Halloween, La notte delle Streghe (di J. Carpenter, 1978)


Andare al cinema. Un atto pratico per chi la settima arte la ama. Un atto d'amore. Andare al cinema è come andare a trovare un amico per il puro gusto di vederlo: non si tratta soltanto di guardare un film, ma di tutto il resto: assaporare l'atmosfera del buio infranto dalla luce dello schermo, i sussurri, i sussulti. Sprofondare in un sedile e perdersi in un mondo che in quel momento ci appartiene, anche se solo per un po'.
Per un appassionato di horror, però, spesso andare al cinema può essere un atto rischioso e persino spiacevole. Può essere paragonato all'andare a casa di un amico solo per ritrovarsi davanti ad un estraneo. La colpa è di tanti inutili remake, di tanti registi sciocchi, di produzioni a caccia di soldi facili e di tanti teen horror che ormai non fanno più paura nemmeno ai teen.
Per questo (e per tanti altri motivi) a volte sento di essere nato nel momento (storico) sbagliato.
Faccio un esempio banale: era il lontano 1978 quando John Carpenter scrisse e diresse Halloween (distribuito in Italia con il titolo Halloween, La notte delle Streghe), uno dei capostipiti del genere slasher e sicuramente un capolavoro indiscusso del genere horror.

Adesso pensate: quanto bello sarebbe stato vedere un film come questo, per la prima volta, immerso nella semi oscurità di una sala?

31 Ottobre 1948. Il piccolo Michael Myers uccide con un coltello da cucina sua sorella maggiore, baby-sitter, mentre i genitori sono fuori a cena.
Dichiarato incapace di intendere e di volere, Michael viene scortato in un istituto psichiatrico di massima sicurezza, dove rimarrà rinchiuso per ben quindici anni.
1963. Michael Myers evade dall'istituto il giorno della vigilia di Ognissanti e si dirige verso Haddonfield, sua città natale. Il dottor Samuel Loomis, che l'ha tenuto in cura, si mette sulle sue tracce, presagendo un bagno di sangue che sembrerebbe avere come obbiettivo finale Laurie Strode, ragazza acqua e sapone e inspiegabilmente vittima designata del killer.



E' difficile scrivere qualcosa su un film di Carpenter perchè il vecchio John non è un regista qualunque, ma l'unico e vero indiscusso maestro dell'horror. A dimostrarlo c'è il fatto che abbia girato un capolavoro con un budget di soli 325.000 dollari e in circa venti giorni, apportando vere e proprie innovazioni al genere

L'elemento più originale di Halloween è sicuramente la caratterizzazione del cattivo: Michael non è il classico killer omicida visto in tanti altri film prima di questo. Myers, filosoficamente, è un personaggio nuovo, lontano anni luce dai suoi predecessori e rimasto ineguagliato, nonostante l'età, dai suoi successori ed eredi.
Eppure un antenato di Michael c'è, anche se non lo troveremo nella cinematografia di nessun regista, e si chiama Edward Hyde, creato dalla penna di Robert L. Stevenson e coprotagonista del famoso Lo Strano Caso del Dr. Jeckyll e di Mr. Hyde, del 1886.

Mr. Hyde è il male puro, primitivo, un essere privo di pregiudizi religiosi, ideologici e morali. E' il male come lo si ritroverebbe in natura, in assenza di convenzioni ed etica. E' il selvaggio, l'ancestrale, l'istintivo.
Più vicino alla scimmia che all'uomo, le sue azioni sono determinate dai bisogni e non dalla ragione, mentre si avventura alla scoperta del mondo come farebbe un bambino.
E' insomma un elemento dicotomico rispetto alla società borghese (rappresentata dal dottor Jeckyll) che lo ha generato. Il bene, rapportato a lui, diviene sforzo retorico e artefatto, basato su convenzioni che limitano l'agire a favore del pensare.

