Breve opinione su Dark Places (di Gilles Paquet-Brenner, 2015)


La Francia non mi piace, non mi piacciono i francesi. Lo so, non hanno senso queste mie affermazioni, ma le cose stanno così. Persino al cinema, evito i prodotti francesi. Non perché li trovi brutti, semplicemente sono i prodotti di una nazione che mi sta sul cazzo antipatica. Ovviamente ogni regola ha le proprie eccezioni e questo vale sia in campo personale sia in campo cinematografico o televisivo o letterario o musicale. 
No, non sto delirando. Sono mie antipatie personali che, ovviamente, tiro in ballo prima di parlare di un film francese. 

Il film in questione è Dark Places, del regista Gilles Paquet-Brenner (quello de Le Chiavi di Sara), tratto dal romanzo omonimo di Gillian Flynn (quella di Gone Girl). Anno 2015, uscito nelle sale francesi ad Aprile, in quelle americane ad inizio Agosto e da noi chissà. Produzione francese, diretta (e sceneggiata) da un francese, con attori americani. E non attori qualunque: Charlize Theron (che ormai non ha niente da dimostrare), Chloë Grace Moretz (una vera talentuosa), Nicholas Hoult (che boh, vabbè), Corey Stoll (attualmente nei cinema con Ant-Man). Praticamente un cast di stelle americane per una pellicola europea ambientata negli States.


Da bambina, Libby Day è stata l'unica superstite e testimone del massacro della madre e delle sorelle. Credendo che il massacro sia opera di una setta satanica, Libby testimonia in tribunale contro suo fratello Ben, ritenendolo responsabile. Venticinque anni dopo, Libby viene contattata da un gruppo di investigatori dilettanti, chiamato "Kill Club", che sostiene l'innocenza del fratello. Durante le nuove indagini i ricordi di Libby ritornano a galla, facendo emergere un'altra verità (da Wikipedia)

Al di là del suo essere francese, ho poche critiche da fare ad un film come Dark Places che si dimostra una buona pellicola, interessante fino alla fine, sorretta dall'interpretazione della Theron nei panni di Libby Day. Interpretazione controllata, che mette in mostra tutte le caratteristiche di un personaggio e la sua crescita interiore. Perché è di questo che tratta il film, al di là dell'apparente struttura thriller/detective story: Dark Places è la storia di una ragazza rimasta bambina, del trauma che l'ha paralizzata in un limbo ozioso, rendendola cieca e sorda non solo al mondo che la circonda, ma alla sua stessa realtà tra passato, presente e futuro. Libby è figlia di una situazione socio-culturale insostenibile, di una madre piena di debiti e un padre che ha abbandonato lei e i suoi fratelli, ubriacone e giocatore d'azzardo. Libby vive in una città di provincia, in un periodo storico di transizione, ha un fratello nel pieno di una crisi adolescenziale e... è solo una bambina. Una bambina che non è in grado di affrontare quel che persino gli adulti non riescono a superare e che ad un tratto si ritrova con il proprio mondo in frantumi. In quelle macerie Libby crescerà e diventerà una giovane donna che nella vita non ha mai combinato nulla, che non ha mai lavorato, che non ha mai (ri)costruito. Che si è limitata a mettere la testa sotto la sabbia, insomma. 


Quasi una storia di formazione, questo Dark Places. Allo stesso tempo però si tratta di una detective story, con al posto del solito poliziotto noir un gruppo di giovani investigatori per passione e Libby stessa, che per soldi si rituffa in un passato nebuloso alla ricerca della cosa che aveva sempre negato, a se stessa e alla giustizia: la verità.
In un certo senso sono le bugie le vere protagoniste dell'opera di Paquet-Brenner, perché i personaggi principali della pellicola mentono, tutti e inesorabilmente. Tutti mentono, per i motivi più disparati. Per proteggere o per proteggersi, per sopravvivere, per convincere il prossimo, per del prossimo non avere più bisogno. E tra una menzogna e l'altra si va avanti nell'indagine e indietro nel tempo, alternando due linee narrative: quella ambientata nel presente e quella nel passato bigotto della famiglia Day. Protagonista della prima è Libby, mentre della seconda sono la madre Patty e il fratello Ben, coinvolto in loschi rituali satanici e al centro di una triste storia di abusi sessuali. Eppure, nel presente come nel passato, non tutto è quel che sembra e per dipanare la matassa bisogna giungere fino alla fine (nonostante si intuisca tutto un bel po' prima). E se non fosse stato per alcune scelte frettolose e per un finalissimo logorroico e non in linea con il resto del film, staremmo parlando di un prodotto ben riuscito. Per me invece, alla fine dei giochi, non andiamo molto oltre la sufficienza, colpa di una certa freddezza espositiva e di uno stile e sviluppo fin troppo classico. Ovviamente, non avendo letto il romanzo da cui è tratto, non posso che avanzare ipotesi, ma il paragone tra questo e il recente film tratto da un'opera di Gillian Flynn è impietoso. Poco male, perché per due ore si rimane incollati allo schermo. E questo, al giorno d'oggi, non è poco. 


Commenti

  1. A me Gone Girl è piaciuto, questo ispira!I francesi sono bravi nei noir e nelle commedie,dagli una seconde chance! ;)

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    1. Gone Girl (film) è bellissimo, per quanto riguarda i francesi invece, non metto in dubbio, è una mia presa di posizione immotivata :D ma ho gradito anche loro prodotti, vecchi e nuovi

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