Annabelle 2: Creation (di David F. Sandberg, 2017)


INTRO

Annabelle è una bambola Raggedy Ann, appartenuta ad un'infermiera di nome Donna, che la ricevette in dono da sua madre come regalo per il ventottesimo compleanno. 
Donna viveva con Angie e le due cominciarono a notare cose strane legate alla bambola. Ad esempio che cambiava posizione da sola, oppure che lasciava bigliettini scritti con calligrafia infantile in giro per la casa. Quando però, una sera, le ragazze trovano la Raggedy Ann sporca di qualcosa che sembrava proprio essere sangue, si spaventarono e decisero di contattare un medium.

Nessuno, in realtà, da mai veramente ascolto ai medium. A meno che questi non promettano soldi o fortuna. Però Donna e Angie erano spaventate davvero e quando il medium raccontò loro che lo spirito di una bambina di nome Annabelle voleva entrare nella bambola per poter vivere con le due, queste mosse a compassione lo ascoltarono. Senza sapere che il medium interpellato era un ignorante di quelli assurdi. Perché, da che mondo e mondo, un fantasma non può possedere un oggetto inanimato. 

Passarono i giorni e non solo Annabelle continuò a muoversi e a fare casino in casa, ma divenne anche violenta, soprattutto con Lou, un amico delle ragazze che sovente si intratteneva da loro per la notte. Ancora più spaventati, i ragazzi decisero di rivolgersi questa volta al prete locale e fu quel prete a metterli in contatto con i coniugi Warren. I due demonologi, in breve, capirono bene di cosa si trattasse: nessuno spirito di una dolce frugoletta, nessuna possessione di una bambola, semplicemente uno spirito maligno che cercava un essere umano da possedere, prendendo in giro i presenti con la storia di Annabelle. Ed e Lorraine, a quel punto, presero in consegna la bambola e la portarono nel loro museo personale, dove ancora oggi è tenuta sotto controllo e le viene impedito di fare del male a chicchessia. 


L'ANNABELLE DI JAMES WAN

Ecco, grosso modo questi sono i fatti "reali" riguardanti la bambola Annabelle, gli stessi raccontati da Ed e Lorraine Warren di fronte una platea di studenti all'inizio del film The Conjuring, di James Wan, del 2013. Il film poi parlerà di tutt'altro, ma la bambola maledetta avrà in esso un piccolo ruolo (anche abbastanza intenso) divenendo a modo suo iconica. Siamo infatti nella seconda decade degli anni 2000 e già da una decina d'anni o più le "bambole assassine" facevano poca presa sul pubblico. Certo, la saga di Chucky ancora mieteva consensi al cinema, ma puntando solo su ironia e nostalgia. Annabelle invece è una bambola spaventosa, resa ancora più spaventosa da quello che probabilmente è il più grande regista horror "commerciale" dei nostri tempi. Perché Wan, nonostante dia al pubblico ciò che vuole, ovvero gli spaventi, è bravissimo soprattutto a perturbare: lo sguardo di Annabelle è perturbante. Annabelle che gira lentamente la testa è perturbante. Annabelle sulla sedia a dondolo è perturbante. Non è la storia della bambola a far paura, né la bambola in se. E' la funzione della bambola, quel che rappresenta, il suo ruolo archetipico. Annabelle, nelle mani di James Wan, divenne uno strumento non solo per spaventare, ma soprattutto per fare paura. Funzione che si perse però nel primo spin off della saga, ovvero il film Annabelle, del 2014.

ANNABELLE, LO SPIN OFF

Annabelle fu diretto da John R. Leonetti nel 2014, un anno dopo The Conjuring, per cavalcare l'onda alzata da Wan nel mondo del cinema horror di massa. L'industria sa sempre quel che vuole il proprio pubblico e, all'epoca, il pubblico voleva Wan. Quindi la New Line prese uno degli elementi più interessanti del film del malese e ci imbastì sopra una storia nuova di zecca. Poi diede la regia in mano ad un pupazzo chiedendogli di emulare il ben più talentuoso collega, col quale aveva già più volte collaborato in qualità di direttore della fotografia. 
Il risultato fu quel filmetto insulso di cui parlai qua qualche anno fa. 

Filmetto insulso che però fece guadagnare alla casa di produzione fior di dollaroni, e quindi eccoci qui, tre anni dopo, con un prequel che, a conti fatti, cerca quasi di correggere quanto di sbagliato c'era in quel primo spin off. 
Alla regia, questa volta, c'è un regista vero, David F. Sandberg, che qualcuno di voi ricorderà per Lights Out - Terrore nel buio, film che ha avuto poco da dire o da aggiungere ma che comunque aveva rivelato doti interessanti. 
E, in effetti, Annabelle 2: Creation si rivela un lavoro ben lontano dal suo predecessore. 


