The Mars Volta - De-Loused in the Comatorium (2003)


Di solito cataloghiamo la musica perché è più facile. La dividiamo in generi, perché così possiamo definire tranquillamente quello che ascoltiamo, quello che ci piace o quello che facciamo. Rock, pop, hip hop, jazz, elettronica. Generi, sottogeneri, generi derivati e contaminazioni. Grazie a queste categorie tutti i cd, i vinili o le music cassette (ammesso che qualcuno ne possieda ancora) che abbiamo sono in ordine e sia mai che qualcuno metta i Beatles assieme ai cantanti Metal. 
Ma cosa c'è oltre le scelte di comodo nella catalogazione della musica? Assolutamente niente. So bene che i puristi avrebbero da ridire, ma è così. Ad esempio: non esiste più purista del purista jazz, ma come lo si dovrebbe catalogare uno John Zorn? Io preferisco semplicemente considerarlo compositore o sassofonista, al massimo genio, ma affermare che Zorn sia eslusivamente un musicista jazz è improbabile oltre che errato.

Oppure ci sono i Mars Volta. Ecco, questo gruppo è forse il più inclassificabile tra i gruppi per varietà di generi e attitudini disseminati nei loro dischi. Folk, rock, metal, hardcore, jazz, prog. Tutto, per l'ascoltatore più malizioso anche troppo. Il loro primo disco, De-Loused in the Comatorium uscito nell'ormai lontano 2003, è la prova del discorso di cui sopra, la sintesi perfetta di quel che ho scritto.


Questa non vuole essere la recensione di questo grande e incredibile disco. Ammetto che pormi di fronte a un gruppo come i Mars Volta è difficile e non ne sono per nulla in grado, come è difficile analizzare ogni brano (ce ne sono 10) del lavoro: dai quattro ai dieci minuti per canzone in un indescrivibile viaggio psichico fatto di acidi e loop musicali, piccante sapore elettronico fuso a caldi toni delle melodie sud americane, delirio di note e di suoni che si incontrano/scontrano con la dolcezza di una voce a tratti malinconica, a tratti arrabbiata, altre semplicemente incorporea. Piccole jam session che continuano lì dove chiunque avrebbe giurato di averle sentite finire, musicisti che si sovrappongono e poi sfuggono alle dinamiche divenendo evanescenti e che poi tornano con forza incredibile sul pezzo. Allora come si fa a parlare di De-Loused in the Comatorium? Non si può perché si tratta più di un'esperienza da ascoltare. Un concept album, una storia raccontata tra musica e parole (le parole della musica e la musica delle parole, direbbe qualcuno) che si tramuta in un viaggio, quello descritto dal folle cantante Cedric Bixler-Zavala (il Robert Plant del nuovo millennio), quello del suicida Cerpin Taxt che prima della morte che si è autoinflitto si perde nei meandri della propria psiche. 


Il gruppo al tempo era composto da sei elementi: chitarra, voce, batteria, tastiere, basso e manipolatore del suono. Ma questo primo disco è anche un evento dalle proporzioni immani, fatto di collaborazioni tra musicisti come Flea e John Frusciante (Red Hot Chili Peppers), il percussionista Lenny Castro (che in pratica ha suonato con chiunque, da Elton John a Noel Gallagher, da Olivia Newton-John a Quincy Jones passando per Stevie Wonder e Maroon 5) e Justin Meldel Johnson (un genio che attualmente milita nei Nine Inch Nails). 
Questo disco è un'emozione che io poche volte sono riuscito a vivedere ascoltando musica. Lacrime, sorrisi e il mio corpo che trema. Paragonerei De-Loused in the Comatorium ad un'esplosione che ricorda mille e una sonorità, i Led Zeppelin e Santana (ascoltate l'incipit della dolcissima Televators), il Miles Davis del periodo elettrico e i King Crimson. Oppure l'esperienza dub ed elettronica che da spinta ad una ricerca di suoni effervescente e mai banale. Ascoltate l'apertura psichedelica di Son et Lumière, pochi secondi che poi daranno vita al secondo brano del disco, Inertiatic ESP. I'm lost. Oppure l'anima latina di Drunkship of Lanterns, quasi una cavalcata notturna su una spiaggia. Fate caso al cambiamento che avviene in Eriatarka dopo il primo minuto e la trasformazione dopo il secondo con l'improvviso assolo di chitarra. E come non parlare del conturbante inizio di Cicatriz ESP, roba da far venire le lacrime agli occhi per poi passare a quello che forse è il brano più semplicemente rock dell'opera, This Apparatus Must Be Unearthed. Ma parlare di semplice o complesso in questo caso non ha senso. Non hanno senso le categorie e le etichette. Cataloghereste mai quel che vedete dal finestrino dell'auto (o del treno) mentre state viaggiando? Non credo. C'è solo da allacciarsi le cinture e goderselo, quel viaggio. Magari dopo il primo vi procurerete tutta la discografia di questa band incredibile e le singole produzioni dei suoi componenti. E se qualcuno vi griderà spaventato che gli alieni sono atterrati sulla terra, voi non preoccupatevi: gli alieni sono i Mars Volta.

