Requiem for a Dream (di D. Aronofsky, 2000)


Oggi, visto che mi è stato riportato alla mente (anche se la colonna sonora di questo film è sempre nello stereo della mia auto), vorrei parlare di una perla di uno di più grandi cineasti di questa generazione, Darren Aronofsky. Il film in questione è Requiem for a Dream.

“I sogni son desideri/ chiusi in fondo al cuor/ nel sonno ci sembran veri/ e tutto ci parla d'amor/ se credi chissà che un giorno/ non giunga la felicità...”

Cantava così Cenerentola, nell'omonimo film della Disney. La stessa Cenerentola che, a fine cartone, ribaltava la propria iniziale situazione di svantaggio, realizzando i propri sogni e i propri desideri nel più classico dei “the end”. E vissero tutti felici e contenti, ma si sa, è sempre cosi che va a finire nelle fiabe.

Non è così però che finisce nella realtà, soprattutto se si tratta di una realtà che svilisce i sogni e in cui i desideri non si avverano (quasi) mai, rimanendo per sempre tali.

Questo ce lo spiega il buon Aronosfky nel suo crudo ma glamour lungometraggio datato 2000, il secondo dopo il fatalmente bello (e astratto) Pi Greco - Il teorema del delirio

Un vero e proprio requiem che si estende a tutta una cultura, la morte di un sogno americano ormai privo di senso, lontano dai bisogni e dalle speranze di chi aveva sperato di viverlo.


La vita di quattro persone si intreccia e si avvia verso una drammatica fine: Sara (una Ellen Burstyn da oscar) è una vedova teledipendente ossessionata dal proprio peso. Harry (Jared Leto), il figlio di Sara, è un tossico che decide di entrare nel traffico di stupefacenti assieme al suo migliore amico Tyrone (Marlon Wayans). Marion (la bellissima Jennifer Connelly) è la ragazza di Harry che tra una dose e l'altra sogna la fama.


Tratto dal racconto omonimo di Hubert Selby Jr., qui anche co-sceneggiatore, Requiem for a Dream è un calcio nello stomaco dal vestito buono, uno schiaffo guantato sotto cui si nasconde sporcizia e cattiveria.

Il film ci viene presentato con una struttura in tre atti, riconducibili alle tre stagioni (estate, autunno, inverno) e, metaforicamente, a tre momenti della vita dei protagonisti: ascesa, caduta e morte (figurata). Manca la primavera, la mezza stagione, quella della speranza e della rinascita.

Il tutto è preceduto da un prologo tra i più belli dell'ultima decade, accompagnato dai titoli di testa e dalle note inconfondibili della musica di Clint Massell, in cui Aronosfky non fa altro che mettere in evidenza i veri protagonisti della messa che si prepara a celebrare, “televisione”, “droga” e “soldi”, strumenti di controllo delle masse, sorta di rifugio da una realtà “sbagliata".


Requiem for a Dream è un viaggio o forse, addirittura, una fuga: i suoi protagonisti rifuggono una realtà fatta di squallore e degrado alla ricerca della loro isola felice, quel luogo che non c'è dove poter affermare la propria individualità, sfuggendo ad un processo di omologazione caratterizzato dalla routine quotidiana: un ripetersi di azioni scandito da un montaggio serrato che non lascia scampo.

Sia Sara che Harry e i suoi amici (ah, messaggio per Jennifer Connelly: io ti amo, sei la mia donna ideale), per non annegare nel loro mondo fatto di delusioni e ossessioni, sono divenute vittime di una droga: per i ragazzi l'eroina, per la vedova la televisione e il cibo. La dipendenza però non porterà sollievo ma scaraventerà tutti e quattro in un incubo, un vortice di dolore e umiliazione da cui risalire è impossibile. 
Il grigiore che li attanaglia (pronto a trasformarsi in un nero pece) viene già fatto intuire dal bellissimo piano sequenza iniziale in cui Harry e Tyrone trasportano per le strade di Coney Island (New York) il televisore di Sara, da vendere ad un rigattiere per potersi comprare la droga. Via via che i minuti passano, il cemento di una città persa nel desolato (non)mondo di Aronofsky prende il sopravvento, trascinando lo spettatore in una street tragedy annichilente e dolorosa.

 
A suo modo, raccontando un dramma comune grazie al suo iperealismo, la pellicola mostra l'orrore metropolitano delle speranze perdute (l'autunno). Ogni sequenza è un susseguirsi di desolazione, non esiste amore ma solo un meccanico susseguirsi di vacuità alimentato da valori travianti e corrotti. Eppure il vero nemico di questi personaggi (a cui lo spettatore finisce inevitabilmente per voler bene) si trova già dentro di loro: vittime di un male sociale, i nostri protagonisti diventano partecipanti di un gioco autodistruttivo, costantemente alla ricerca di scorciatoie che si riveleranno, alla fine, vicoli bui che condurranno allo straziante finale.

Requeim for a Dream è un film vero, che smorza i propri toni cupi dosando grottesco e surreale. 
E' una favola cattiva, è un calcio nelle palle. E' arte, bellissima. Tutto il resto sono solo sciocchezze intellettuali.

Commenti

  1. "E' una favola cattiva, è un calcio nelle palle. E' arte, bellissima. Tutto il resto sono solo sciocchezze intellettuali"

    E io che devo aggiungere?

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  2. che Aronofsky siede alla destra del padre?

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  3. Che carini Carpenter e Aronofsky seduti uno accanto all' altro

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  4. Frankino da bravo spostati che su Jenny C. c'ero PRIMA IO!!!

    E' la mia donna ideale da 20 anni abbondanti.Anche dopo che l'ho sentita ad Inside the Actors Studio e ho compreso quanto fosse deficente.

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    Risposte
    1. Ok, dai, te la cedo in amicizia... per me forse è un po' stagionata :P

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    2. AHAH..sisi...stagionata, un cessaccio:
      http://25.media.tumblr.com/4fb6fcd62a6e7fdeb45be3d6cb0189e3/tumblr_mk0qoqVpWr1qgjwy2o1_1280.jpg

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    3. ehi, sto solo cercando una scusa per lasciartela :P

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