The Devil's Candy (di Sean Byrne, 2015)


The Devil's Candy è un film del 2015 che da noi sta arrivando soltanto quest'anno nelle sale. Ok, non è una novità, succede spesso ma a me fa girare la balle lo stesso, poi ci si lamenta della pirateria. Ma tralasciando i simpatici distributori italiani (e ringraziando Koch Media e Midnight Factory ancora una volta), definiamo cosa sia questo The Devil's Candy. 

Horror formato famiglia. Mi veniva in mente questa frase mentre lo guardavo. Non perché sia un film "per famiglie", questo no, è un horror e come tale mantiene tutte le caratteristiche del genere, ma per il semplice fatto che è "una famiglia" ad esserne protagonista. Qualcuno potebbe obiettare che di horror con famiglie come protagonista o antagonista ne è pieno il mondo, ma non centrerebbe il punto della questione: in The Devil's Candy c'è una FAMIGLIA, ovvero un gruppo di persone (madre, padre, figlia) che si comportano come tale. Certo, una famiglia particolare, ma assolutamente realistica, per nulla disfunzionale, assolutamente "sana". Il germe del male, che c'è e a cui verrà data la possibilità di germogliare, è al di fuori da questo nucleo. 


Gli Hellman si trasferiscono nella nuova casa trovata ad un prezzo stracciato essendo stato teatro di alcune morti. Eppure l'occasione è troppo ghiotta per il giovane padre Jesse, pittore nullatenente, sua moglie Astrid, che lavora e porta avanti la baracca, e la figlia adolescente Zooey, che condivide col padre un amore immenso per la musica metal.

Ah, ecco, il metal. Quasi me ne dimenticavo. Questo genere musicale é preponderante nel film. Oserei dire essenziale. Non ne è semplicemente colonna sonora, ne diventa addirittura personaggio protagonista.

Quindi: famiglia e metal, due cose non di così facile o immediata associazione. Cozzano anche un po' queste due parole, messe così vicino. Suonano strane. Eppure nel film funzionano alla grande. Perché la musica metal non è la musica del diavolo. Il diavolo preferisce le caramelle. 

Quindi il male c'è, come dicevo prima, con il suo germe chiuso nella testa di Ray Smilie (interpretato da un grande Pruitt Taylor Vince), un uomo grasso, grosso, claudicante ed inquietante come solo i freak sanno essere. Ma di certo non te lo immagini come antagonista, non in un film del genere. Eppure il male germoglia nei giardini che non ti aspetti e Ray, con i suoi occhi che si muovono veloci, i vestiti sporchi e la sua Gibson Flying V rossa, che suonata a tutto volume allontana i bisbigli del maligno, ne è sicuramente lo strumento. Quello pronto a compiere il lavoro sporco pur di farla stare zitta, quella voce malsana a canterina. Perché al diavolo piace cantare nelle orecchie di chi lo sa ascoltare, per stremare e assogettare o per persuadere e sedurre, alle volte, magari sottoforma di un importante gallerista. 


Gli ingredienti ci sono tutti, quindi: una casa forse infestata, un folle, una famiglia felice - con i suoi alti e bassi, ma felice - e il diavolo goloso. E la musica metal, non dimentichiamolo. Siamo in un film dell'orrore, quindi è ovvio che tutti questi elementi finiscano per intrecciarsi. Non vi spieghero né come né perchè per non fare spoiler. La cosa importante da sapere però è che il regista/sceneggiatore Sean Byrne, che tutti ricordano per The Loved Ones, il suo esordio del 2009, gioca con i chiché prendendo un possibile nuovo Amityville Horror e trasformandolo in qualcosa d'altro. Perché sì, tra sussurri nel buio, eventi sovrannaturali, premonizioni e serial killer, tutto sembrerebbe seguire gli ormai consoni binari del già visto. Eppure Byrne non ci sta e ci propone due linee narrative che si intersecano, scommettendo sulla famiglia e l'empatia che la lega a noi spettatori attraverso quello che diviene lentamente un family dramma, e su uno psicopatico su cui il nostro giudizio oscilla tra la pena (prima) e il disgusto (dopo) fino ad arrivare alla paura. 

Il regista è bravo, molto. Osa meno che nel suo precedente lavoro, ma sa come si fa paura, nonostante alcune cadute di stile (il caprone, la croce capovolta) e un finale in cui sembra perdersi, tra fiamme in CGI abbastanza ridicole e un concitazione che ho sempre trovato deleterea, nel tentativo di tirare le somme. Se c'è una cosa però che ho amato di questo film, beh, è l'utilizzo del sonoro.


Il sonoro signori. L'arma letale del cinema horror che nessuno sa più usare. Grazie al sonoro puoi far rizzare i capelli a chiunque inquadrando semplicemente una porta chiusa in penombra. Persino alla luce del sole. E non sto parlando di jump scare, di sbalzi improvvisi o esplosioni nel silenzio, maggior causa degli infaerti al cinema. Parlo proprio dell'utilizzo del suono capace di sublimare la paura. Di rendere reali le sensazioni, anche se appena accennate. Il sonoro di questo film, sommato all'abilità di Byrne dietro la macchina da presa, è stato capace di gelarmi il sangue e l'accoppiata con la colonna sonora vince a mani basse.

Quindi, tirando le somme, com'è The Devil's Candy? Un bel film con un brutto fnale. Forse, più che brutto, posticcio. Ma se vi piace l'horror (e il metal), guardarlo non sarebbe una cattiva idea. 

Commenti

  1. Un bel film con un finale da poco davvero, ho apprezzato l'uso del Metal non le solite robe sataniste ma il collante che lega padre e figlia. Si salva l'ottimo cattivo in tutona rossa impacciato ma terribile e anche se "The loved ones" era migliore, speriamo di non dover aspettare di nuovo un sacco prima del prossimo film di Sean Byrne. Cheers!

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    1. Speriamo sì, anche se io non sono un fa di The Loved Ones.

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  2. Bel filmone con colonna sonora terremotante! Ci voleva proprio!

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    1. Sperando che il regista non faccia passare ancora secoli.

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