Settecentosettantre - la raccolta poetica di Roberto Cascione



Roberto Cascione è un poeta nel vero senso del termine. Uno che ragiona per immagini ma, soprattutto, attraverso le immagini e che parte dal quotidiano mentre attraverso l’ars poetica tenta di giungere all’assoluto, non sempre riuscendoci. Le parole, come istamina, permettono al suo cuore di battere e di vivere, che attraverso queste trasforma il proprio mondo interiore in un alternativa alla squallida realtà quotidiana che vive giorno per giorno.
Roberto ha autoprodotto e pubblicato - per il p.o.d. ilmiolibro.it - la sua seconda raccolta poetica, Settecentosettantre. Una serie di poesie libere dagli schemi, una sorta di labirinto poetico, un dedalo di rimandi alla costa adriatica, alla realtà metropolitana e a quell’amore mai pienamente conosciuto ma sicuramente vissuto, in maniera fisica e simbiotica. C’è il sacro vissuto attraverso gli occhi di un ragazzo come tanti, e il profano attraverso la pelle bagnata di lacrime e salsedine.

Mi raccoglie il levante/ e con lui pezzi di creazione/ e nuvole come missili nel cielo di latta./ Consolami perché il silenzio disintegra,/ sparisci o risorgi/ liberami dal male facendomi del male/ celeste come la pietà più misera e vigliacca.

Poesie come fossero una preghiera atea, un monologo interiore recitato con la testa fuori dalla finestra. Di fronte a lui un mondo intero, da vivere e subire, che lo schiaccia ma lo eleva in un andirivieni di citazioni e autocitazioni.
E poi tutta una cornice di alcol, nicotina e sesso, le strade infinite percorse e riferimenti continui al proprio vissuto personale. Un diario di bordo che universalizza l’individuo/poeta nel tentativo di identificare una generazione priva di identità, che cerca un senso alla propria esistenza nel mondo che la circonda, quasi in un’indagine scientifica.

Questa sera invece/ mi sporco del sale dei traghetti/ che puzzano di vento e tonsille infiammate./ Sta sera mi addormento sul ferro/ vedendo le luci del porto./ Riflettono come i guard-rail spolpati/ come i cieli sudici di alba/ catarifrangenti sui sentieri della sconfitta/ che poi è il viaggio,/ la meta/ la rotta,/ il tuo letto.

Forse c'è in questo un vero limite a Settecentosettantre: quella di Roberto è una poesia che ha in se tutti i difetti della generazione che racconta, imprigionata in un immagine da cartolina proto-pulp, che a causa della propria indeterminatezza cerca di definirsi attraverso pose e stereotipi che la ricomprono di una patina superficiale.
A salvare questo poeta dalla "selva oscura" in cui molti altri contemporanei si sono persi è però una psichedelia romantica macchiata di catrame e giorni rubati all’età adulta; un sognare infantile e malinconico, quasi lui fosse un poeta dell’età aurea trapiantato ai giorni nostri, che si diverte a giocare con un mondo che è andato avanti, curioso e affamato. 
Quel che resta è farsi travolgere e poi raccontare, come un diario di bordo in cui si fonde l’esperienza personale al desiderio superomistico del poeta moderno, il desiderio all’accettazione, quella lei che sempre ricorre e che ha diversi volti e diversi nomi ma sempre lo stesso sguardo.

Quando crolla il cotone del tuo alito/ le tue labbra hanno sapore di sonno/ e tu in albe di lampioni su strade di cemento, come periferie industriali.

Come detto un po' più su, trovate Settecentosettantatre di Roberto su ilmiolibro.kataweb.it

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