Il valore della critica


Visto che non ho film che mi va di recensire (uno c'è, lo voglio massacrare perché è una porcata ma oggi non mi va), visto che ho voglia di sproloquiare, visto che ho già accennato di questo argomento nel post su Birdman e ne ho parlato in privato proprio ieri, ho deciso di dedicare il post di oggi a un argomento che ai più o ai lettori occasionali non interesserà per nulla. Ecco, oggi voglio parlare di critica cinematografica.

Io penso di averlo ripetuto allo sfinimento. E' pure scritto nella pagina di presentazione di Combinazione Casuale: non sono un critico cinematografico. Anzi, a dirla tutta io di cinema ne capisco abbastanza poco: ho letto una manciata di libri, ho guardato un bel po' di film, posseggo qualche conoscenza tecnica sull'argomento ma non ho mai studiato, non ho mai approfondito da un punto di vista puramente nozionistico, non ho la forma mentis del critico. Non mi interessa essere un critico, non saprei che farmene. Nonostante ciò parlo di cinema. Ecco, col tempo ho trovato il mio modo per parlare di cinema, non dando giudizi (che, quando ci sono, sono o puramente personali o basate su una realtà oggettiva e che chiunque potrebbe confutare), non facendo "critica" ma permettendomi di fare un'analisi sul film di turno. Cosa che posso fare anche su una canzone, su un fumetto o, soprattutto, su un libro. Scavare nell'opera estrapolando, attraverso una PERSONALE chiave di lettura, il senso della stessa. Che magari non è il senso che gli da qualcun'altro o non è quello che avrebbe voluto dargli il regista. Credo che in assoluto sia questa la cosa più difficile. La cosa che tutt'ora non riesco a fare.

Questo tipo di "lavoro" va al di là dell'esprimere un'opinione. L'opinionista infatti usa i propri strumenti per opinare su un qualcosa, non necessariamente per analizzarla. L'opinionista basa il proprio "mestiere" sui concetti di bello e brutto, motivando le proprie opinioni in merito. Al contrario, il critico (fino a qualche anno - o decennio - fa) esprimeva un giudizio basandosi su dei canoni tecnici, estetici, poetici. Basandosi quindi su elementi oggettivi, inopinabili. Eppure questo non bastava a dire se un film fosse bello o brutto essendo il gusto soggettivo, il bello bello perché piace, il brutto rivalutato in un ottica moderna. 
Ecco, il brutto. Nell'arte classica il brutto era inconcepibile. Ad esempio, un volto preda dell'orrore della disperazione, con i propri lineamenti distorti e quindi "brutto", non poteva essere ritratto da un antico greco o un antico romano. La statua di un personaggio in simili condizioni doveva essere rappresentata con uno stratagemma, magari nascondendo il volto contro un braccio e lo stesso valeva per l'arte visiva e per quella poetica. In altre parole il brutto non poteva essere rappresentato in nessun modo perché disarmonico, contrario ai canoni. Tendenza che subì un primo ridimensionamento nella tardo-antichità, fu annullata con il Rinascimento e fu invertita in epoca Romantica. Il "brutto" allora conquistò dignità, ovvero divenne degno di essere rappresentato.


E' ovvio allora che non esiste una oggettivazione assoluta nel campo dell'arte (nel senso letterale del termine) ma che ogni elemento oggettivo va contestualizzato e riferito ai canoni estetici vigenti. Ancora più ovvio risulta che un vero e proprio "cambiamento" non è detto che sia avvenuto nel corso della storia cinematografica, più recente di quella letteraria o teatrale. Non un totale ribaltamento, questo è certo, nonostante di parli già di ciò che è classico e ciò che non lo è. Ma io non sono così ferrato sulla storia del cinema e se qualcuno può e vuole correggermi è sicuramente il benvenuto.
Fatto sta che il critico dovrebbe possedere quegli strumenti che gli permettano di esprimere un "giudizio" per lo meno tecnico. Altro non può fare senza sconfinare nell'ambito del soggettivo.
Anche per questo i termini della critica cinematografica sono cambiati col tempo, sostituendo ai toni assolutistici della vecchia critica quelli relativistici della nuova.

