Gaming Casuale: Gone Home (2013)


Non l'ho mai fatto e mai avrei pensato di farlo. Eppure arrivano quei momenti, nella vita, in cui non puoi più farne a meno e alla fine decidi che è ora di buttarsi e di tentare. Però vorrei partire da un presupposto per evitare di far incazzare chi questo argomento lo mastica quotidianamente: non ne capisco molto, di videogiochi. O meglio, ci so giocare (come molti) ma non ne so parlare e non ci ho mai nemmeno provato, a dire il vero. 
I videogiochi però non sono poi così lontani da quello che è il mio, di pane (non perché ne so parlare ma perché ne mangio ogni giorno e alla fine qualche nozione mi rimane): cinema e letteratura. Il più delle volte, infatti, i videogiochi raccontano una storia e lo fanno attraverso parole ed immagini, effetti speciali (la grafica) e azione. Possono emozionare, spaventare, fare ridere o commuovere. Insomma, hanno il potere di creare mondi e risucchiare il fruitore (il gamer, in questo caso) al loro interno.

Per parlare di videogiochi (ogni tanto, quando mi capita e quando ne finisco uno che ritengo almeno interessante) credo sia il caso di inaugurare una nuova rubrica. La chiamerò Gaming Casuale. Così, tanto per non smentirmi. E il videogioco di cui voglio parlare oggi si chiama Gone Home.


TORNANDO A CASA

Gone Home è un gioco indi del 2013 creato e pubblicato dalla The Fullbright Company di Steve Gaynor, Karla Zimonja e Johnnemann Nordhagen. Tre soci all'esordio della loro casa di produzione, con pochi soldi e un'unica idea: quella di un videogioco interattivo in prima persona, esplorativo e d'indagine che però si rivelerà, in egual misura, molto più e molto meno di quanto ci si potesse aspettare.

Siamo nel Giugno del 1995, a Portland. Kaitlin Greenbriar torna a casa dopo un lungo viaggio in Europa e non trova nessuno ad attenderla. E' notte, sta piovendo e la magione di Arbor Hill sta lì, solitaria e immersa nell'oscurità. Sulla porta d'ingresso, un messaggio: non cercarmi e non cercare di capire dove sono andata. Firmato sua sorella Samantha. Ed è proprio così che ha inizio il viaggio di Kaitlin nella sua casa alla ricerca di risposte.

Pericolo SPOILER. Se non ci avete mai giocato andate direttamente alle CONCLUSIONI.

Dicevamo all'inizio: gioco indi. Il mondo indipendente videoludico non è molto lontano da quello indipendente cinematografico: si tratta di opere che rinunciano agli orpelli per mirare dritto alla sostanza. Proprio per questo il mondo indipendente può riservare interessantissime sorprese. 
Gone Home punta su un aspetto minimalista e rinuncia totalmente all'azione a favore dell'atmosfera e di una storia che si dipana lentamente, man mano che il giocatore va avanti e scopre nuove indizi, nuove stanze della casa e nuovi cassetti in cui indagare. Quindi quel che parte sulla falsa riga di un qualunque Resident Evil o Silent Hill (soprattutto l'Homecoming) si rivelerà essere per lo più un gioco di indagine, quindi basato sull'esplorazione e la raccolta di indizi. 
Quindi è l'ambientazione a fare da padrona, la casa immersa nella penombra di lampade e lampi oltre le finestre, con la pioggia che accompagna imperterrita il giocatore e la storia di una famiglia che ci viene svelata attraverso diari, lettere, appunti e ricevute. 


Si tratta di una storia che ne racchiude altre, quelle private di una famiglia come tante, con il padre scrittore di serie B che vede il successo tanto sperato arrivare per poi allontanarsi irrimediabilmente, la madre guardiacaccia costretta a mantenere sulle spalle il peso della famiglia intera, la casa apparentemente infestata dallo spirito del precedente proprietario e, infine, la storia di Sam. E a noi non resta altro che camminare, scrutare, ispezionare alla ricerca del prossimo indizio che ci riesca a far capire cosa diavolo sia successo durante l'assenza di Kaitlin.

Allora diciamolo: in Gone Home c'è poco da giocare, anzi, quasi niente. Il gioco è solo un vero e proprio pretesto per raccontare una storia infarcita di tante citazioni anni '90. L'azione latita, l'esplorazione è limitata alla magione, gli enigmi sono semplici e facili da risolvere (una combinazione da trovare, stanza segrete da scoprire ed esplorare), il gioco dura un paio d'ore, il gameplay è elementare. Non si può correre, non si può saltare. Si può solo vivere ed ascoltare, perché lentamente tutto si mostra per quel che è in realtà: non una storia di fantasmi, non un thriller o un horror bensì un racconto di formazione. la lenta e inesorabile scoperta da parte di Sam della propria sessualità e diversità. Per poi cadere nella storia d'amore tragica e adolescenziale di una ragazza gay che scopre i primi affetti al di fuori dell'ambito famigliare, affronta i primi dubbi e vive le prime esperienze che la porteranno dalla fanciullezza all'età adulta. Dalle lacrime al sorriso. Dalla rassegnazione alla fuga finale. 


E' allora è di questo che si tratta, quando parliamo di Gone Home. Di un prodotto coraggioso che mira all'atmosfera e affronta argomenti niente affatto facili in un videogame, rendendoli per quello che sono: argomenti ormai comuni, osservati dal punto di vista di una persona qualunque, membro di una famiglia qualunque. 
Però... c'è un però. 
Il però sta nel fatto che, al di là della storia raccontata c'è ben poco e, in un certo senso, il giocatore subisce più che vivere il gioco. Perché, senza saper né leggere né scrivere, si può facilmente rimanere con un "eh beh?" impresso sulle labbra alla fine del gioco. Troppo semplice, quasi elementare. Quasi, al di là di tutte le citazioni (X-Files, Twin Peaks, il Supernintendo, Pulp Fiction), della musica (Riot grrrl, Heavens to Betsy, Bratmobile) e dell'avventura grafica, ci fosse poco da fare per rendere parte attiva del tutto il gamer. Che non ha voce in capitolo, mai. Gone Home va dove deve andare indipendentemente da lui.

CONCLUSIONI

Gone Home ha fatto parlare di se tanto, anzi, tantissimo. E' un gioco indipendente dall'indubbio impatto, dai pregi e valori incredibili ma con qualche difetto forse imputabile proprio ai fondi messi a disposizione per la sua produzione. Distribuito da Steam, basato sul motore grafico Unity, ha fatto incetta di recensioni positive e premi. Il website Polygon lo ha eletto miglior videogioco dell'anno e ai Video Game Award ha vinto il BAFTA come miglior opera di debutto. Insomma, niente male davvero. Gone Home è una storia d'atmosfera, una storia di fantasmi ma, soprattutto, une bellissima storia d'amore raccontata con trasporto ma con la semplicità di una cosa eccezionale per quanto possa essere comune. Una storia inserita nel cotesto gioco con semplicità e naturalezza. Se solo ci fosse stato un maggior coinvolgimento (attivo) da parte del giocatore forse starei gridando al capolavoro ma purtroppo non è così. Resto comunque un'esperienza da vivere. 


REQUISITI MINIMI

Sistema operativo: Windows XP SP2 o superiore (gira anche su Windows 8.1)
Processore: 1.80 GHz
Memoria Ram: 2GB 
Scheda video: 512MB di VRAM 
Spazio Hard Disk: 2GB

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