzetto di vita passata e perduta che gli restituisca la propria identità. E' assessuato, Brian, ovvero ha sepolto la propria sessualità quasi fosse l'unico modo per non entrare in contatto con il proprio lato oscuro. Se Neil ha un buco nero al posto del cuore che cerca di colmare alla ricerca dell'amore, come dirà la sua migliore amica Wendy - la bellissima Michelle Trachtenberg - ("Dove la gente normale ha un cuore, Neil Mccormick ha un buco nero senza fondo e se non ci stai attento ci puoi cadere dentro e perderti per sempre"), Brian ce l'ha al posto della propria sessualità. Solo che non tenta di colmarlo, anzi lo rifugge cercando di difendersi da qualcosa che non capisce, quell'alieno dentro di se che se prendesse il sopravvento lo porterebbe via lontano, per sempre. Alla ricerca di Neil, forse la chiave per aprire quella porta che è l'inconscio, conoscerà Eric, amico del ragazzo, con cui instaurerà il primo rapporto reale d'amicizia, un qualcosa che non ha a che fare con il bisogno (sessuale) ma con la condivisione, che determina l'individuo e il suo posto nel mondo. Ma una persona a metà ha bisogno di ricostruirsi per trovare se stesso e la propria strada. L'unico modo, anche per lui, è venire a patti con i propri demoni, guardarli in faccia e poterli riconoscere. 


Da qui la splendida scena finale, dolorosa, crudele ma mai esibita, mai trattata con voyerismo. E' il momento della verità, l'attimo in cui il mondo con tutto quello che contiene (società, famiglia, amici, città) si rivela in tutta la propria indeterminatezza, crudeltà ma anche possibilità di scoperta.
Il tutto viene narrato con uno stile alla Stand by Me, con una fotografia molto anni 70. Il regista abbandona i toni pop e surreali di altre sue pellicole e si dedica con cura certosina alla realizzazione di un affresco generazionale crudele ma sincero. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Scott Heim e lo segue fedelmente perchè forse ha in se tutto quello che Araki aveva bisogno di dire e mostrare. Il cast poi è meraviglioso con un Joseph Gordon-Levitt che spicca su tutti, uno Scott Favor di Belli e Dannati che rivela grandissime doti espressive. 

Mysterious Skin
è un film difficile, duro, a volte crudele e altre beffardo. Non so se sono riuscito a parlarne come avrei voluto. Nonostante ciò questo film mi ha colpito e ferito, anche grazie a due persone: una è quella che ha consigliato il film (madre), l'altra è quella con cui l'ho visto (Gabri) in un pomeriggio afoso della mia vacanza romana.






Commenti

  1. bellissima, meravigliosa, azzeccata recensione. Mai visto ma mi incuriosisce e ho cercato sul tuo blog questo post perchè Jen mi ha detto averlo visto! mitico

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  2. Grazie per i complimenti. Per quanto riguarda il film, vedilo, può non piacere ma merita un'occasione. Dolorosissimo e bello.

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