The Blair Witch Project (di D. Myrick e E. Sanchez, 1999)


Per molti The Blair Witch Project è una schifezza di film. Anzi, per molti The Blair Witch Project non è neppure un film. Quando uscì nel 1999 non c'era mai stato nulla del genere nei cinema mondiali. Escluso il precursore Cannibal Holocaust del nostro Ruggero Deodato, verso cui il lungometraggio di Daniel Myrick e Eduardo Sanchez ha un debito infinito ma che, a conti fatti, è un'altra cosa. 
Senza ombra di dubbio, invece, The Blair Witch Project è il primo esempio di mockumentary moderno, non solo per stile ma anche per natura e mezzi: internet, pubblicità capillare, totale assottigliamento del mezzo cinematografico. O forse il contrario, forse l'unica cosa che rimane è proprio il mezzo cinematografico fuso completamente con la realtà che lo circonda, immerso interamente nella finzione che racconta. Roba complicata, insomma.

Quando vidi per la prima volta The Blair Witch Project avevo quindici anni e fu al cinema. Anch'io ero rimasto vittima di tutta la propaganda mediatica che lo aveva preceduto ma sapevo benissimo non si trattava di un filmato vero né di una storia vera. Nonostante questo il film mi fece una paura "fottuta". Una paura non limitata alla prima visione, ma costante e totale. E io, quando un film horror mi fa paura, tendo a perdere ogni remora critica. Qualcuno obbietterà che nel film non succede nulla e se non succede nulla non c'è molto di cui spaventarsi ed è proprio questo, secondo me, il pregio della pellicola. Non mostrare l'orrore, nemmeno farlo intuire ma mostrare i suoi effetti su cose e persone. Niente salti sulla poltrona o trovate ad effetto. Solo l'inquietudine che prende possesso, lentamente, tanto dello spettatore quanto degli attori. Perché i tre ragazzi protagonisti della pellicola sapevano a malapena cosa sarebbe successo e a chi sarebbe accaduto. I due registi seguivano le loro "vittime" di nascosto mentre quest'ultime prima intervistavano inconsapevoli abitanti di un paesino americano (che credevano si trattasse veramente di un documentario) e poi si perdevano nel bosco. E un bosco è il posto peggiore in cui perdersi, da quando è nato l'uomo e sono state create storie da raccontare.



Heather, Joshua e Michael, tre studenti di cinema, decidono di girare un documentario sulla leggenda locale 
della strega di Blair, che che vivrebbe nei boschi presso Burkettsville, nel Maryland, dove tanti bambini sono scomparsi negli anni '40.

Anticipato da una campagna ossessiva compulsiva su internet, da volantini che denunciavano la scomparsa dei tre ragazzi affissi sui muri delle università americane, da un fumetto e una campagna pubblicitaria in tivù, The Blair Witch Project è un fenomeno sociale/commerciale che ha fatto molto parlare di se. Perché un prodotto di finzione che tendeva ad emulare processi reali è diventato realtà trasfigurandosi e trasfigurandola. C'è gente che crede tutt'ora che sia tutto vero, che tutto sia successo davvero nonostante registi e attori siano assorti al rango di vere e proprie star. E questo senza morti reali o reali sparizioni. Cosa che sarebbe potuta accadere soltanto nell'epoca della comunicazione globale e massmediale. Ed è proprio qui che sta il lato inquietante della vicenda: la rappresentazione pratica della paura come contagio, come virus invisibile o come mistero insvelabile. La paura da un punto di vista sociale.
Tutto questo però non rende il film più film agli occhi dei detrattori. Tutto questo, anzi, non fa altro che avalorare la tesi che si sia trattato esclusivamente di marketing e i numeri sembrano confermarlo: 35.000 dollari spesi per un totale di incassi pari a quasi 250.000.000. 

Però (e parlo per me) il film fa paura ed è questo quel che pretendo - sempre di meno, ahimè - da un film horror. Se averlo girato con pochi mezzi, in presa diretta con pellicola da 16 e 8mm è riuscito a farlo diventare pauroso o si sia trattato di semplice condizionamento, poco importa. Alla fine, dopo la pubblicità, il film e il libro pubblicato in seguito, possiamo dire senza ombra di dubbio che la strega esiste ed è lì, in quel bosco divenuto meta di pellegrinaggi. E il cinema che modella la realtà è diventato un dato di fatto.


Commenti

  1. Bellissima recensione, ma ti confesso di averlo detestato con tutto il mio essere..

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    1. A quanto pare non se l'unica. Però grazie per aver apprezzato comunque me :D

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  2. Anche io mi ero spaventata un casino, però adesso ti faccio ridere:
    ero andata al cinema con gente che di horror era totalmente a digiuno e a fine proiezione una disse ".... ma il cavallo cosa c'entrava?" Giuro che non ho mai capito dove avesse tirato fuori 'sta domanda, forse parlavano di un cavallo all'inizio del film ma fatto sta che tra una cosa e l'altra, per colpa di questo dubbio amletico la mia amica non ha seguito una mazza di quello che è successo e si è persa persino la strega XD

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    1. Sai che adesso lo rivedrò solo per capire dove sta sto cavallo? :D

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  3. ricordo che qualche giorno prima dell'uscita, in tv mandarono il documentario sulla scomparsa dei tre personaggi, con tanto di finte interviste a parenti e amici ecc.

    marketing o non marketing comunque la macchina funzionò, e sebbene da noi arrivò snaturato mi ricordo che mi cagai sotto... non l'ho mai più rivisto dall'epoca

    ps - mi sa che siamo coetanei :D

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    1. Io tutt'ora, quando lo rivedo, mi cago sotto :D

      p.s. Sa anche a me ;)

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  4. uno dei miei horror preferiti,visto 2 volte al cinema e sempre,ma sempre mi spaventa.Il finale poi...
    per me un classico.

