La paura, l'horror e... Paranormal Activity (Parte 1)


Ok, questo post arriva sicuramente fuori tempo massimo, probabilmente si tratta di una copia della copia della copia di tante altre cose scritte fin'ora, ma mi sono reso conto di non aver mai veramente affrontato l'argomento sul blog nonostante ne abbia più e più volte accennato e parlato di persona. Quindi perché non mettere tutto nero su bianco e dare una forma definitiva ai miei pensieri? Ci ho (ri)pensato soprattutto ultimamente, dopo aver visto Oculus di Mike Flanagan. Un film horror per me assolutamente ben fatto che riflette su una tematica unica (lo specchio) affrontandola in maniera assolutamente originale, che d'altra parte ha ricevuto critiche aspre, molto aspre. E la critica più quotata è stata, ovviamente, quella, lei, la solita: non fa paura.

Eh, ma la paura è soggettiva. Eh, ma quel che fa paura a me può non far paura a qualcun'altro. Si dice così, di solito. La paura è personale (ma anche no), il mostro che ci portiamo nel taschino, la bestia che fa leva sulle nostre nevrosi e sul conturbante, la parola che fa rima con subconscio. Badate bene, non voglio scrivere un trattato sull'argomento, non ne sarei in grado, cerco solo lo spunto per una riflessione che mi sta particolarmente a cuore. Perché sulla paura ha scritto e parlato gente molto più in gamba di me e basta andare in una qualsiasi libreria ben fornita per recuperare tomi su tomi che trattano la questione. E il mio è e rimarrà semplicemente il post su un blog che non si caga nessuno, ma tant'è, proprio perché non se lo caga nessuno e si tratta del mio blog, posso scrivere di certe cose senza preoccuparmi di quel che penseranno gli altri: accademici, intellettuali, psicologi, critici.



E allora, dicevamo: la paura. La più potente emozione umana, secondo H. P. Lovecraft, la più antica e irrazionale che il solitario di Providence identificò nell'ignoto e poi tentò di ordinare gerarchicamente dando ad essa un nome o più di un nome. Anche Edgar Allan Poe provò a fare qualcosa di simile, ma da un punto di vista tecnico, usando la razionalità della scrittura. Ma gli incubi di Poe erano dei buchi neri che tutto inghiottivano e, a differenza di Lovecraft, egli non riuscì mai a dare un nome alla (sua) paura, né ci provò mai veramente. Cercò di chiuderla in forme razionali, ma se da un lato ci riuscì, da un altro sicuramente fallì e, alla fine del viaggio, la paura vera divenne per Poe quella misteriosa e immacolata celata nel maelstrom, l'impossibilità di indagine, l'orrore che si cela nella mente umana. Nessun mostro dormiente negli oceani o nello spazio ma quello nascosto dalle vesti comuni che solitamente indossa il reale.
Poi, ad esempio, ci sono Stephen King e Clive Barker. Questo solo per citare autori a me cari e per poter passare dalla paura letteraria a quella cinematografica. King, all'apparenza dicotomico, è il meno dicotomico degli autori. Per King la paura è un mostro che non vedi ma sai che c'è, che è lì e che ti guarda. Che fa paura perché da un momento all'altro potrebbe saltarti addosso. Non è il male che fa paura, non è l'orrore ma le forme che l'orrore e il male possono assumere nella mente dell'uomo. Non è IT il clown che fa paura in quanto "male" ma la forma che assume questo male plasmato dalle menti umane, che è già nell'uomo, a prescindere. Barker invece è sempre stato più razionale. Uno che ha identificato l'orrore nelle città, nelle gallerie delle metropolitane, nella società contemporanea. Nonostante ne abbia creati tanti, Clive, di mostri, per lui il vero mostro rimane l'essere umano e la sua paura una paura carnale.

Ma sto divagando, il titolo del post lasciava presupporre qualcosa di cui forse non voglio ancora parlare, ma c'è tempo, credetemi. In fondo questa è solo la prima parte di un discorso molto lungo e complesso. 
Ho nominato la paura letteraria e quella cinematografica, poco fa. Sono due cose diverse che scaturiscono in modo diverso. Due modi differente di "evocare" il perturbante. Perturbare vuol dire portare turbamento e il perturbante non è altro che una sensazione indefinita di paura generata da uno spaesamento. La causa? Uno stravolgimento dell'ordinario, la sensazione che una situazione familiare sia divenuta, tutta a un tratto, estranea. Ovviamente per provocare un ribaltamento di questo tipo ci sono tecniche che variano e che sono diverse passando dalla parola impressa su carta alla messa in scena filmica. Proprio per questo non è facile portare al cinema gli incubi di Lovecraft o di King, proprio per questo Barker ha deciso di dedicarsi ad entrambi i mezzi. C'è però una cosa che accomuna il perturbante in entrambe le forme: in entrambi i casi si fa leva su paure ancestrali e sociali. Culturali e, certe volte, storiche. Perché ripeto, la paura è soggettiva, quel che è ordinario per me può non esserlo per qualcun'altro, le mie nevrosi non sono sempre identificabili con le nevrosi di massa.


