Senza inoltrarmi nella polemica
“fumetto italiano vivo / fumetto italiano morto” che già so non
porterebbe da nessuna parte (come non porta da nessuna parte parlare
della medesima cosa in campo cinematografico), posso dire brevemente cosa penso
del fumetto made in Italy: che bisogna supportarlo. Nei limiti delle
possibilità, soprattutto economiche, e dei gusti personali, il
fumetto italiano necessita non solo che qualcuno lo legga, ma
soprattutto di un turn over. Questo perché l'epoca d'oro Bonelli è
finita, perché chi leggeva prima Tex o Dylan Dog ora non lo fa più,
perché i lettori non vivono in eterno e quando quelli vecchi –
volenti o nolenti – smettono, ce n'è bisogno di nuovi.
Ora, noi italiani leggiamo poco e
questo non è un segreto. Leggiamo poco in generale, leggiamo meno di
quanto scriviamo. Inoltre quel poco che leggiamo lo leggiamo anche in
maniera diversa: se prima, ogni mattina, si andava a comprare il
quotidiano dal giornalaio per poi leggerlo davanti al caffè, oggi
per informarsi si usa internet, ci sono i social, si va sul sito del
quotidiano preferito dallo smart phone o su altri millemila siti web
e questo è uno dei motivi per cui le edicole sono in crisi. E qual è
il posto per eccellenza dove acquistare fumetti in Italia?
“Non ho altro da aggiungere vostro
onore!”. O meglio: traetene voi le conclusioni.
Ma torniamo all'argomento di inizio
post: bisogna supportare il fumetto italiano e l'unico modo per farlo
e comprarlo. Magari provare un po' di tutto. Poi criticare, bocciare,
promuovere. Fate un po' voi. Ma l'importante è dare un segnale.
Questo vale per la vecchia guardia ma, soprattutto, quando si parla
di nuove leve: se si vuole il turn over dei lettori, c'è bisogno
anche del turn over degli autori.
Bene, tutto questo discorso sta alla
base dei motivi per cui, recentemente, ho comprato e letto Paperi, di
Marco e Giulio Rincione, edito dalla Shockdom.
Paperi è un fumetto edito in tre
volumetti spillati usciti per il circuito di librerie e fumetterie.
Si tratta di tre racconti brevi a fumetti (legati tra loro) con protagonisti paperi
antropomorfi che ricordano i classici protagonisti del mondo Disney,
osservati però nella vita di tutti i giorni, dopo essersi levati la
maschera di allegria e spensieratezza che portano esclusivamente per
lavoro. Sì, perché Paperi parla del dietro le quinte di personaggi
inseriti in un mondo distopico dominato da crudeli e tirannici Topi
in cui l'unica cosa che possono fare è lavorare come attori. Un
papero per ogni capitolo, in quest'opera vengono affrontati temi seri
e importanti con toni molto cupi, addirittura dark, certamente non
leggeri.
Il primo, PaperUgo, è un breve
ritratto di un uomo depresso che non riesce più a trovare senso alla
propria esistenza e che sente rafforzarsi dentro di se un
insormontabile senso di inadeguatezza verso il prossimo.
Il secondo, PaperPaolo, ha come
argomento la violenza domestica e la frustrazione che porta un
individuo a cercar rivalsa sui più deboli, in questo caso donne e
bambini.
Il terzo, intitolato One, parla di quel
che un individuo può fare pur di assecondare la propria smania di
possesso e dell'accumulo che ha come unico fine... l'accumulo.
Questo fumetto, devo ammetterlo, mi ha
colpito prepotentemente. Non mi sarei mai aspettato una cattiveria e
una sofferenza di questi livelli. In Paperi vengono a galla tutte
quelle caratteristiche negative dell'essere umano che troppo spesso
accettiamo passivamente ma che portano poi ad episodi di cronache che
non possiamo non condannare, osservandoli dall'alto della nostra
presupposta superiorità morale/forza d'animo. I personaggi di
quest'opera sono più umani degli umani stessi, certamente
iperrealisti, quasi sempre estremizzati (ma non poi così tanto).
L'inserimento in un'ambientazione distopica fa il resto in questo
lavoro di orwelliana memoria. E perdonatemi il paragone azzardato (da
prendere con le pinze, ovviamente).
Se devo trovare un difetto, questo non
è certo nei bellissimi disegni: cupi, nervosi, assolutamente
funzionali alle emozioni che il fumetto vuole suscitare. Meno bene i
testi dell'esordiente Marco, che forse sono vittima
dell'inesperienza ma dimostrano un grandissimo potenziale.
Grazie ed in seguito ad un inaspettato
successo, recentemente la Shockdom ha raccolto questa “miniserie”
in un formato pornolusso cartonato, aggiungendo un prologo testuale
(un vero e proprio racconto) scritto da Marco Rincione e un epilogo a
fumetti scritto e disegnato da Giulio Rincione.
Insomma, se cercate qualcosa di buono
nel panorama italiano, qualcosa al di là dei soliti nomi noti,
qualcosa da supportare al suo esordio, visto e considerato il livello
(medio-altro, per me), Paperi è una di quelle opere da acquistare.
Poi decidetelo voi se il fumetto italiano è morto oppure no!
Non credo che il fumetto italiano sia morto, anzi, c'è una grande vitalità sia nell'underground che nel cosiddetto mainstream. Non credo neppure che il fumetto Bonelli sia morto o in crisi, anzi, c'è grande bisogno di fumetto popolare e la Bonelli sta cominciando a rinnovarsi, a volte con successo a volte meno, ma lo sforzo è a mio parere apprezzabilissimo!
RispondiEliminaMa nemmeno io lo creo, e infatti un'opera come questa ne è proprio la prova, secondo me... mentre per quanto riguarda il rinnovamento Bonelli: il vero problema sta in chi questo rinnovamento non lo vuole...
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