Control (di A. Corbijn, 2007)


"Spesso il male di vivere ho incontrato", scrisse Eugenio Montale negli Ossi di Seppia. Era il 1925. 
Era il 1977, invece, quando nacquero i Joy Division, capitanati dal frontman Ian Curtis, che del male di vivere fece uno stile. 

"When routine bites hard,
And ambitions are low,
And resentment rides high,
But emotions won't grow,
And we're changing our ways,
Taking different roads."


Il tormento di una generazione, ereditata dalle generazioni successive, eredità di quelle precedenti. Un male antico, profondo, radicato nell'anima. A volte nascono profeti, altri martiri. Probabilmente Ian Curtis è stato tutte e due le cose. 

"It's Better to Burn Out Than to Fade Away" ("E' meglio bruciare che spegnersi lentamente"), scrisse Neil Young nel '79 in Hey Hey, My My (Into the Black). Frase presa in prestito, in punto di morte, da un'altra icona suicida del rock, Kurt Cobain
Curtis bruciò nel silenzio della cucina della propria casa nel 1980, dopo aver guardato La ballata di Stroszek di Herzog e ascoltato l'album The Idiot di Iggy Pop. La fine di un tormento, la nascita di un mito underground. 

Su di lui, nel 2007, Anton Corbijn ha diretto un film, Control, liberamente tratto dal romanzo autobiografico Touching From a Distance di Deborah Woodruff Curtis.


Due dischi e una marea di raccolte. La new wave e il post-punk. L'inghilterra e i sogni di gloria. Questo sono stati i Joy Division. Ian Curtis del gruppo fu anima e voce. Il paroliere, la disperazione. Una disperazione impressa nel volto e nella voce di Sam Riley (cantante anche lui, senza bisogno di playback), che impersona il cantante. L'incapacità di essere felice, perchè non c'è gioia al mondo se non nella musica e nel fare musica. 
Control scivola dai diciasette ai ventritre anni della rock star, passando da una vita di droghe, musica e poesia al prematuro matrimonio con Debbie (una bravissima Samantha Morton), dalle prime serate locali alla scoperta dell'epilessia, dal successo inglese a una figlia e un matrimonio spaccato. Un film claustrofobico nel suo bianco e nero quasi sfumato, a tratti polveroso, come a rappresentare la prigione in cui viveva il protagonista.
Un film lento, privo di qualsiasi venatura melò, scandito dal canto monotono e da testi sempre più oscuri e pessimisti, caratterizzati da una calma violenta come le crisi epilettiche che colpivano Ian.

"Il passato è già parte del mio futuro e il presente è fuori dal mio controllo"

In realtà non è facile entrare in questo film. E' come cercare di entrare nel cuore e nell'anima di un uomo-bambino tormentato, così grande eppure piccolo e spaventato. Bisogna percepirne il dolore, farlo proprio, digerirlo e amarlo. Vomitarlo poi, se necessario, prima che ti divori le viscere.  

Corbijn, prima di allora conosciuto per le sue foto e i suoi videoclip, esordisce alla regia e lo fa da fan senza però diventare iconoclasta, senza cercare di penetrare la psicologia dei suoi personaggi. Li racconta come fosse un fotografo, immortalandoli e rappresentandoli come in un quadro sonoro: le emozioni sono tutte nelle  canzoni e nella colonna sonora (David Bowie, Velvet Underground, Iggy Pop, Sex Pistols), negli sguardi e nel non detto, nelle lacrime come la pioggia che ricopre una provincia fantasma.


Allora la morte diventa l'unico modo per uscire dal tunnel, per essere libero, per essere non più costretto ad essere. "E' come se non fossi io, come se qualcun'altro si fosse cucito addosso la mia pelle". L'esperienza del suicidio diventa quasi dialettica, un urlo che squarcia il silenzio delle speranze infrante, della pressione incessante, delle aspettative negate. La depressione: il male di vivere.
Sembra quasi che Curtis aspirasse ad una fine romantica, affascinato dal decadentismo letterario e musicale. Prima della morte, la relazione extraconiugale con Annik Honorée (una bellissima Alexandra Maria Lara), il divorzio e un tour americano che non c'è mai stato. Il fallimento e i rimpinati, la lotta tra mente e cuore, un'anima spezzata in due.

