La Zona Morta (di D. Cronenberg, 1983)

 
Il professor Johnny Smith (Christopher Walken) insegna letteratura americana in una piccola città di provincia. È fidanzato con Sarah Bracknell (Brooke Adams) e la sua vita è apparentemente perfetta.
Tutto cambia in una sera di pioggia, quando a causa della scarsa visibilità Johnny viene coinvolto in un incidente automobilistico con un camion, in seguito al quale rimane per cinque anni in coma.
Al suo risveglio scopre che molte cose nella sua vita apparentemente perfetta sono cambiate: non solo il suo grande amore è irrimediabilmente perduto,  ma si ritrova dotato dello strano potere di poter conoscere non solo il futuro, ma anche il presente e il passato delle persone con cui entra in contatto (fisico). Grazie a questa nuova abilità, salverà la cittadina di Castle Rock da un serial killer e proverà a sventare i piani di Greg Stillson (Martin Sheen), aspirante senatore degli Stati Uniti.

Liberamente tratto dal romanzo omonimo di Stephen King, La Zona Morta è il primo film canonicamente hollywoodiano di David Cronenberg
È il 1983 e Cronenberg, per la prima volta, si trova a dover lavorare su una sceneggiatura non sua ma firmata da Jeffrey Boam (autore, tra l'altro, di Indiana Jones e l'Ultima Crociata).
Su questa il canadese attuò una trasposizione non letterale del romanzo The Dead Zone di King, una rilettura mirata a mantenere vivo il cuore del racconto, tanto che lo scrittore considerò questo uno dei film più riusciti tra quelli tratti da uno dei suoi libri.

La struttura di La Zona Morta è apparentemente tra le più semplici e abusate a Hollywood, basata sulla classica dicotomia bene/male e su una manicheistica divisione delle parti. Infatti se da un lato abbiamo la figura di Johnn Smith, con cui lo spettatore s'immedesima, dai forti connotati cristologici e infantili, dall'altro troviamo una serie di villain, antagonisti poco inclini ad essere simpatici, dai connotati demoniaci (Stillon) e sessuofili (il Serial Killer).
Johnny, con il suo carattere introverso, poco incline ai protagonismi e rigidamente cristiano (sfugge alle tentazioni della carne di Sarah, donna dal nome biblico), si trova a dover gestire un potere miracoloso e, in fine, a immolarsi sull'altare di un metaforico martirio, salvando l'umanità dall'apocalisse. E forse questa sembrerebbe l'unica interpretazione possibile del film se non fosse che, con un'analisi del dettaglio e un occhio alla cinematografia precedente del regista, ogni lettura hollywoodiana viene smentita e ribaltata.

Johnny Smith è un chiaroveggente, dotato quindi della facoltà di "vedere" nel senso non comune del termine, della capacità di andare "oltre" lo spazio e il tempo. Può essere confuso con un medium ma non è di certo un medium nel senso comune del termine, poichè non è il tramite tra un'entità onnisciente e il genere umano. Dispone di un potere di origine fisica, ottenuto in seguito ad un trauma fisico. Sarcasticamente, Johnny può vedere qualunque cosa a causa di un incidente che non ha potuto evitare per un'insufficienza visiva. Nel suo percorso di morte (l'incidente) e rinascita (il risveglio dal coma) ricorda molto Max Renn di Videodrome, primo trai i personaggi cronenberghiani. La "Nuova Carne", la trasfigurazione dell'individuo in elemento "mediale", raggiunge lo stadio più completo con Johnny Smith, evoluzione dell'uomo moderno, trasformazione in atto che porta il corpo ad acquisire sempre più le caratteristiche di un medium totale, occhio onnisciente che annichilisce le distanze tra dentro e fuori, prima e dopo, passato e futuro. Una riflessione arguta se inserita nel contesto tecnologico anni '80 ma ancor di più se rapportata a quello attuale.