Nonostante ciò, esprimere giudizi assolutistici sembra andare ancora di moda. Basta leggere certe "recensione" o guardarle su Youtube per rendersene conto. C'è chi, ancora, si ostina a voler rendere oggettivo un proprio pensiero, una propria opinione. E' proprio così che un film che non piace diventa brutto e un film che piace diventa bello. Questo modo di fare "critica" io me lo aspetto dalla "persona comune", è il modo che ho io per parlare di qualcosa quando sono con gli amici, davanti a una birra, senza né voglia né modo di argomentare. Non posso accettarlo, invece, in un ambito diverso, quando a fare ciò è qualcuno che si definisce esperto. Capita spesso infatti di ritrovarmi a leggere o ad ascoltare chi avrebbe gli strumenti per fare critica e invece si ostina a voler giudicare. Critica e giudizio sono cose diverse, che possono convergere ma che non coincidono. 
Allo stesso modo c'è gente che non sa fare altro che interpretare sfruttando le interpretazioni altrui, le parole dell'esperto che, una volta prese in prestito, diventano le proprie. Trovo sleale questo modo di fare. Se l'esperto X ha interpretato in un certo qual modo un'opera può diventare il punto di partenza per un'ulteriore analisi della stessa, può fornire gli strumenti giusti, ma la sua rimane un'interpretazione, in quanto tale soggettiva ma che diventa assolutistica sulla bocca di qualcun'altro. Un modo intellettualmente disonesto per parlare di qualcosa.


Disonesto è pure piegare un certo modo di fare dell'autore al proprio modo di concepire l'opera dello stesso. Perché quando non si tratta di errore, quindi di cosa non voluta, la volontà dell'artista (inteso come "artigiano") va rispettata. Non possiamo giudicare sbagliato qualcosa solo perché a noi non piace. Possiamo definirlo brutto, ma non errato. Come posso io, che sto guardando/leggendo/ascoltando un qualcosa, confondere quel che non mi piace con quel che non avrebbe dovuto essere? Come posso dire "lì il regista ha sbagliato" solo perché non concordo con quel che ha fatto? E' l'atto di superbia definitivo questo, è la critica arrogante di chi non sa fare e si arroga il diritto di parlarne ugualmente. Equivale a dire che una cosa che non ci piace fa schifo senza stare a spiegare il perché (ci) faccia schifo.

Allora, prendendo per buono quel che ho scritto fino ad ora, che senso ha per noi blogger parlare di cinema? Nessuno. Parlare di cinema (parlare di qualsiasi altra attività creativa) è masturbazione. E' dedicarci a qualcosa che ci piace per il semplice fatto che ci piace. Eppure si può andare oltre, eppure parlare di tutto ciò di cui parliamo può divenire un modo per fornire nuove chiavi di lettura, un interscambio di interpretazioni che arricchiscono la fruizione dell'opera. In altri casi può voler dire portare sotto lo sguardo di tutti opere che conoscono in pochi e che in positivo o in negativo, possono arricchire l'esperienza del fruitore. Che ne verrà arricchito e che, forse in futuro, potrà fare la stessa cosa. Basta solo un po' di onestà intellettuale. Tutto qui.

Commenti

  1. Ecco...con la frase finale hai riportato il discorso a ZERo...dato che "L'onestà intellettuale" è un concetto ormai raramente diffuso e ancor più raro da raggingere come condizione.
    La "critica" o "Il giudizio " o "La critica del giudizio" - ;) ;) -sono cristallizzazioni d'impressioni. Andrebbero fatte evolvere, ogni tanto.
    Il blogghing di cinema lo trovo utile solo se si tratta di "mettere ordine" o "indicizzare" lo sterminato mare della produzione filmica della storia mondiale. prova ne è che funzionano davvero solo i blog con una tematica - circa- precisa. Purtroppo, da quando comprare una manciata di falsi follower, like o traffico è diventato alla portata di quasi tutti i portafogli e la vastità della rete ha fatto si che si autoorganizzasse per microcosmi d'interesse chiusi sperare in un fine "divulgativo" è utopistico.

