Southpaw (Antoine Fuqua, 2015)


Spesso sono intransigente. A volte sono superficiale. Capita che etichetti cose e persone. Nel senso che, se a pelle X non mi piace, è difficile farmi cambiare idea. Succede rare volte, rarissime, e ci possono essere delle ovvie eccezioni. 
Succede ad esempio con determinati registi: guardo un loro film e mi faccio immediatamente un'idea (negativa) delle loro capacità e anche se poi quel regista fa un film che mi piace, magari che diventa un mio cult assoluto, non riesco a cambiare idea su di lui. 
Forse però non è questo il vero problema: il vero problema è che spesso ho anche ragione e la cosa rafforza questo mio modo di fare. Prendiamo ad esempio Antoine Fuqua, che all'attivo ha due discreti film nella sua non breve carriera: a me continua a sembrare tra i più mediocri mestieranti del cinema hollywoodiano. E questo non perché, secondo me, Fuqua non sappia dirigere, ma perché il suo modo di fare cinema non mi piace, anzi, è sbagliato. Nessuno mi toglierà questo pensiero dalla testa, nessuno mi farà cambiare idea perché ogni suo film me lo conferma, compreso quel Training Day che per me è un cult assoluto o il discreto The Equalizer. Non è tanto la capacità tecnica, che a Fuqua non manca, ma la sostanza dei suoi film, così carichi, così patinati, così poco dinamici (parlo di dinamismo strutturale, non della trama). Parliamoci chiaro, ha diretto quella porcata di L'Ultima Alba, King Arthur e Shooter. Non c'è altro da dire.

Quando ho visto per la prima volta il trailer di Southpaw, mi sono pure esaltato. Quando ho capito fosse un film di Fuqua mi sono depresso. Quando ho cominciato a leggere le prime recensioni tiepidine e le prime stroncature non sono rimasto affatto sorpreso. Mi sorprendo quando Fuqua gira un buon film, non il contrario. Che poi questo Southpaw non è neanche brutto, non nella concezione de lammerda


Billy Hope è un pugile campione dei pesi medio-massimi, ha una bella casa, una bella moglie e una figlia che adora. Un giorno però, durante una lite con un pretendente al titolo, la moglie muore e Hope perde la testa, perde tutti i suoi soldi, perde la cintura e le viene tolta la figlia. Comincerà allora un percorso di rivalsa per riprendersi parte della sua vecchia vita.

Le storie di rivalsa sportiva e umana, i film che raccontano una discesa e una risalita non sono banali, sono classici. Spesso questa rivalsa avviene attraverso lo sport e il pugilato è lo sport che meglio si presta a tutto questo. Southpaw non è quindi un film banale per quel che racconta, ma per come lo racconta, Un collage di elementi presi di peso da altri film sul pugilato, da Rocky a The Million Dollar Baby, che pretende di andare al di là del film tutto ring e mazzate ma che si arena nell'incapacità di approfondire personaggi e situazioni se non con immagini retoriche. La sceneggiatura di Kurt Sutter, conosciuto per serie Tv come Sons of Anarchy e The Shield, prova a sviscerare i personaggi ma non ci riesce, i toni sono tutti esasperati e mancano le sfumature. Lo stesso Fuqua esaspera i toni delle scene, cerca la lacrima facile, calca la mano sui buoni sentimenti e la retorica. Il dolore del protagonista è di plastica, la sua caduta è sintetica e la rinascita artificiosa. Il film manca di dinamismo, tutto va come si sa che dovrà andare, la fotografia di Mauro Fiore è patinata e sempre uguale, non rimarca le scene, non si adatta ai momenti. 