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  5. Io sono più vecchio invece :)

    Comunque di fronte all'operazione di marketing che fu imbastita c'è solo da togliersi il cappello, il dubbio si era insinuato un po' ovunque, teniamo conto che all'epoca il mockumentary non era così diffuso, anzi.

    Io lo vidi con amici in VHS e le atmosfere erano belle tese, certo, non succedeva poi molto, però tutto sommato funzionava.

    Un po' di inquietudine la metteva.

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    1. Io più che inquietudine ho sempre provato terrore. E ammettiamolo che le gite in bosco aumentarono dopo l'uscita di questo film :D

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  6. a me non aveva spaventato e come film in sé mi era piaciuto pochino.
    però come operazione di marketing è stato davvero innovativo.
    uno dei primi esempi di campagna 2.0 e quindi applausi per quella

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    1. Quella era roba da sociologi e psicologi, ancora mi chiedo come siano riusciti a spendere così poco

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  7. Recensione momosamente bellissima e... io non ho momosamente dormito per una settimana °^° avevo momosamente 12 anni quando l'ho visto, era Halloween! Mamma mia che momopaura 3: e ora lo riguarderei solo per poter sfidare questo momoso demone.... ma a pensarci... brrr!!!

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  8. Ricordo la prima al cine in fattanza:una mia amica patita di horror che si addomento'.Due amici furiosi.La mia bella morta dal ridere.Io che ha fine proiezione mi alzo in sala e comincio ad applaudire:la piu' sensazionale truffa mediatica della storia del cinema.Ho imparato cose importanti da TBWP...

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    1. Non vedo dove sia la truffa. Truffa è quando ti promettono qualcosa e alla fine non te la danno. Qui che piaccia o no c'è esattamente quello che viene promesso.

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  9. si, la paura è tutta psicologica, non è una paura che ti fa ricordare il film come uno dei tanti che hanno segnato la vita, dopo te lo dimentichi, questo è stato il primo - riprendendo come ben dici tu l'opera di Deudato - di una lunga serie di film basati sulla realtà che hanno segnato ahimè la morte del genere horror...spero di non dire cretinate, ma la situazione è + o - questa :)

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    1. Non credo che il genere horror sia morto, credo sia morto l'horror come fenomeno cinematografico a causa della piattezza (dovuta anche alla dilagare del mockumentary, come dici tu) a cui ci hanno abituato grandi produzioni e registi. Però nel sottobosco indipendente da guardare e di cui bearsi c'è molto, solo che alla gente non interessa: meglio gli spaventi facili e i film usa e getta, che è quasi come andare al luna park.

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    2. io invece voglio i piccoli film però quelli del sottobosco indipendente non escono in italia mannaggia!!!

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    3. Quelli si trovano lo stesso. Se hai bisogno di qualche dritta (sul dove, non sul quale che è relativo) chiedi tranquillamente.

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  10. Terrorizzato anche io, la peggiore (migliore?!) esperienza di paura cinematografica. Visto a casa, da solo, di notte (bravo pirla che sono) qualche anno dopo l'uscita, in modo da essere abbastnza adulto da sapere come cambiarmi le mutande.
    Il meccansimo della paura del film è semplice ma preciso e funzionante. Le presenze non si vedono, c'è solo la Foresta come luogo e archetipo dell'Oscuro, dello smarrimento; si intercettano però i Segni, le voci. E qualcuno scompare. E si gira in tondo, non si esce più. C'è una casa. Di pietra e diroccata. Gli alberi hanno occhi. Il buio, corri, è il panico.
    Devo andare in bagno.
    PS Vivo vicino al bosco, sono abbastanza idiota da perdermici, ogni tanto e conosco la sensazione agghiacciante, sottile, ma anche affascinante di essere nelle Sue mani (LEI!)

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    1. Io credo che se si lascia perdere la neccessità di distaccarsi e ci si perde assieme ai protagonisti, quel bosco diventa una trappola mortale ma non per il bosco in se ma per quello che rappresenta (o arriva a rappresentare per noi)

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  11. Lo vidi al cinema e ricordo la massiccia campagna mediatica orchestrata attorno a questo film. All'epoca non lo amai particolarmente anche se fui colpito da questo modo nuovo di fare cinema ma la sequenza finale la ricordo come una delle più paurose che abbia mai visto. E considera che da allora non l'ho più rivisto: credo che lo dovrei rivedere per scoprire a distanza di anni e di film che effetto mi fa....

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    1. Ecco, la sequenza finale è terrificante. Forse la più paurosa di tutto il film (imitata alla perfezione in Rec)

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