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    1. No, non sono d'accordo. L'onesta intellettuale è la condizione da raggiungere, è l'occasione per una rivoluzione culturale che miri a raggiungerla, non che la raggiunga. Tentare di essere onesti intellettualmente, non esserlo. E' un esercizio. E' a questo che servono i blog di qualsiasi argomento oltre all'"accorciare le distanze". Ovviamente io posso parlare solo per me stesso ma lo stesso tentativo di essere intellettualmente onesto diventa un'allenamento anche all'apertura mentale. Non conta se spesso non ci riesco o ci riesco poco, resta comunque il tentativo di creare un'apertura.

      Per quanto riguarda il fine divulgativo... con me funziona. Ho scoperto una marea di film tramite i blog che altrimenti non avrei mai visto. E se funziona tra blogger, tra appassionati, perché non può funzionare con tutti?

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    2. Perchè dovrebbe essere irraggiungibile come stato mentale, secondo te?
      Come ogni disciplina che miri a raggiungere una determinata configurazione, sia mentale, fisica o altro, permette una meta che, una volta acquisita, va mantenuta con allenamento costante.

      Cosa ci sarebbe di irrealizzabile?

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    3. Perché siamo costantemente bersagliati da input, condizionati senza accorgercene. Semplicemente per questo. Per quanto mi riguarda l'onestà intellettuale vera, totale, può essere raggiunta solo da poche menti illuminate.

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    4. Forse allora stiamo pensando a due accezioni diverse del termine.

      in parolacce, l'onestà intellettuale è quella cpacità di autoanalisi che garantisce la possibilità di ammettere i propri torti anche dove la ragione non ce lo permetterebbe, utilizzando argomentazioni valide che soddisfano più approfonditamente i requisiti di Logica, Coerenza e Verificablità...


      O no?

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    5. Esatto, ma per me lo è al di là dei condizionamenti esterni.

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    6. E chi ha parlato di condizionamenti esterni? Mi stai dcendo che è uno stato irraggiungibile perchè ci sono appunot questi "condizionamenti esterni" che ne minerebbero continuamente la piena padronanza ? (???)

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    7. Onestà intellettuale per me vuol dire anche libertà di essere intellettualmente onesti e per come la vedo io, si tratta di una libertà che i condizionamenti esterni ci negano. Perché i miei torti possono essere i torti comuni di chi la pensa in quella maniera o gli errori scaturiti da un certo modo di pensare: appunto, condizionamenti esterni.

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    8. Colpa mia che non so come spiegarmi. Mettiamola così: certi errori che commettiamo sono dovuti, magari, all'errata percezione di qualcosa. Quella percezione errata è dovuta, magari, al modo in cui siamo stati educati. Quindi arrivare ad ammettere l'errore diventa difficile e se i condizionamenti (il modo in cui si è stati educati a percepire quella cosa) sono profondi, ammettere l'errore diventa impossibile.

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    9. Alla mente ed i suoi stessi cluster dendrinici NULLA è impossibile.
      La percezione è fallace, modificabile a piacimento, ma anche l'unico canale di approvvigionamento delle informazioni, per questo è importante l'autocoscienza di questo fenomeno e la conoscenza di è. E comunque, una volta che le informazioni giungono in un cervello "organizzato" che ha raggiunto la piena possibilità dell'Onestà Intellettuale, hanno sicuramente la possibilità di essere interpretati e reindirizzati "diligentemente".

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    10. Continuo a essere dubbioso. Sarà che mi son sempre trovato persone che in qualunque discussione han sempre provato a portare l'acqua al loro mulino. Sarà che sono diventato pessimista per esperienza.

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    11. Appunto : ""L'onestà intellettuale" è un concetto ormai raramente diffuso e ancor più raro da raggingere come condizione."

