Il Cigno Nero (di D. Aronofsky, 2011)


Primo fatto: ci sono autori che vivono di ossessioni.
Secondo fatto: non tutti gli artisti, per quanto bravi, riescono a rappresentare il proprio mondo interiore. A tirarlo fuori e a trasmetterlo con lucida consapevolezza.
Terzo fatto: la differenza tra dentro e fuori, bene/male, bianco e nero, non sempre è netta e definita.

Cose banali, cose che non servirebbe ripetere. Eppure potremmo definire questi tre "fatti" punti di partenza essenziali per parlare del film di oggi: Il Cigno Nero (Black Swan) di Darren Aronofsky.

New York: il regista teatrale Thomas Leroy sta allestendo con la propria compagnia Il Lago dei Cigni. Ha deciso di sostituire la prima ballerina Beth con Nina, una giovane promettente che sogna da tutta una vita il ruolo del cigno bianco. Nina però entra in competizione con unì'altra ballerina, Lily. La lotta per il ruolo più importante si trasformerà ben presto in un precipitare nel lato oscuro che tutti portiamo dentro.

Quando si tratta di ossessioni, Aronofsky è sicuramente in prima fila. Lo ha dimostrato fin da subito con l'ottimo esordio Pi Greco, Il teorema del delirio e l'ha confermato con il resto della sua produzione. Decisamente sopra le righe, spesso in bilico tra Lynch e Cronenberg, ma dotato di una geniale originalità che gli ha consentito di scalare le classifiche di gradimento cinefile. Parliamoci chiaro: per me lui è uno dei migliori cineasti in circolazione. 
Il Cigno Nero è l'ultima sua fatica, datata 2011. Forse un film che strizza troppo l'occhio al grande pubblico ma comunque opera interessante, colma di spunti e perfettamente in linea con quanto sfornato fino ad ora dal regista ebreo.


Questo film penetra nelle interiore del personaggio che racconta, viaggio nella mente (e nel corpo) di una donna a metà strada tra una bambina e un'adulta: la bambina è lei, l'adulta è sua madre.
Nina infatti vive ancora con la mamma, soggiogata da un rapporto ossessivo/simbiotico che la priva di tutte le libertà dovute a un essere umano, la prima fra tutte quella di crescere. Un rapporto che imprigiona la ragazza, la stritola e la ferisce, proprio come fanno le scarpine con i piedi delle ballerine. Nina si rispecchia nell'immagine distorta che il genitore riflette, rappresentazione di perfezione e solidità, di mondo adulto fatto di calcolo e ordine. Questa visione si riversa nel modo di ballare della protagonista: freddo, calcolato, perfetto ma privo di qualunque trasporto emotivo.

Da qui parte lo scontro con l'amica/rivale Lily - interpretata da una sensuale Mila Kunis che rischia di rubare la scena alla protagonista. 

Lily è tutto quello che Nina non è: istinto, passione, dolore, erotismo. L'altra faccia della moneta, la perfezione che cede il passo alla bellazza del difetto, il tutù che si sporca di sangue e di sesso, il sudore che ci inzacchera la pelle. Se la protagonista è la donna prima del peccato originale, l'antagonista è l'Eva che ha mangiato la mela e si dimena danzando e gemendo tra la polvere del peccato. Yin e Yang.
L'incontro tra le due porterà la prima ad una lotta interiore che metterà in luce il proprio incoerente contrasto tra desiderio e purezza: Nina vuole ma non ha il coraggio, è bambina ma desidera diventare adulta, senza avere la forza di farlo. La mela è lì che l'aspetta ma lei ha paura di coglierla. Tutto quello che è istinto e desiderio rimane soffocato dalla perfezione del suo corpo virginale, fa a gara per venir fuori e rivelare la propria natura. Perchè per Aronofsky la mente agisce sul corpo, trasformandolo e mutandolo: come tutto il cinema del regista anche questo film è pervaso da un senso religioso di trasfigurazione, dall'umana tendenza all'assoluto. 


La protagonista di Black Swan non è molto distante dal protagonista di quello che forse è il capolavoro del regista, The Wrestler: accettare se stessi per quello che si è, nell'imperfezione della propria esistenza, è un percorso doloroso e crudele, che può portare alla pazzia e persino alla morte. 

Come per Randy "The Ram" Robinson, tale processo trova il suo punto di partenza nel subconscio e poi si manifesta esteriormente. Ma se per il personaggio interpretato da Rourke la spinta vitale e eversiva era data da quel palcoscenico violento che è il ring, quello della perfetta e bellissima Natalie Portman è il suo stesso corpo, sconosciuto e negato al tempo stesso. L'erotismo e il sesso diventano quindi spinta verso la concreta percezione di se, annullamento delle catene che la tengono legata ad una errata percezione del mondo e che daranno il via a dinamiche che la porteranno alla perfezione violenta e istintiva del sublime artistico.

Sullo sfondo rimane il personaggio di Thomas Leroy, il diavolo tentatore, così lontano dall'immaginario collettivo che guarda al mondo della danza e del balletto. Interpretato da un Cassel che definirei perfetto, è colui che porge la mela a Nina, che quasi la plagia e la tenta insinuandosi nel suo subconscio, luciferino e sensuale. Sarà lui a portare alla luce le contraddizioni della ragazza, a portare a galla le ossessioni che la divorano. Come va a finire non ve lo racconto, dovrete scoprirlo guardando il film, se ancora non lo avete visto.


