Un mio racconto molto
"estivo":
“Fa troppo caldo per uscire”, aveva
gridato Luana, dal bagno. Lorenzo si era già infilato i sandali, il berretto,
gli occhiali da sole. Non aveva voglia di passare l’intera giornata in casa,
non con quella strega, che se non gli rompeva il cazzo non era contenta. Fece
quindi finta di non sentire, raccolse le chiavi e lentamente aprì la porta.
“Comprami le sigarette già che ci sei”, urlò nuovamente Luana prima che Lorenzo
la chiudesse nuovamente dietro di se.
Se c’era una
cosa che Lorenzo non poteva sopportare era l’estate: tutto quel sudore, i
vestiti mai abbastanza leggeri, il bere ininterrottamente acqua cercando di evitare
il collasso. Niente alcol, perché fa sudare, solo cibi leggeri, perché fa bene
al cuore, tanta frutta e verdura, perché contengono liquidi. Lorenzo odiava la
frutta, odiava la verdura e amava la birra, pensò scendendo le scale. Abitava
al quarto piano e si muoveva lentamente su quei gradini così stretti per il suo
piede quarantasette. Caldo faceva caldo, proprio come aveva detto Luana. La
cosa lo faceva diventare matto.
“Gellattiiii
al liimmoneeee”, su Viale della Repubblica poca gente, l’uomo dei gelati ed il
suo carretto, la testa bassa, una pezzuola bagnata attorno alla testa, la
canottiera fradicia. Più in là qualche vecchietto intento a giocare a carte,
all’ombra di un tendone, al centro della piazzetta, angolo via Benedetto Croce,
vicino il panificio Vanity Fair.
Quando
Lorenzo fu fuori il calore gli fu addosso come un predatore affamato. Un’ondata
di nausea lo prese subito e lo fece quasi piegare, ma si spense altrettanto
velocemente. Cominciò a camminare e si accorse che l’asfalto fumava letteralmente
e che persino le cacche sul marciapiedi si stavano sciogliendo come disgustosi
cioccolatini.
“Gellattiiiii,
comprate i gellattiiiii al limoneeeee”.
Tutto
intorno alcuni bambini in bicicletta, donne con le buste della spesa strapiene
e un autobus che passava ogni tanto, vuoto, il volto dell’autista uguale a
tutti gli altri, tutti imbronciati, le maniche delle camicie arrotolate,
qualche bottone fuori dall’asola, la cravatta allentata.
Lorenzo
quello scenario lo conosceva meglio di chiunque altro: il suo quartiere, sempre
vivo e caotico, ridotto ad un semi deserto in pieno Agosto. Mani nelle tasche,
camminava a testa bassa, il volto già una maschera di sudore, pizzetto
arruffato e passi svogliati, all’ombra di qualche balcone, giusto per non ostinarsi
a combattere contro il sole.
La calura
era come un coltello nei polmoni, il respiro divenne affannato dopo qualche
passo, la mente invece altrove, forse in un luogo più fresco, almeno lei in
vacanza, che di soldi per viaggiare non ne aveva bisogno.
Intanto
l’uomo dei gelati aveva smesso di urlare. Si era andato a sedere sotto
l’ombrellone bianco e rosso, su una sedia pieghevole di legno, e ora riposava,
un giornale come ventaglio nella mano destra, la sinistra che stringeva una
coca sudata.
Lorenzo
invece sempre dritto, saltellando da un pezzo d’ombra all’altro, fino
all’incrocio, poi a destra in via de Gilio, due isolati ed infine, lì, la
tabaccheria.
Lorenzo
spinse la porta a vetri con un colpo floscio del braccio ed entrò. L’aria
condizionata gli sferzò il viso facendolo lacrimare. Quattro passi e fu davanti
al bancone.
“Signor
Gasperino, che piacere vederla…”
Un cenno del
capo, un'occhiata tutto intorno, un altro cenno verso i soliti noti.
“Credevo
fosse già in vacanza, il cantiere non è chiuso ad Agosto?”.
Era vero, ma
si sa: ad Agosto niente lavoro, niente lavoro meno soldi e una vacanza
diventava quasi un’utopia. In fondo le cose non erano cambiate rispetto a tanti
anni prima, magari la casa, quella sì, l’aveva comprata dopo tanti sacrifici,
ma il lavoro bastava a malapena a vivere giorno per giorno, figurarsi se si
poteva mettere qualcosa da parte per una vacanza. Lorenzo un lusso del genere
se la poteva solo sognare, di notte, quando persino Luana gli dava tregua, nel
letto, al buio…
“Marlboro
Light, due pacchetti…”
Ed eccolo
pochi minuti dopo di nuovo per strada, la bustina in mano, un marciapiedi in
fiamme sotto i sandali bollenti e tutto intorno asfalto puzzolente e palazzoni
grigi, muti, le serrande basse, le saracinesche cupe, di tanto in tanto un
autobus, il volto dell’autista sempre uguale, annoiato e stanco, qualche
bambino in bicicletta e donne che trascinano la spesa, di ritorno dal
supermercato, chissà dove, chissà quale.
“Gellatiiii,
al limmoneeeee”, grida qualcuno, poi “scopa”, ed il sole che di lasciar spazio
alla sera non se ne parla, gli occhi che si chiudono piano, sopracciglia
grondanti, passi incerti che cercavano di arrivare da qualche parte, una
qualsiasi, basta che fosse fresca; la voce di Luana che dice “fa troppo caldo
per uscire”, ma persino un collasso sarebbe meglio che stare accanto a te,
megera egoista buona solo al parrucchiere del martedì e all’aperitivo del
sabato.
Poco lontano
la sirena di un’ambulanza, il quartiere che iniziava a girare, vorticosamente,
la strada che scompare, poi un rumore sordo, un tonfo, qualcuno si avvicinò e
lo osservò, un'ombra che dona a Lorenzo un po’ di tregua contro quel sole così
opprimente che avrebbe avuto voglia di inveirci contro. E quando cercò di
alzarsi una fitta alla testa lo prese e lo sbattette di nuovo sul marciapiedi,
solo il tempo di vedere l’autobus passare ancora una volta e il volto dei
passanti tutti uguali. Quando alla fine ci fu solo il buio qualcuno disse, non
molto lontano, in un sussurro:
“Fa troppo
caldo per uscire”…
(Dalla raccolta "Alieni")
(Dalla raccolta "Alieni")
ha fatto star male pure me... :) bello! mi ha pure resa balorda.... c'è troppo caldo davvero! XD ahah!
RispondiEliminasaluto momoso caro Frank
Grazie, mi fa piacere ti sia piaciuto
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