Alla fin fine Southpaw inizia come Rocky 3, continua come Cinderella Man e copia spudoratamente The Million Dollar Baby: preda della depressione, dell'alcol e dei farmaci, Hope si ritrova senza figlia, con una moglie morta e senza soldi. Il suo allenatore, un farabutto, lo abbandona per seguire il rivale complice dell'omicidio e l'ex campione si ritrova ad allenarsi in una piccola palestra con l'allenatore Tick Wills, la fusione tra il personaggio di Clint Eastwood e Morgan Freeman. Comincia così il percorso di rivalsa dell'uomo, che termina proprio come ce lo si aspettava, senza colpi di scena, puntando su un'epicità gommosa pronta a suscitare emozioni facili che però non arrivano, tanto sono esagerati personaggi e situazioni. tanto sono tagliate con l'accetta le dinamiche. Non si capisce mai il perché delle cose, il perché dei cambiamenti, il perché delle decisioni. Tutto succede perché sì, il regista e lo sceneggiatore danno allo spettatore quel che si aspetta, quel che si cerca in un film del genere ma esagerano, mettono troppa roba, condiscono pesantemente la più semplice delle storie. Anche quando il terreno di gioco diventa il ring, non c'è nulla di veramente memorabile, le scene di boxe sono superficiali, si punta sul sentimento della lotta ma resta tutto artificiale, non si gode, non ci si esalta mai veramente, non ci si commuove sul serio. 


Quel che davvero resta in un film del genere è la conferma che l'attore protagonista, Jake Gyllenhaal, è forse il più grande della sua generazione. E' bravissimo, manda avanti la baracca e sovrasta gli altri personaggi che sì, sono scritti malissimo, ma non molto peggio del suo: di Rachel McAdams ci si libera troppo presto, Forest Whitaker è una macchietta banale e 50 Cent è... 50 Cent!
Al di là dei problemi in fase di scrittura, è proprio Antoine Fuqua a non saper dirigere gli attori, Gyllenhaal è esagerato, gigioneggia ma non è colpa sua, quel che di buono c'è in un film come Southpaw ce lo mette lui e si vede benissimo.

Non mi fraintendete però, Southpaw  non è affatto un brutto film. E' semplicemente mediocre. Un film che vuole essere figo, che vuole essere introspettivo e pretende di servire allo spettatore un buon piatto di combattimenti esaltanti. Ma è troppo costruito, è patinato e non osa neanche per sbaglio. Si lascia guardare per tutte le sue due ore e più ma alla fine è l'ennesimo film inutile di un regista sopravvalutato, non si capisce neanche bene il perché.


Commenti

  1. Ruffiano, scontato, già visto, con troppa carne al fuoco... Tanto gli rema a sfavore, ma a me è piaciuto lo stesso. Ha un grande cuore e un grande attore e queste storie di rivalse e seconda opportunità, soprattutto se così ben recitate, mi fanno puntualmente fesso.

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    1. Ti posso capire, però rimane il fatto che sia una presa in giro, io non ci ho visto grande cuore ma solo grande ruffianata. E parla uno che in un paio di momenti si è ritrovato con gli occhi lucidi durante la visione

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  2. antoine che vuol esser introspettivo, è una bellissima barzelletta (Y) Ciao!

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  3. La penso esattamente come Ink.
    Concordo con te rispetto a tutti i suoi difetti, eppure io l'ho trovato molto di pancia, e nel bene o nel male, sarà anche perchè sono padre, ha finito per emozionarmi molto.

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  4. Bah, per me tutto quel che c'è di buono è preso di peso da altri film. Poi io non sono padre e non so che effetto potrebbe avere in quel caso :)

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  5. A me non è dispiaciuto, sono rimasto un po' piú soddisfatto rispetto alle molte stroncature che ho letto. Emozionalmente il film fnziona eccome, soprattutto all'inizio e alla fine. Ma la parte centrale mi è sembrata molto.... Vuota...

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    1. Bah, ma nemmeno a me è dispiaciuto. Alla fine ci passi il tempo e qualche emozione preconfezionata te la da. Ma per me non è nemmeno bello

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  6. Boh... volevo vederlo ma, il mio odio per Fuqua insieme alle stroncature unanimi, mi hanno fatto perdere interesse.

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    1. Alla fine non è imprescindibile, magari gli dai un'occhiata in dvd

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