      AutoCit. brutta

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  2. C'è però un discorso da approfondire: l'intangibilità dell'artigiano alla critica solo perchè "ha fatto" non la condivido. E' pur sempre un essere umano, e soprattutto in ambito cinematografico, si può essere in grado di riconoscere errori voluti o provocati di cui lui s'è sbattuto o non accorto.

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    1. No, non intendevo l'impossibilità di essere toccato dalla critica, intendevo il rispetto. Credo che si debba del rispetto a qualunque frutto dell'ingenio umano se non cela un tentativo subdolo, quella che io chiamo "presa in giro". Se tu regista fai un film io devo rispettare il tuo lavoro. Rispettarlo può vuol dire anche criticarlo, ma non giudicarlo. Sono i giudizi (da cui è composta certa critica) che non accetto.

      Ovviamente un errore è sempre criticabile (mai giudicabile, a meno che non sia intenzionale o reiterato) ma spesso si vede l'errore dove non c'è. Te ne rendi conto quando è una scelta del regista. Non posso dire ad un falegname (esemplifico al massimo) "hai costruito un tavolino con 5 gambe, hai sbagliato" se l'intento del falegname era metterci 5 gambe. Posso dire che non mi piace, che fa schifo perché viene meno (che ne so) una certa armonia del tavolino, perché c'è meno posto per le gambe, ma non che è un errore.

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    2. Se il falegname fa 5 gambe ma di misura diversa ,però, e lo chiama comunque "tavolo" sbaglia.Perchè perde la sua funzione. Se lo fa un'artista allora è "cocettuale", e lì puoi discernere del bello o brutto (individuale) o dell'errore nel detrminare il concetto voluto (oggettivo).

      Tutto questo "rispetto" per il lavoro artigianale,- o altro, è frutto di canoni divulgativi antiquati. E' proprio nella qualità, nella coerenza MA NON nell'estetica, che si può fare discernimento di chi le cose le sa fare e chi no. Sennò stiamo sempre ad applaudire il bambino perchè ha fatto la cacca sul pavimento ma si è tolto il pannolino. (Sort of).

      La mia paura , che poi era una argomento che hai toccato nel post sui media ed il lettori, è che si tenda ad azzerare le possibilità di analisi effettiva in difesa del semplice fatto di aver "prodotto". E si arriva a dare premi importanti a gente che non conosce la sintassi ( aprescindere dal mezzo) usando come scudo "Intanto però lui/lei l'ha fatto, non puoi giudicare" L'Esempio massimo dovrebbe esssere quello della letteratura italiana. Tutti a scrivere e nessuno a leggere, e nessuno che si può permettere di criticare, perchè il, fatto che si possano esprimere tutti azzera l'espressione individuale.

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    3. Ma io ho specificato che rispettare il lavoro altrui sta proprio nel criticarlo (non lanciare critiche ma fare critica). "Rispettarlo può vuol dire anche criticarlo, ma non giudicarlo. Sono i giudizi (da cui è composta certa critica) che non accetto.".
      Questo vale anche nei confronti di chi non padroneggia i mezzi. Una cosa è dire "il tuo lavoro fa schifo", un'altra è "il tuo lavoro fa schifo perchè...". Ed è questo che critico (scusa il gioco di parole) in certi critici e recensori: "X non è un bel film (senza spiegare il perché)" oppure "X fa schifo perché il regista ha fatto sta cosa e non ha senso (senza spiegare poi perché non avrebbe senso)".

      Quando parlo di percepire un errore lì dove non c'è mi riferisco comunque ad opere realizzate da chi sa fare il suo mestiere. altrimenti mi sembra la critica fatta a Picasso dallo studentello che non ha studiato.

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    4. Ah, ecco..Doverosa precisazione che mancava.E comunque anche lì, i parametri per decidere "chi fa il mestiere" , grazie a quel principio che comunque oggi è parecchio imperante, sono ormai andati a farsi friggere.