Ad un certo punto del film, il dottor Loomis definisce Michael "il male".
In effetti noi vediamo The Shape ("l'ombra", come viene definito Myers nei credit del film) comportarsi come un automa, rispondere ai bisogni con azioni e agli stimoli con reazioni. Ha l'istinto del predatore naturale, non del macellaio psicopatico.
Proprio come il protagonista del romanzo di Stevenson, si comporta a volte come un animale, altre come un bambino alla scoperta del mondo. La sua violenza è fisica, incontrollabile, e lui è una forza della natura.
E' implacabile perché non conosce morale, rimorso o dubbio. Se, inoltre, l'Hyde stevensoniano aveva la particolarità di non poter essere descritto, quello carpenteriano indossa una maschera bianca senza lineamenti che ha l'effetto di celare quelli del suo alter ego (Michael, appunto).
Non c'è altro modo all'infuori di questo, in fondo, per rappresentare il male, che non ha forma e non ha faccia, ma che si muove silenzioso, ombra tra le ombre, indefinibile se non per i suoi effetti e invincibile perché inconsistente.


Nonostante Myers sia il protagonista del film è comunque un antieroe, un personaggio malvagio a cui si deve contrapporre, come in ogni slasher che si rispetti, un personaggio positivo. Il dottor Loomis ne possiede le caratteristiche intellettive e morali.
Lui rappresenta la ragione, la scienza ed è l'unico a comprendere la verità sulla natura del "mostro". Non è ben chiaro se la scelta di contrapporsi a Michael nasca dal senso di colpa o dalla consapevolezza di essere l'unico a poterlo fermare. Nonostante i suoi sforzi, alla fine, dovrà soccombere contro due nemici per lui troppo forti: l'incredulità e l'ineluttabilità del male.

Terzo personaggio fondamentale è la "donzella" in pericolo: Laurie Strode (interpretata dall'allora sconosciuta Jamie Lee Curtis) ovvero la final girl.
Laurie è un personaggio innocente e inconsapevole, la baby-sitter - tipico simbolo di candore americano. Salta subito all'occhio il parallelismo tra lei e una parte del passato di Michael: sua sorella, la sua prima vittima, che faceva proprio la baby-sitter in quella notte fatale di tanti anni prima.
Se però la sorella di Myers era lasciva (fa o ha fatto sesso con il suo ragazzo) e l'omicidio sembra quasi esorcizzarla dai propri vizi, Laurie è invece una brava ragazza, pudica (o almeno più pudica degli altri), non ancora completamente corrotta dalla realtà borghese/americana.
Innocenza e inconsapevolezza non sono però le stesse qualità dei suoi amici, personaggi di contorno dediti ai vizi e alla lussuria. Su di loro, ritratto della tipica provincia americana, si abbatterà "l'Ombra della Strega".
Se loro sono il simbolo di quella società che cerca di nascondere il proprio lato oscuro dietro una parvenza di pace e rispettabilità, Michael ne è il doppelganger, il lato primitivo e inesorabile che non potrà mai essere estirpato.

Oltre ad essere un'interessante introspezione sul male, "Halloween" è soprattutto esempio di cinema e meta-cinema. Riflessione sicuramente non nuova (vedere "L'occhio che Uccide", di Michael Powel) sull'essenza voyeuristica che è parte fondamentale della macchina cinematografica, nonché critica e (in parte) auto assoluzione tra le più lucide e inusuali.
Michael Myers incarna la macchina da presa. Lo dimostrano le numerose sequenze in soggettiva che convergono con lo sguardo del personaggio. Lo sguardo della telecamera curiosa lì dove non dovrebbe e osserva senza ombra di compiacimento o giudizio, per poi riversare tutto negli occhi assetati dello spettatore, soddisfacendo il suo bisogno voyeuristico e annullando ogni possibile senso di colpa, tutto questo attraverso occhi pronti allo scoperta, infantili e "nuovi", quelli di Michael che scivolano sulle case e i personaggi, freddi ma curiosi, come quando con un sol colpo inchioda un ragazzo al muro con il coltello per poi osservarlo nello stesso modo in cui un bambino osserverebbe un animale morto.
Causa effetto, in un analisi impietosa dei processi cinematografici che riflettono quelli naturali.
La maschera priva di lineamenti si trasfigura in una lente priva di espressioni, che penetra le apparenze e manifesta la capacità quasi sovrannaturale di riprodurre, dando vita alle immagini che cattura.