Forse, dietro tutto questo, il pianto di un bambino che urla: non lasciatemi solo.

Il film si spegne come la vita del protagonista e dopo l'urlo rimangono solo parole e musica, così fottutamente belle e dolorose.

"When the routine bite hard
and ambitions are low
and the resentment rides high
but emotions won't grow
and we're changing our ways,
taking different roads
then love,love will tear us apart again
why is the dadroom so cold
turned away on your side?
is my timing that flawed,
our respect run so dry?
yet there's still this appeal
that we've kept trought our lives
love,love will tear us apart again
do you cry out in your sleep
all my failings exposed?
get a taste in my mouth
as desperations takes hold
is it something so good
just can't function no more?
when love,love will tear us apart again."

Commenti

  1. Adesso smetterai all' istante di lovvarmi perché ti confesserò che:
    a) non mi sono mai piaciuti i joy division
    b) ho sempre nutrito scarsa simpatia nei confronti di certi personaggi affetti da maledettismo congenito.
    Però il film è molto bello. Ottimo spaccato di un' epoca. E soprattutto non risente dell' approccio da fan del regista, che riesce anche a distaccarsi da un idolo e mostrarcelo anche nei suoi difetti, senza farne un eroe.
    Quindi diciamo che mi odierai parzialmente e non del tutto.
    :D

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  2. è con questo film che mi sono avvicinato veramente alla musica dei joy division, che prima conoscevo solo marginalmente. già solo per questo gliene sarò eternamente grato, e poi è proprio anche un buon film!

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  3. @ilgiornodeglizombi: giusto per chiarire, non sono un fan dei Joy Division, mi piacciono alcune loro canzoni, solo poche le trovo meravigliose e li ascolto consapevole del loro ruolo. Non mi piace particolarmente il genere dark (ad esempio i The Cure non li sopporto), mi piacciono tanto invece i testi di Curtis.
    Per quanto riguarda i personaggi affetti da maledettismo congenito, se si tratta di un maledettismo ostentato e costruito non piacciono neanche a me. Curtis però era una persona debole sconvolta (questo non si nota molto nel film) da una malattia all'epoca molto più oscura di quanto lo sia adesso. Un problema vero, non esistenzialista. Il suo negativismo invece l'aveva sempre riversato nelle cose che scriveva. Il suo tormento era linfa artistica non un tormento fine a se stesso. Quando è morto è morto da perdente, è diventato un'icona solo dopo e per questo non mi sta simpatico ma riesco a comprenderlo e, un po', a capirlo.

    Detto questo, quindi, il mio lov rimane invariato :)

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  4. @Marco Goi: anche io ho approfondito i Joy Division dopo questo film (che recuperai all'uscita) e devo dire che alcuni pezzi sono veramente di una bellezza incredibile (altri mi sono del tutto indifferenti, invece). Ma quello che ho scoperto veramente è stato un autore in grado di scrivere testi che rispecchiano pienamente il mio sentire, a volte.
    Il film, per essere un'opera prima di uno che veniva dai videoclip, è veramente buono.

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  5. ma no, il mio era un discorso generale. Curtis sicuramente rientra solo in parte nella categoria dei maledetti congeniti. Ed il fatto che non lo si ritragga come un eroe, ma come un povero ragazzo che aveva serissimi e reali problemi ed è finito molto male, è un valore aggiunto a un bel film.