ANNABELLE 2: CREATION

Prequel dello spin off che, a suo modo, era stato un prequel del film "originale", The Conjuring.
Si torna quindi nel passato per scoprire le vere origini della bambola Annabelle, come indica il titolo stesso del film.
Quasi rendendosi conto di quanto la storia raccontata nel primo Annabelle non centrasse una fava con la "vera" storia della bambola, il noto (?) sceneggiatore Gary Dauberman sceglie di tornare sui propri passi e prova a riscrivere le origini del più inquietante giocattolo d'America. Solo che Dauberman non è evidentemente uno scrittore capace e ci propone una storia che, per quanto coerente, presenta incongruenze narrative e illogicità di fondo atte a collegarla con quella del suo predecessore/sequel, cercando di unificare così un universo narrativo in continua espansione (sono previsti due spin off del secondo The Conjuring, con almeno uno di essi direttamente collegato a questo). Perché gli universi narrativi piacciono, gli universi narrativi intrigano. Gli universi narrativi esaltano il pubblico. E ci riescono anche con me, lo ammetto. 

12 anni dopo la tragica morte della loro figlioletta, un produttore di bambole e sua moglie accolgono in casa una suora e alcune ragazze di un orfanotrofio distrutto. Una di queste bambine diventerà il bersaglio di un'entità apparentemente legata all'ultima delle creazioni del giocattolaio: la bambola Annabelle.


Annabelle 2: Creation funziona come funzionano tutti gli horror "commerciali" degli ultimi anni, ovvero preoccupandosi di spaventare lo spettatore piuttosto che di far lui paura. In fondo è questo quello che il pubblico vuole: spaventi un tanto al chilo da esorcizzare con una risata. Proprio per questo il film è costellato dai soliti jump scare, i soliti sbalzi di volume e da entrate in scena urlate, nella penombra di stanze buie. Per fortuna nostra però, non si tratta solo di questo. Sandberg è bravo e potrebbe, col tempo, diventare il degno erede di James Wan. Non imita il malese, non vuole essere la sua brutta copia. Semplicemente sa che per tenere lo spettatore costantemente col fiato sospeso deve non lasciarli respiro. Per far questo gli spaventi servono solo fino a un certo punto. Ripeto: lo spettatore esorcizzerà ognuno di essi con un urlo, una risata, una battuta fugace. Reazioni che annullano la tensione che, altrimenti, diventerebbe insostenibile. Serve allora sublimare la paura. Permettere a quest'ultima di serpeggiare impunemente per tutta la durata del film. Giocare con l'ambiente, con le inquadrature, con il sonoro. Con il non visto, perché mostrare il mostro lo depotenzia. L'immaginazione del pubblico deve colmare i vuoti lasciati - concessi - dal regista per far si che lo spettatore non abbassi mai la guardia. 


In Annabelle 2 accade esattamente questo: non sempre il mostro arriva, non sempre il fantasma si palesa. Ma tra un'apparizione e l'altra, tra un urlo e uno spavento, tra un "buuu" e fantasmi che corrono, c'è la tensione tenuta alta da un climax che non esplode mai veramente e non cala praticamente in nessuna scena. Anzi, di scene "morte" non ce ne sono. Non viene lasciato respiro, non viene concesso un attimo di relax, non c'è la benché minima ironia né ci sono momenti (forse solo un paio, abbastanza fugaci) introspettivi. In fondo non c'è nessuna poetica, nessuna lettura metatestuale da dare, si tratta di horror di consumo che funziona in quanto tale. E ne sarebbe venuto fuori un buon film se verso il finale, con il climax alle stelle, non si fosse caduti nella solite trappole dovute più alla sceneggiatura di Dauberman che alla regia, mostrando finalmente il mostro, mettendo in evidenza le dinamiche, cedendo allo spiegone. Per non parlare dell'incoerenza di alcune scelte narrative atte a giustificare il collegamento con il primo film, di cui eravamo riusciti a dimenticarci fino al finale.

Alla fine Annabelle 2: Creation non è un brutto film. Se si entra nel mood giusto si rimane sinceramente spaventati dalle attese, dai silenzi, dalle ombre e dalla spaventosa presenza scenica della bambola. Se ci si lascia colpire dal martellante incedere degli eventi, non si incorrerà nel sempreverde rischio di annoiarsi. Di sicuro un notevole salto in avanti confronto al film del 2014. Pensavo veramente peggio. Interessante visione estiva. 

Commenti

  1. Sai che io la regia di Leonetti non la trovai così rovinosa? Per me il male di Annabelle (ma anche quello dei The Conjuring) sta in Gary Dauberman. Dauberman sa di dover arrivare alla possessione demoniaca e parte con l'acceleratore, saltando completamente le fasi che apprezzo di più negli horror. Un po' come se L'Esorcista saltasse la statuetta, i rumori dalla soffitta e la pipì per terra partendo direttamente dal letto che sobbalza.

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    1. Per come la vedo io, Leonetti è un pupazzetto nelle mani della New Line in Annabelle. Perché gente come Wan o il qui presente Sandberg riescono a gestire, in parte, le inutili sciocchezze di Dauberman. Ma lui, ahimè, non è in grado: la produzione aveva bisogno di un emule di Wan, e chi meglio del suo storico direttore della fotografia e sgangherato regista?

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  2. Dovrei andarlo a vedere stasera. Ho scarse aspettative, ma tu me ne parli il bene il giusto. Mi rassicuri. :)

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    1. Devi entrare nel giusto mood per godertelo almeno in parte.... se ti va bene ti fare abbastanza paura :D

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