La zona morta cui il titolo si riferisce è un buco nero del cervello, un imbuto spazio-temporale in cui convergono passato, presente e futuro. È anche, però, il momento morto sul quale può agire il "libero arbitrio".
È chiaro, in questo contesto, che la dimensione meccanicistica in cui Cronenberg si è sempre mosso entra in conflitto con una percezione teologica apparentemente estranea al regista: in un universo ipotetico dove tempo e spazio sono circolari, chi avesse una visione chiara di entrambi otterrebbe il potere divino di mutarne il corso della storia agendo su eventi cardine.
Johnny, dotato di questa capacità, perde automaticamente qualsiasi connotazione umana, divenendo deus ex machina, la nuova carne che nella propria onniscienza ribadisce il meccanicismo dell'universo.

Malgrado questo, noi spettatori non possiamo essere sicuri che le visioni di John siano reali o il folle parto di una mente malata e ormai completamente distante dalla realtà. Lo diamo per scontato poiché, fino a quel momento, alcune previsioni di John si sono rivelate esatte. Ma Johnny Smith è "nuova carne" o semplicemente vittima di un "Dio Immagine" dalle forti capacità affabulatrici? È proprio a causa di questo dubbio che il film diventa moralmente ambiguo ed è così che si inserisce la critica all'immagine che Cronenberg attua senza riserve, che si parli di quella televisiva o di quella cinematografica.
Il regista, con abile mossa, mette in dubbio la veridicità dell'immagine cinematografica stessa, quella stessa veridicità che spinge lo spettatore a prendere le parti del protagonista in nome di un'oggettività che in realtà non esiste. La macchina da presa, hollywoodianamente, diventa narratore onnisciente, tanto da far credere che quello che mostra sia, in ogni caso, la verità. In altre parole si sostituisce ai sensi dello spettatore e persino al suo senso critico. Un occhio che inquadra, a suo modo, una realtà più reale del reale.
In The Dead Zone Cronenberg arriva a una critica totale dell'immagine, che attua attraverso la rappresentazione stessa. Johnny Smith non è, come si è erroneamente pensato, un personaggio positivo. Non è uno degli elementi dicotomici alla base del film. Johnny Smith è vittima di una mitizzazione dell'immagine, dovuta alla mancanza di senso critico dello spettatore, che non s'interroga più su ciò che è vero e ciò che non lo è. L'universo materialistico in cui Cronenberg si muove non ha posto per elementi salvifici e redentori.
La zona morta che dà il titolo al film diventa quindi, metaforicamente, il punto franco che consente allo spettatore uno sguardo dubbioso su quello che lo circonda, un modo per svelare l'ambiguità della comunicazione nell'epoca della comunicazione globale. Un importante passo in avanti che troverà nei lavori successivi del regista una conferma.


Nonostante le tematiche non certo di facile intuizione, il film si lascia apprezzare non solo per un certo gusto melò ma anche grazie ad un cast di alto livello e (quasi) sempre all'altezza. Su tutti svettano un tormentato Walken e un luciferino Sheen. Unica nota stonata, forse, la monoespressiva Brooke Adams.
La regia è asciutta, ma non mancano sequenze oniriche e dal forte impatto emotivo, quasi un marchio di fabbrica del regista.

Le musiche fanno il resto, cupe e che ben accompagnano le atmosfere del film fino al finale, tragicamente ambiguo.
Il film, tra quelli più di successo del regista, ha vinto un Saturn Award come "miglior film horror". 


Commenti

  1. Che poi alla fine questo film è pochissimo kinghiano e tanto tanto cronenberghiano.
    Come King mette Johnny nella posizione di essere quasi un nuovo Cristo, ecco che Cronenberg lo smitizza completamente.
    Il romanzo è tradito alle fondamenta. E forse per questo la Zona Morta è davvero un' opera straordinaria. Perché ti inganna.

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  2. Il bello è che Cronenberg ha fatto tutto questo partendo da una sceneggiatura non sua. E che King è stato contento perchè effettivamente, in superficie, il film trasposita l'anima del romanzo. Ma ci sono sfumature che lo cambiano sostanzialmente.

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