Il Cigno Nero è però anche una riflessione sul mondo dello spettacolo, come lo è stata The Wrestler. Un ambiente che ti divora e ti sputa via quando non ha più niente da toglierti, che ti porta via tutto se non sei abbastanza forte da resistergli. Quasi autobiografico nell'analizzare un mondo fatto di invidie e paure (quella di fallire, quella di non essere all'altezza), è uno schiaffo agli ostacoli e alle slealtà vissute dal regista durante una carriera quasi atipica di autore saldamente ancorato ai propri temi e al proprio modo di concepire il cinema.

Racconto di formazione, lente di ingrandimento sul processo di crescita di un individuo, Black Swan è un parto, un vero e proprio atto creativo. Aronofsky, coadiuvato da un cast eccezionale, non lascia nulla all'immaginazione ma mostra con grande forza visionaria il perdersi e l'elevarsi di una mente e di un corpo. Il risultato è un film che ha grandi debiti con molti capolavori (da Repulsion a L'Inquilino del Terzo Piano, da La Donna che Visse due Volte a Inland Empire), che forse strizza l'occhio al grande pubblico ma dalla forza emotiva devastante. Un'opera d'arte, questo è sicuro. 
Non tutti gli artisti, per quanto bravi, riescono a rappresentare il proprio mondo interiore. A tirarlo fuori e a trasmetterlo con lucida consapevolezza. Aronofsky, che vive di ossessioni, ci è riusciuto anche in quello che di certo non è il suo capolavoro. Solo per questo meriterebbe un'applauso. 


Commenti

  1. Bella recensione, palesemente e dichiaratamente sentita. Non sono d'accordo tuttavia fino in fondo con gli elogi, essendo a mio avviso un film indubbiamente riuscito ma al termine non così forte. Ma questo è un aspetto più soggettivo che altro.

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  2. COme ho scritto credo che strizzi l'occhio al pubblico eppure non rinuncia alla sincerità del cinema del regista. Credo sia quasi un compromesso e proprio per questo non è e non può essere il miglior film del regista (per me non rientra nemmeno tra i primi tre, a dire il vero). Però ha quel qualcosa che mi ha colpito, che mi ha fatto capire che era un altro colpo messo a segno.

    Auguri Elio ;)

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  3. per me è questo il capolavoro di aronofsky, di certo non the wrestler che per quanto ottimo è di sicuro il film meno suo e a livello registico mi sembra si sia trattenuto molto...

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  4. Ecco. Per una volta (anche se ti lovvo sempre) non siamo d'accordo. Per me questo è il capolavoro di Darren (io lo chiamo per nome perché siamo molto amiconi) e lo è proprio perché è un perfetto ritratto delle ossessioni del regista, ma contemporaneamente, riesce anche a comunicare col grande pubblico. E allora è un mezzo miracolo...

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  5. @Marco Goi: ragionandoci, secondo me, The Wrestler è il film più personale del regista. Anzi, credo sia esattamente il film che rappresenta il regista, che lo racconta e che spiega quel che è successo nella sua carriera fino a The Fountain. Black Swan lo vedo quasi come il film della consapevolezza. Anche se sembra vada in conflitto con quello che ho scritto ne questo ne The Wrestler sono per me i film più riusciti di Aronofsky.

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  6. @ilgiornodeglizombi: ecco, lo ripeto, per me ne questo ne the wrestler (che secondo me è dal punto di vista critico il capolavoro di Darren) sono i capolavori del regista. The Wrestler è secondo me il suo film simbiotico, Black Swan quello con cui dopo il successo di The Wrestler la manda a dire a tutti. Eppure il suo vero capolavoro è lì e so che molti, leggendolo, storceranno il naso: The Fountain. Può essere il film meno riuscito e il più "New Age" (che poi è il più religioso e la new age non c'entra un fico secco), ma non ho mai trovato tanto sentimento in un opera d'arte. Come dici tu Il Cigno Nero unisce arte e comunicazione ma secondo me non affonda il colpo, pur avendo girato un film bellissimo. Con L'albero della vita l'ha fatto e si è beccato botte da critica e pubblico e io per questo lo amo alla follia.

    Nella mia personale classifica:

    The Fountain
    Requiem for a Dream
    Pi Greco
    Black Swan
    The Wrestler

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  7. Ma io adoro The Fountain, e sono d'accordo con te quando dici che non è stato capito a fondo e soprattutto con la New Age non ci azzecca nulla. New Age=caccapupù, figurati se Darren si mischia a quella roba. C'è un fortissimo senso religioso, è vero, ma non mi disturba per niente, anzi...
    Però, se devo considerare tutti gli aspetti della sua carriera, Black Swan mi sembra il suo prodotto più maturo e consapevole, il più compiuto, sicuramente.

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  8. E' proprio definire il film "il più compiuto" che non me lo fa considerare il capolavoro di Aronofsky. Perchè per tutta la sua carriera è come se Darren ci dicesse quanto è distruttiva la tendenza alla perfezione, quando il percorso che tende all'assoluto sia interessante, non l'assoluto stesso.

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