      Spesso, anche critiche motivate diciamo sufficientemente, denunciano invece pura prosopopea e crassa ignoranza, visto che magari al soggetto mancano competenze e conoscenze che gli avrebbero permesso di contestualizzare meglio l'oggetto della critica.

      Esempio di 10 minuti fa: un professore di letteratura con 15 anni di mestiere alle spalle, oggi ha condiviso giulivo "E lentamente muore" a firma Pablo Neruda...E quando l'ho masticato crudo per 10 minuti ha ammesso candidamente di aver sempre ignorato l'autrice originale...Poi ha pianto, ma intanto.....

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    5. Ma se uno non ha gli strumenti non dovrebbe nemmeno provarci :D (in un contesto "ufficiale", che davanti a una pizza con gli amici o sui social sarebbe più auspicabile di un inutile "fa schifo" senza né capo né coda, anche se spesso non c'è voglia o tempo).

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    6. Vedi? E chi glielo impedisce, oggidì?? Nessuno...

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  3. Ricevi da un bambino un disegno. Ci siete tu e lui per mano, tu sei vestito da supereroe. Sotto, i vostri nomi; sopra, un cuore.
    Un'opera d'arte. Per quello che trasmette, per quello che ti fa provare, per quanto di lui scopri in quelle righe tremolanti.

    Caravaggio. Giuditta e Oloferne.
    Un'opera d'arte. Anni passati a studiare e amare la pittura, scorgi oltre la bellezza esteriore più superficiale dell'opera il perchè è un capolavoro.

    Soggettivo, il primo disegno è bellissimo.
    Mal fatto, colori scelti a caso a seconda dell'astuccio, incapacità palese. Resta, per me, bellissimo.
    Oggettivo, Caravaggio è migliore. Per questo quello quell'altro e quell'altro motivo ancora.

    Un critico "iperuranico" dovrebbe compiere questa distinzione, lavorando il più possibile sul secondo concetto.

    [Il problema è che la gente è tutt'altro che perfetta (fortunatamente per dio) e l'arte lavora proprio con entrambi i concetti, soggettività e oggettività]
    [Usato un esempio estremo perchè fatico a sopportare la gente che livella tutto in nome della "propria intoccabile sincera" opinione]

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    1. Non sono d'accordo con questa frase: Un critico "iperuranico" dovrebbe compiere questa distinzione, lavorando il più possibile sul secondo concetto.
      Perché non sono d'accordo: perché un critico "qualunque" DEVE compiere questa distinzione e spiegare quale sia l'oggettivamente bello (o brutto) e poi esprimere un parere soggettivo. Perché un critico ti può dire che quell'opera è oggettivamente cagosa eppure gli è piaciuto, ma ti deve spiegare il perché.

      Per quanto riguarda la propria sincera opinione, è ovvio che sia intoccabile. Perché è indubbio che ogni analisi resta soggettiva (a meno che non sia l'autore a dirci cosa vuol dire la sua opera, il resto sono solo illazioni). Allo stesso tempo non sono opinabili i fattori tecnici. Aggiungo però che un autore può scegliere di andare al di là di quei canoni tecnici: torno a fare l'esempio di Picasso. Ovviamente però Picasso sapeva quel che faceva avendo ben chiaro quali fossero quei canoni.

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    2. Composizione, tecnica, contesto storico e culturale, resa, linee forza, significato e significante. Questo un critico può fare per stabilire una gerarchia di giudizio del "bello" tra un disegno infantile affettuoso e Giuditta e Oloferne. Per altro poi c'è chi ti spiegherà con cognizione che non è tra i capolavori del Maestro, a dirla tutta, e la decollazione del Battista della Gentileschi è magari migliore...Dico per dire.


      Ecoo: questa è "critica"

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    3. Oh, finalmente leggo qualcosa di cui nessuno parla mai: la contestualizzazione storica...

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    4. Io ne pèarlo SEMPRE nelle mie recensioni. E mi scorno con altri bloggher che si divertono a dichiarare di non conoscere affatto i caposaldi di genre prima di lanciarsi in sperticate lodi di certi sottoprodotti....