"And when they drag the lake there is nothing left at all
seutured contusion
beyond the anthills of the dawning of this plague
said I've lost my way
even if this cul de sac would pay
to reach inside a vault whatever be the cost
sterling clear
blackend ice
when they drag the lake there's nothing left at all"




Commenti

  1. Niente di personale, ma guarda che esiste, ahime', una catalogazione pure per loro:
    Frullatone indeciso.
    ...Ma e' una definizione da critico stile quello che finisce chic to chic con l'asfalto in Cloud Atlas. ;)
    Ci vuole coraggio a scegliere una strada e perseguirla. Ricordo di averli ascoltati qualche volta all'ora e di averli comunque poco incisivi per mancanza di stile.Ma forse e' una mia limitazione.
    Domani gli do' un'altra chance ;)

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    1. La mia infatti è proprio una critica a certa critica (ahahah, che gioco di parole). Io da musicista trovo che le ispirazioni debbano essere la base per un percorso (come dici tu) e quello dei Mars Volta è ben definito - al di là di questo disco che è il primo e segna la strada. Poi ci mancherebbe che possa non piacere.

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    2. L'ho riascoltato due volte e, niente.
      Non entrano.Rimbalzano a ciottolate sull'acqua.
      Non stan mai fermi, poveracci.Mosche impazzite ed indecise incapaci di proseguire un riff melodico per più di 45 secondi.Sconfortante.

      Ma sicuramente adatto ad un odience dalle ridottissime capacità di concentrazione.Non tu, ben inteso....Però se non hanno fatto nè strada artistico/produttiva nè carriera, un motivo ci sarà... ;)

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    3. Non sono d'accordo. Non che voglia fare quello che capisce di musica ad ogni costo, ma fare strada non vuol dire molto (conosco musicisti in grado di mettere in ginocchio chiunque che si limitano ad insegnare). Sui "riff melodici" poi sono ancora meno d'accordo, visto che ormai li mal sopporto sempre più.

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    4. Considerando che sei, tra le altre cose, musicista cedo subito le armi, ma considera che altri professionisti del settore la pensano come me.Sempre di gusti e di letture si tratta...

      Mentre la tua affermazione "conosco musicisti in grado di mettere in ginocchio chiunque che si limitano ad insegnare" è l'esatta fotografia qualitativa della situazione, la quale permette che i Mars Volta possano produrre e distribuire, non credi?

      ;)

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  2. Per me un gruppo coraggioso, schizofrenico finchè si vuole... però meglio un bell'esperimento fallito che l'ennesima omologazione.

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    1. Intendi gli ultimi dischi? O è un ragionamento in generale?

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  3. De-Loused in the Comatorium mi fece letteralmente impazzire quando uscì, lo ascoltavo a ripetizione. E pensare che non impazzivo per gli At the Drive-In. Comunque l'entusiasmo per il lavoro dei Mars Volta poi si affievolì uscita dopo uscita, veramente un gran casino. Ora li ho persi un po' di vista.

    PS: interessanti le proposte del tuo blog. Penso che tornerò a trovarti :)

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    1. Io trovo incredibili anche i due dischi successivi... nonostante un loro certo assopimento artistico.

      Se tornerai mi farai veramente tanto piacere :)

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