Carpenter opera una commistione tra horror e thriller, mantenendo alta la tensione grazie ad un uso sapiente dei tempi, fino al finale concitato e rocambolesco. Impreziosisce tutto con giochi di luci ed ombre e sparge citazioni qua e là (La Cosa da un altro mondo di Howard Hawks, suo regista preferito e punto di riferimento, Il Pianeta Proibito di Fred McLeod Wilcox, Psycho di Hitchcock).
A elevare tutto le psichedeliche musiche - di Carpenter, che oltre ad essere un regista coi fiocchi è un grande musicista - tra cui spicca una melodia in 5/4 suonata al pianoforte, capace di incutere ansia e che ben accompagna le gesta di questo boogeyman inarrestabile (interpretato da Nick Castle, amico di Carpenter fin dall'università) che con passo lento ma inesorabile si insinua nel calore del focolare domestico.

Ovviamente non ho nessuna intenzione di nominare i seguiti, che via via hanno inflazionato un personaggio sui generi trasformandolo in uno sciocco bambolotto. Ma, in fondo, di Halloween ce n'è uno solo. Meno male.




Trovate questa recensione in versione più completa e approfondita sul sito www.filmscoop.it

Commenti

  1. un vero e proprio mini saggio su una delle figure di punta e classiche del cinema fantastico e non solo.
    Mi sa che rinuncio a scrivere la mia di recensione,(che si basa sullla rivalutazione di questi tipi di assassini in qualità di lungimiranti critici alla erotizzazione forzata e imposta della nostra società)

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  2. Vabbè...
    ma io adesso che devo fare? cioè, io ti adotto per davvero e ti compro tutta la discografia in vinile antico di Coltrane, pure col grammofono, dopo che mi hai scritto questa cosa meravigliosa sul mio John e su un film che mi fa impazzire ogni volta che lo vedo.
    Mi inchino, davvero. Non so che altro dire, hai già detto tutto tu.

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  3. @babordo76: mannò non rinunciare e scrivila, così poi ne possiamo discutere. Alla fine su questo film c'è tanto da dire e io ho analizzato solo un aspetto. Mi piacerebbe poter scoprire nuove sfumature e punti di vista. Grazie del commento.

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  4. @ilgiornodeglizombi: sì, però non vale farmi diventare rosso ;P e scommetto che tu avresti da dire molto altro su sto filmone. Per il resto, quando sono pronte le carte?

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  5. Sì sì sì, le pratiche sono a buon punto e il grammofono è già qui pronto...
    Io per Halloween ho in mente un post comparativo col ciofecone di Rob Zombi, ma non dirlo a nessuno, eh?

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  6. @ilgiornodeglizombi: non lo dire a nessuno, ma ho già pronta la recensione della ciofecona di Zombie

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  7. l'ho scritta ,la recensione
    Vabbè con l'andar e venire dei clienti ho scritto alcune cose e dimenticate altre
    E poi oggi uno pensa di essere un re del genere horror perchè gira hAtchet!

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  8. Ma sai che credo di non averlo mai visto?
    Sicuramente ho guardato il remake, che non mi era dispiaciuto, e il secondo capitolo della serie originale, ma non è il genere di horror che mi entusiasma....

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  9. @babordo76: aspetterò di leggerla allora, così poi ne discutiamo.

    @babol: dovresti vederlo, anche a distanza di anni mantiene intatto tutto il suo fascino.

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  10. l'ho scritta!
    tanto poi riciclerò in altri post le idee che ho scartato!

    aspetto il tuo commento e buon natale!

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  11. @babordo76: ho commentato da te. Buon natale

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