Baby Driver (di Edgar Wright, 2017)


Considero Edgar Wright un romantico. E non sto parlando del movimento culturale sviluppatosi nel diciottesimo secolo in Germania, ma del più comune "sentimento d'amore". Anche se, a conti fatti, persino la prima definizione gli si addice. In tutti i suoi film si respira la necessità per i personaggi di liberarsi dalle catene che li vincolano ad una realtà che non accettano o dalla quale non vengono accettati. In effetti molti protagonisti dei film di Wright sono dei reietti, simpatici e cazzoni, ma pur sempre degli scarti sociali. Desiderio di libertà, quindi, vista come esigenza naturale dell'individuo. Che poi è il sentimento che muove il protagonista di Baby Driver.

"Baby", per pagare un debito, è costretto a mettere il proprio talento (e la propria passione) di pilota urbano al soldo di Doc, un colletto bianco del crimine. Le cose cambiano però quando incontra Deborah, una cameriera di cui si innamora e per cui vorrebbe iniziare a mettere "la testa a posto".


Dopo la "trilogia del cornetto", intramezzata dall'atipica esperienza cinecomics di Scott Pilgrim vs. the World (e da quella finita male con Ant-Man e il Multiuniverso Marvel), Edgar Wright dedica le proprie forze e il proprio talento ad un'atipica storia d'amore. O a un musical sui generis. Il tocco resta sempre quello, l'estetica anche, infondo il cinema di questo cineasta è sempre stato costruito sulla velocità e, nonostante ciò, è sempre riuscito a rivelarsi intimistico e riflessivo. Baby Driver, secondo me, è attualmente il suo film più rappresentativo, in cui convergono tutte le sue caratteristiche da autore e che ti porta a pensare che l'approccio ai suoi lavori sia una costante: quando guardi Wright ti sembra sempre di tornare a casa. Sarà per l'estetica pop retrò che guarda al passato senza mai divenirne schiavo o succube. O per la naturalezza con cui i personaggi ti vengono presentati e raccontati. Per come ogni elemento diviene parte di un tutto al punto da lasciarti credere che sia sempre stato lì, anche se noi non lo sapevamo. 

Baby Driver parte in quarta, nel vero senso della parola. Ti sbatte in faccia il suo protagonista e tu, mentre guardi (e ti esalti) sei lì, convinto si tratti di un vecchio amico che non vedevi da anni. Tutto il resto viene da se, scena dopo scena, attraverso la naturalezza di una tecnica talmente elevata da non essere mai appariscente. Ad esempio, il montaggio si adatta perfettamente alla colonna sonora. Sono davvero anima e corpo. La musica, in Baby Driver, non accompagna l'azione ma la dirige. Ne detta i tempi. 
La cosa bella, che mi è piaciuta tanto, è che questo avviene esclusivamente dal punto di vista del protagonista, che abbia il controllo o meno, che sia in fuga dopo una rapina (e che la fuga stia andando liscia o con qualche intoppo) o che stia andando a prendere il caffè. A dirla tutta, la colonna sonora arriva a divenire "mimesis". Parla attraverso le movenze del protagonista, diviene vibrazione che contagia lo spettatore. Io che non amo affatto i musical, lo considero ad ora il musical perfetto. Mi viene persino da credere che ancora una volta il regista abbia deciso di appropriarsi di un genere e di giocare con le sue caratteristiche. 


Però, come ho detto, Edgar Wright è un romantico. La sua è una storia d'amore carica di romanticismo. Quello puro e crudo. A volte spatter, certamente violento. Ce lo vedrei bene a dirigere una nuova versione di Romeo e Giulietta. Fatto sta che Baby Driver ti arriva al cuore, è in grado di farti tornare adolescente, di farti sentire quel formicolio che invade lo stomaco. O, almeno, questo è l'effetto che ha avuto su di me. E' vero, ad un tratto il parapiglia in cui cade e il continuo reiterare la situazione forse rovina l'atmosfera. E' vero, di fondo la caratterizzazione dei personaggi cede al cliché (soprattutto con Doc, interpretato dal solito Kevin Spacey). Ma a me sembra chiaro: è tutto voluto. Non puoi vedere, ad esempio, un personaggio come Pazzo e non pensare che sia volutamente derivativo. Romanticismo pop retrò signori. E' così e basta. Il fatto è che se non tornate un po' ragazzini (metaforicamente, vista la violenza di alcune scene) guardando Baby Driver - Il Genio della Fuga (grazie distributori italiani) allora non ve lo godrete mai. Io me lo sono goduto e arrivato ai titoli di coda ero un bimbo felice. Grazie Edgar, al prossimo film. 

Commenti

  1. Un pelo sotto la trilogia del cornetto, ma sai che ti dico, chissene, me lo sono goduto un casino, perchè ha gli inseguimenti si, ma perché è un film che tutti i fanatici di musica non possono non amare, se non esci di casa con la canzone giusta, questo film è il tuo. Condivido il tuo ottimo pezzo e la tua gioia a fine visione ;-) Cheers

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    1. Qui la musica è proprio protagonista. Non è solo un personaggio, ma è in simbiosi col film. Stupendo

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  2. Edgar Wright è tornato... E spero che non se ne vada più!

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    1. Girasse un film come questo all'anno, io sarei contentissimo!

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  3. Un film che è una colonna sonora, e che dalla visione gira nelle mie cuffiette. E quel romanticismo, sì, è quello che più mi piace nelle storie di Wright.

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    1. E' quel romanticismo che secondo me ti fa ricordare perché ami il cinema. Io ero letteralmente rapito.

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  4. non ci sono diventata matta, ma l'ho visto volentieri, e tutto sommato mi è pure piaciuto... non si trattava di un capolavoro, ma si lasciava indiscutibilmente guardare
    ottima la scelta del cast, decisamente convincente

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    1. Io ci ho lasciato un pezzo di cuore. E pure volentieri.

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  5. Voglio molto molto bene a Wright, e sono tristissimo per essermelo perso al cinema :(

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    1. Se vivessimo in un mondo giusto, questo diventerebbe un cult. Ma viviamo in un mondo ingiusto

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