"FA TROPPO CALDO PER USCIRE" di Frank Romantico



Un mio racconto molto "estivo":


“Fa troppo caldo per uscire”, aveva gridato Luana, dal bagno. Lorenzo si era già infilato i sandali, il berretto, gli occhiali da sole. Non aveva voglia di passare l’intera giornata in casa, non con quella strega, che se non gli rompeva il cazzo non era contenta. Fece quindi finta di non sentire, raccolse le chiavi e lentamente aprì la porta. “Comprami le sigarette già che ci sei”, urlò nuovamente Luana prima che Lorenzo la chiudesse nuovamente dietro di se.
Se c’era una cosa che Lorenzo non poteva sopportare era l’estate: tutto quel sudore, i vestiti mai abbastanza leggeri, il bere ininterrottamente acqua cercando di evitare il collasso. Niente alcol, perché fa sudare, solo cibi leggeri, perché fa bene al cuore, tanta frutta e verdura, perché contengono liquidi. Lorenzo odiava la frutta, odiava la verdura e amava la birra, pensò scendendo le scale. Abitava al quarto piano e si muoveva lentamente su quei gradini così stretti per il suo piede quarantasette. Caldo faceva caldo, proprio come aveva detto Luana. La cosa lo faceva diventare matto.
“Gellattiiii al liimmoneeee”, su Viale della Repubblica poca gente, l’uomo dei gelati ed il suo carretto, la testa bassa, una pezzuola bagnata attorno alla testa, la canottiera fradicia. Più in là qualche vecchietto intento a giocare a carte, all’ombra di un tendone, al centro della piazzetta, angolo via Benedetto Croce, vicino il panificio Vanity Fair.
Quando Lorenzo fu fuori il calore gli fu addosso come un predatore affamato. Un’ondata di nausea lo prese subito e lo fece quasi piegare, ma si spense altrettanto velocemente. Cominciò a camminare e si accorse che l’asfalto fumava letteralmente e che persino le cacche sul marciapiedi si stavano sciogliendo come disgustosi cioccolatini.

“Gellattiiiii, comprate i gellattiiiii al limoneeeee”.

Tutto intorno alcuni bambini in bicicletta, donne con le buste della spesa strapiene e un autobus che passava ogni tanto, vuoto, il volto dell’autista uguale a tutti gli altri, tutti imbronciati, le maniche delle camicie arrotolate, qualche bottone fuori dall’asola, la cravatta allentata.
Lorenzo quello scenario lo conosceva meglio di chiunque altro: il suo quartiere, sempre vivo e caotico, ridotto ad un semi deserto in pieno Agosto. Mani nelle tasche, camminava a testa bassa, il volto già una maschera di sudore, pizzetto arruffato e passi svogliati, all’ombra di qualche balcone, giusto per non ostinarsi a combattere contro il sole.
La calura era come un coltello nei polmoni, il respiro divenne affannato dopo qualche passo, la mente invece altrove, forse in un luogo più fresco, almeno lei in vacanza, che di soldi per viaggiare non ne aveva bisogno.
Intanto l’uomo dei gelati aveva smesso di urlare. Si era andato a sedere sotto l’ombrellone bianco e rosso, su una sedia pieghevole di legno, e ora riposava, un giornale come ventaglio nella mano destra, la sinistra che stringeva una coca sudata.
Lorenzo invece sempre dritto, saltellando da un pezzo d’ombra all’altro, fino all’incrocio, poi a destra in via de Gilio, due isolati ed infine, lì, la tabaccheria.
Lorenzo spinse la porta a vetri con un colpo floscio del braccio ed entrò. L’aria condizionata gli sferzò il viso facendolo lacrimare. Quattro passi e fu davanti al bancone.
“Signor Gasperino, che piacere vederla…”
Un cenno del capo, un'occhiata tutto intorno, un altro cenno verso i soliti noti.
“Credevo fosse già in vacanza, il cantiere non è chiuso ad Agosto?”.
Era vero, ma si sa: ad Agosto niente lavoro, niente lavoro meno soldi e una vacanza diventava quasi un’utopia. In fondo le cose non erano cambiate rispetto a tanti anni prima, magari la casa, quella sì, l’aveva comprata dopo tanti sacrifici, ma il lavoro bastava a malapena a vivere giorno per giorno, figurarsi se si poteva mettere qualcosa da parte per una vacanza. Lorenzo un lusso del genere se la poteva solo sognare, di notte, quando persino Luana gli dava tregua, nel letto, al buio…
“Marlboro Light, due pacchetti…”

Ed eccolo pochi minuti dopo di nuovo per strada, la bustina in mano, un marciapiedi in fiamme sotto i sandali bollenti e tutto intorno asfalto puzzolente e palazzoni grigi, muti, le serrande basse, le saracinesche cupe, di tanto in tanto un autobus, il volto dell’autista sempre uguale, annoiato e stanco, qualche bambino in bicicletta e donne che trascinano la spesa, di ritorno dal supermercato, chissà dove, chissà quale.
“Gellatiiii, al limmoneeeee”, grida qualcuno, poi “scopa”, ed il sole che di lasciar spazio alla sera non se ne parla, gli occhi che si chiudono piano, sopracciglia grondanti, passi incerti che cercavano di arrivare da qualche parte, una qualsiasi, basta che fosse fresca; la voce di Luana che dice “fa troppo caldo per uscire”, ma persino un collasso sarebbe meglio che stare accanto a te, megera egoista buona solo al parrucchiere del martedì e all’aperitivo del sabato.
Poco lontano la sirena di un’ambulanza, il quartiere che iniziava a girare, vorticosamente, la strada che scompare, poi un rumore sordo, un tonfo, qualcuno si avvicinò e lo osservò, un'ombra che dona a Lorenzo un po’ di tregua contro quel sole così opprimente che avrebbe avuto voglia di inveirci contro. E quando cercò di alzarsi una fitta alla testa lo prese e lo sbattette di nuovo sul marciapiedi, solo il tempo di vedere l’autobus passare ancora una volta e il volto dei passanti tutti uguali. Quando alla fine ci fu solo il buio qualcuno disse, non molto lontano, in un sussurro:

“Fa troppo caldo per uscire”…


(Dalla raccolta "Alieni")


 

Commenti

  1. ha fatto star male pure me... :) bello! mi ha pure resa balorda.... c'è troppo caldo davvero! XD ahah!
    saluto momoso caro Frank

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  2. Grazie, mi fa piacere ti sia piaciuto

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