Ora, da un certo punto di vista il cinema ha soppiantato la letteratura (il romanzo soprattutto) quale prodotto di massa (e a sua volta sta per essere soppiantato dalla televisione) quindi è normale che le tendenze collettive prendano forma prevalentemente al cinema. E la paura fa più o meno la stessa cosa, proprio in quanto tendenza. Perché non ci si chiede più "cosa spaventa" ma "cosa spaventa di più". Il cinema horror sembra obbligato a seguirla, questa tendenza, più di molti altri generi, perché a quanto pare lo scopo del cinema horror (o almeno dell'horror "commerciale") non è più sovvertire ma conservare.
Per questo si passa senza soluzione di continuità dallo slasher alla ghost story, dalla ghost story al torture porn, dal torture porn agli zombie e poi al survivor per tornare di nuovo alla ghost story. E così via. Per questo dalle riprese in "oggettiva" si è passati a quelle in soggettiva e poi al mockumentary con la traballante camera a spalla alla ricerca di un finto realismo che ha come unico scopo quello di trasformare il cinema horror in un videogioco. Per questo si è arrivati al successo di un prodotto come Paranormal Activity che cinema non è, è altro, senza voler per forza dare giudizi estetici.

E alla fine si ritorna sempre al vecchio che non invecchia mai, che viene spacciato continuamente per nuovo. E quando ci troviamo di fronte ad un film come Oculus (ma potrebbe essere anche altro, ricordiamoci di Quella Casa nel Bosco) che in un certo senso prova a sovvertire dall'interno, allora in molti storcono la bocca. Perché non fa paura, dicono. Non fa paura.

Commenti

  1. eh già, Oclus cerca di sovvertire restando sempre fedele a se stesso, per questo si differenzia tra gli altri film, paranormal activity fa ridere non fa spaventare, e così tutti gli altri, non parlo di torture porn, ancora non ho visto Oclus ma ben presto lo guarderò e ti saprò dire la mia a riguardo :) I vecchi horror comunque erano tutta un altra cosa

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    1. Al di là di Oculus, un film su cui ho espresso comunque un giudizio personale, e sul concetto di paura nei film horror che cerco di discutere. Per esempio, a me il primo PA ha fatto una paura matta ma comunque non lo considero cinema horror. Comunque tu guardati il film di Flanagan e fammi sapere ;)

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    2. certo che ti faccio sapere, anzi li cerco ^_^

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  2. Non fa paura, oggi equivale a dire: non ci sono balzi sulla sedia.
    Perché, purtroppo, il pubblico è ormai talmente impermeabile e si approccia ai film con una visione talmente superficiale, che le inquietudini profonde non riescono più a passare attraverso lo schermo.
    Però tu continuala questa riflessione, in altri post, ché è interessantissima

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    1. Grazie madre. Sì, effettivamente io la penso come te e cercherò di affrontare l'argomento il più approfonditamente possibile

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  3. La penso come Lucia.
    La "paura" in campo horror viene identificata dai più con il "disgusto", il desiderio di chiudere gli occhi davanti alla tizia squartata o il salto sulla sedia causato dal mostro che fa "buh!".
    Ma, come dice Maestro King e come hai ribadito tu, la paura è quel qualcosa che perturba, che trasforma una situazione normale in qualcosa di inaudito, pericoloso, che mette alla prova non già il nostro fisico ma la nostra mente e i nostri nervi. Per questo, al giorno d'oggi, è sempre più difficile trovare dei buoni horror o sdoganare quelli che si basano sul percepito, sull'attesa e l'inquietudine (The Innskeeper se lo fai vedere all'80% delle persone ti diranno che è fuffa e che, appunto, "non fa paura"!).

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    1. Esatto, The Innskeeper è la prova che questo discorso è verissimo. Ma non è solo colpa degli spettatori, è colpa anche di come vengono educati.

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