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  6. Sai, io adoro quando l'artista è pieno di se, quando è egocentrico. La favoletta dell'umiltà non l'ho mai sopportata. Proprio per questo non sopporto l'atteggiamento da maledetto, (non so se è quello che intendi tu) che è poco sincero come l'umiltà ostentata (per questo all'inizio cito Montale, Youg e Cobain)

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  7. Io per Cobain ho sempre nutrito (in vita e morte) un odio profondo e viscerale, per lui e per la sua musica tutta. Ma proprio che una sola nota di una canzone dei nirvana o una sola sillaba di un testo di Cobain avevano il potere di farmi diventare una belva scatenata.
    A me piace l' umiltà quando è sentita, ma anche l' artista pieno di sé, quando non è una posa a cazzo.
    Diciamo che l' ostentazione di male di vivere con i fantastiliardi sotto al culo ha sempre avuto su di me l' effetto di una fastidiosa orticaria.

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  8. Ecco, noto che per la prima volta corriamo in direzioni opposte: io amo Cobain e amo i Nirvana, una sola nota di una canzone dei Nirvana o una sola sillaba di un testo di Cobain è in grado di straziarmi l'anima.

    Per il resto è proprio quello che intendevo: amo quando si è se stessi a costo di essere sgradevoli, mi da fastidio la recità e il personaggio ad ogni costo. Per questo non ho mai sopportato il personaggio Morrison.

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  9. Morrison è un altro che avrei strozzato volentieri. E così torniamo d'amore e d'accordo
    (giuro che se ti adotto, ti concedo il permesso di un disco dei nirvana al giorno, ma lontano dai pasti)

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  10. I Joy Division come il movimento dark anni 70 mi piacciono assai.Invece ad esempio detesto i punk,ai quali serberei anni di gulag e lezioni di musica.Curtis stava male e avrebbe fatto quella fine anche nei panni di un operaio.Non credo sia maledettismo da poser.Io però come Lucia detesto i maledetti e dannati,sia come poser -per ovvie ragioni- sia quando sono reali,perchè con l'artista solitamente si dà spazio a tanta retorico nei giornali.Quando è morta la Winehouse tutti a scrivere parole di compassione,è morta per droga una ragazza che conoscevo,nemmeno una preghiera decente da parte di qualcuno.Era solo una ragazza delle classi meno abbienti.
    Sui Nirvana,concordo ancora con Lucia,cazzo li odio totalmente,anzi mi fa schifo la musica anni 90 grunge maledetto e nu metal dei miei coglioni!^_^

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  11. Bah, come ho detto non mi piace particolarmente la musica dark, però ascolto di tutto perchè in tutti i generi si può trovare quel che uno cerca, nella musica. Il punk più che un genere è (stato) un movimento, stessa cosa vale per l'hip hop, ad esempio. Il grunge non è nemmeno un genere ma un'etichetta che ha messo insieme esperienze musicali molto diverse tra loro.

    Per quanto riguarda il maledettismo, è una cosa se ha senso al giorno d'oggi solo se spontaneo: non può essere una moda essere un perdente, non può essere una moda il disgusto. nè l'impressione che non ci sia felicità al mondo. Droghe ed alcol possono essere una fuga oppure un modo come un altro per reagire. E' ovvio che faccia notizia quando si tratta di personaggi famosi, non per questo ha meno valore (non ho certo pianto per la morte della Winehouse, non mi è dispiaciuto, ma la reputo e la reputavo comunque una gran voce e un'ottima cantante).

    E smettiamola di sparare sui Nirvana, gh :D

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  12. e ma sui Nirvana ,ho tutta la mia adolescenza da vendicare-ero l'unico negli anni 90 ad ascoltare i Poison e gli Skid Row,pensa un po'.
    Ieri sera ho visto codesto film

    http://lospettatoreindisciplinato.blogspot.com/search/label/the%20who

    no,dico:quadrophenia...the who!

    cioè questi


    http://www.youtube.com/watch?v=gDbAtWpoA6k

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  13. Io non ci sono cresciuto coi nirvana, sono arrivato dopo. Forse per questo sono riuscito a vederli sotto altra ottica: sono uno dei miei gruppi preferiti.

    Quadrophenia è un film simbolo, l'ho adorato pur avendolo visto relativamente presto (avrò avuto 16 anni), vado subito a leggere quello che hai scritto.

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