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    5. Beh, la contestualizzazione ha sento nel momento in cui parlo di un film, non dei suoi epigoni :P

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    6. Appunto "un critico "qualunque" DEVE compiere questa distinzione e spiegare", il problema è che -dovrebbe-.
      Per quello ho scritto iperuranico, per lasciare fuori le obiezioni varie sul fatto che troppo spesso non è quello che fa un critico reale. Purtroppo.

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    7. Però, permettimi, se non fai così non sei un critico, sei un opinionista. Fermo restando che andare oltre la superficie vuol dire attuare un'analisi dell'opera. Dare giudizi tecnici e basare su quelli la "bellezza" di un'opera è critica vecchia (e secondo me sterile). La soggettività del critico è importante e proprio per questo il critico vero deve avere strumenti che gli permettano l'analisi e l'andare più a fondo. Avere strumenti però non vuol dire prendere idee e parole di altri e utilizzarle come tesi di un'analisi che poi di personale non ha nulla ma utilizzare quegli strumenti per farsi un'opinione propria.

      Che poi io resto convinto che la critica cinematografica sia lontana anni luce (ahimè) da quella letteraria. Il miglior critico resta l'artista (non lo dico io, forse il primo a dirlo chiaro e tondo è stato Foscolo) proprio perché ha ben chiare determinate dinamiche. Sempre ahimè ormai il critico è, banalmente, colui che non sa fare e allora parla dei lavori altrui.

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    8. Certo che permetto, il fulcro trovo sia proprio questo, "avere strumenti che gli permettano l'analisi e l'andare più a fondo"

      Il miglior critico non credo sia l'artista, credo che non esista e basta! Utilizzando seriamente i proprio strumenti, partendo dal presupposto di averli, può solo servire a scremare la mediocrità, oltre, opinioni diverse che si scontrano come in una rissa da bar.
      Nadia Boulanger diceva che poteva distinguere e spiegare chiaramente perchè una composizione fosse brutta e perchè una fosse bella, ma di non poterlo fare e di non poter capire perchè una bella e una un capolavoro.

      Lo sport è per i dati certi, tagli il traguardo per primo? Hai vinto.
      L'anno prossimo vedremo.
      Per l'arte non esiste questo discorso.

      Tornando all'incipit, avere gli strumenti per poter esprimere un'opinione (tale resta) sensata e motivata è la cosa che spesso manca di fronte a una rete che ti permette di confrontarti con tutto. Non bisogna farlo allora? No no, non intendo questo, ben venga la passione, ma avere la consapevolezza che non si può arrivare al semplicistico: mi piace QUINDI è bello.

      Allo stesso modo concordo con te la disonestà del: non mi piace quindi brutto.


      Direi che è anche comoda l'obiezione di fronte la critica a qualcosa: tu sai fare di meglio? Sennò sta' zitto.
      E no, non saper fare e parlare dei lavori altrui è male solo se ogni tuo giudizio è avvelenato da questa incapacità, altrimenti è la norma.
      Se sono un esperto di canto lirico potrò benissimo giudicare un'esecuzione canora nonostante la mia raucedine congenita...

      Questo funziona male a volte perchè certa gente criticando (intendo qui con accezione negativa) qualcosa pensa di sollevarsi al di sopra, sminuire qualcos'altro con lo scopo di innalzare se stesso.
      Non funziona così.
      C'è al contrario chi ha sempre bisogno di ascoltare, leggere, vedere, solo le cose definite "migliori" per riconoscersi in esse, quasi sostituire le qualità del materiale che hai fra le mani a tu che semplicemente ne stai usufruendo.
      Non funziona nemmeno così.

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  4. (Un appunto, precisazione, per evitare incomprensioni: parlottando su non mi riferisco mai a te. Credo che quello che cerchi di fare, come hai scritto "Scavare nell'opera estrapolando, attraverso una PERSONALE chiave di lettura, il senso della stessa", sia qualcosa di differente, ed encomiabile.)

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