[Recensione] CUB - Piccole Prede (di Jonas Govaerts, 2014)


L'Europa, da un punto di vista cinematografico e horror, resta il più innovatore dei continenti ma al tempo stesso, quello più legato alla tradizione. Una tradizione storica che non vive di ricordi ma che, bensì, cita e autocita, rielabora e propone soluzioni classiche con aria innovativa. A volte senza preoccuparsi di ciò che, in America, chiamano "politicamente corretto" o della "riproposizione" di formule vincenti. 
In Italia questo discorso è difficile da fare, nonostante i soliti ignoti (al grande pubblico) non si siano lasciati trovare impreparati. Discorso diverso vale per la solita Francia, la solita Spagna e l'Inghilterra, che si sono imposte su un mercato da molti considerato "morto" rilanciando un settore su cui nessuno sembrava più interessato ad investire.
Tutto questo ha avuto inizio una decina di anni fa, sia grazie alla spinta di chi i soldini da investire ce li aveva, sia grazie alla nascente scena indi e alla scoperta di veri e propri talenti. E in un certo senso il rifiorire del cinema di genere agli inizi degli anni 2000 ha avuto il classico effetto "traino". Anche oltreoceano, con il vizio sempre più hollywoodiano di assimilare le spinte provenienti da altri paesi/culture. Arrivando ai giorni nostri, in questo presente epoca di autoproduzione, indi e crowdfunding, 

Il 10 Settembre 2014, al Festival di Toronto, è stato presentato il film CUB - Piccole Prede, primo lungometraggio del regista Jonas Govaerts finanziato in parte attraverso il crowdfunding e le donazioni su Indiegogo. Un film belga, un horror fiammingo a metà strada tra passato e presente. Un esordio con le potenzialità per stupire e divertire ma che, ahimè, si perde in un finale sbrigativo e inverosimile.


Sam, un ragazzino di dodici anni, si avvia verso il consueto campo estivo con gli altri boy scout. Introverso e misterioso, il piccolo Sam non riesce a fare amicizia con gli altri che invece lo emarginano e lo deridono. Pian piano mentre gli scherzi ai danni del ragazzino iniziano a farsi piu' pesanti, cominciano a capire che la vittima è meno indifesa del previsto e il gruppo si renderà conto che sta tormentando il boy scout sbagliato. (da filmscoop.it)

Parlando di CUB parliamo di un cinema di genere che fa esattamente quello per cui è nato: sovverte. Ovvero il ribaltamento dello status quo, la critica ferocie contro l'ordine prestabilito. In questo caso abbiamo addirittura la critica sociale nei confronti di un ordine dispotico (rappresentato dal sistema scout) e quella politico/economica del sistema nazionale belga, che ricorda non poco la situazione presentata in un film come Non Aprite Quella Porta all'inizio degli anni '70. Perché la realtà raccontata in CUB è quella della crisi economica attuale che ha portato alla chiusura di molte fabbriche e alla disoccupazione (e disperazione) di chi ci lavorava. 
Sono queste le basi su cui si sviluppa il film, horror ambientato in un campeggio (tradizione) e che se la prende con un gruppo di lupetti senza alcun buonismo (novità) evitando ogni sorta di spiegone. 
Una pellicola snella, non eccessivamente lunga (85 minuti) giocata sulle attese e sulle piccole cattiverie di un gruppo di ragazzini, in un crescendo di cattiveria e ironia grottesca. 


E diciamo pure che, per almeno un'ora, il film funziona. Certo, la sceneggiatura sembra essere stata scritta su un fazzoletto, non c'è né splatter né violenza (o meglio, c'è ma è ottimamente dosata) non si capisce bene dove si voglia andare a parare, ma sicuramente funziona. Il problema è che poi, arrivati alla svolta, CUB si perde. E lo fa nel momento di massimo splendore, lì dove Jonas Govaerts aveva raggiunto l'apoteosi tra cattiveria cattivissima e coesione narrativa. E sarà un problema mio che non riesco ad apprezzare i finali di questa nuova generazione di film horror, ma vi ho trovato, in quello di CUB, una superficialità incredibile e l'incapacità di non precipitare tra buchi formato groviera. Sarà colpa dei poco fondi a disposizione, dell'inesperienza o di pressioni dall'alto, ma trovo questa scelta incomprensibile, come un tentativo di autosabotare qualcosa di bello e divertente.

Alla fine CUB - Piccole Prede rimane un film guardabile, divertente, certamente non brutto, con alcune ottime intuizioni e una cattiveria rara. Ci aggiungiamo il citazionismo (uno dei personaggi ha, come suoneria, il main theme di Suspiria) e una certa profondità dei temi trattati. Ma non decolla e alla fine si impantana. E per me questo significa un'altra occasione sprecata.

Commenti

  1. A me il finale non è affatto dispiaciuto, forse era l'unico possibile sebbene purtroppo approfondisca poco la natura dell'adulto e il suo legame con l'industria in crisi.
    Forse ci voleva un po' di coesione narrativa in più, sta di fatto che per quel che dura ho trovato CUB assai gradevole, anche se poco innovativo.

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    1. Gradevole lo è anche per me, fino a un certo punto, perché poi il film cade nella stessa trappola in cui cadono e sono caduti tanti film horror. E alla fine non si può che rimanere con un palmo di naso.

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  2. un sacco di horror si perdono sul finale.
    diciamo la maggior parte.

    ciò nonostante, questo mi incuriosisce abbastanza...

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    1. Bah, non credo andrebbe incontro ai tuoi gusti (ma magari nel frattempo lo hai visto e ti è pure piaciuto)

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  3. Questo proprio me lo ero perso! Magari lo vedo e lo interrompo a metà.

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    1. Bah, se te lo perdessi non sarebbe una grave... perdita :D

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  4. anche a me incuriosisce i belgi sono discretamente malati nell'horror....

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    1. I belgi sono esseri strani, questo è poco ma sicuro

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  5. Visto ora.
    Che dire, condivido più o meno le tue impressioni. Però devo ammettere che mi ha 'intrattenuto', a suo modo.

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