The Theatre Bizarre (di D. Buck, B. Giovinazzo, D. Gregory, K. Hussain,T. Savini, R. Stanley, 2011)


Un nuovo inizio settimana per Combinazione Casuale, che come nuovo ogni inizio porta con se dei cambiamenti. Lo avevo preannunciato, non che si tratti di chissà che cosa, ma le novità (anche quelle piccole) vanno sempre spiegate. Ed ecco di che cosa si tratta: per la prima volta questo blog ospiterà una recensione che non è mia. Sono lieto infatti di ospitare su "queste pagine" una nuova autrice: Silly. E' la sua prima esperienza su un blog ma non dietro la tastiera, ha lavorato con me ad un progetto tutt'ora work-in-progress e questa è la sua opinione sul film horror a episodi The Theatre Bizarre, del 2011. Quindi bando alle ciance e diamo inizio alla lettura:

THE THEATRE BIZARRE


Ecco un film che adocchiai circa un anno e mezzo fa e al tempo mi stuzzicò parecchio, poiché prometteva un gran bello spettacolo grandguignolesco. Poi, quando lessi il nome di Udo Kier, un sorriso ebete mi si stampò in faccia. Le vicissitudini della vita mi hanno fatto perdere di vista il suddetto, fino a oggi. Lo avevo proprio rimosso, non so bene perché. Una fortuita immagine su facebook mi ha acceso un lume nel cervello e perciò eccoci qua.

Enola Penny (Virginia Newcomb) è una giovane evidentemente disagiata, con qualche comportamento ossessivo compulsivo. Una notte, attratta inspiegabilmente da un teatro abbandonato di fronte casa sua, decide di entrarci. Si accomoda e dal lugubre palcoscenico appare Peg Poett, un Udo Kier versione marionetta. E’ lui a tenere le fila delle sei storie che proporrà a Penny e lei non potrà fare a meno di guardarle. Curiosa, man mano che assiste, il suo volto muta. E forse anche quello di Udo.

Questo è lo sfondo contenitore dei sei episodi, debbo dire interessante e suggestivo al punto giusto. Ogni volta che un episodio termina e si ritorna in teatro, qualcosa è cambiato, e quando Udomarionetta parla non possiamo far altro che ascoltare. Perché è Udo Kier. Pochi cazzi.

Ora però è necessario valutare ogni singolo episodio, portate pazienza:

Episodio 1: The Mother of Toads è diretto da Richard Stanley, quello che molti di voi ricorderanno per Demoniaca. Io non lo ricordo affatto, per fortuna direi, cercherò di dimenticare anche questo obbrobrio. Una coppia male assortita si reca in Francia e si imbatte in una vecchia decisamente poco affidabile, che è niente popò di meno che Catriona MacCal. Lei prometterà al giovanotto l’originale Necronomicon, a patto che se lo vada a pigliare a casa sua, sperduta nei boschi francesi. A parte la beltà dei paesaggi e la simpatia innata che provo per i rospi, c’è poco da ricordare. L’atmosfera lugubre lovecraftiana non è all’altezza, la storia è ridicola e la fotografia è fastidiosa.

Episodio 2: Il morale si risolleva con I Love You, diretto da Buddy Giovinazzo, che col disagio psichico ci sa maneggiare piuttosto bene (ricordate Combat Shock?). Il protagonista è un uomo alcolizzato che vive l’amore per la moglie al limite dello stalkeraggio. Lei lo molla dando vita ad una delle conversazioni più crudeli che si possano immaginare. Si scatenerà l’inferno. Un inferno racchiuso in quattro mura, dove non c’è spazio nemmeno per respirare. Davvero soffocante e disturbante, grazie a un incipit che ci catapulta immediatamente nella situazione. Il rosso che si scontra col bianco fa sempre il suo porco effetto.

Episodio 3: Forse non è il migliore, ma io mi sono divertita un sacco e una buona dose di malessere mi ha accompagnata fino alla fine. Si intitola Wet Dreams, diretto dal grandissimo Tom Savini, che ha anche una parte nell’episodio e solo per questo vale la pena di goderselo. Le problematiche di una coppia danno vita ad una sorta di Inception fatto solo di incubi raccapriccianti. Non c’è molto da capire, c’è da divertirsi. E finisce come deve finire. Bravo Savini, ai lov iu.


Episodio 4: Qui si resta spiazzati di brutto. The Accident, diretto da Douglas Buck (che io rimembro per quella schifezza immonda di Sisters), racconta di un’amorevole e angelica madre che spiega alla figlioletta il senso della morte. Alla bambina le si vuol bene senza riserve, poiché si vede che le piacciono i mostri. E fa tante domande alla madre dopo aver assistito ad un incidente mortale, mentre viaggiavano in auto. Questo è un capitolo che mi ha lasciato un po’ così, non ne ho capito il significato, non so bene cosa diavolo c’entri. E’ delicato e poetico e i cervi morti (sì, la causa dell’incidente) mi suscitano sempre una fitta di dolore come in The Straight Story.

Episodio 5: Arriviamo a Vision Stains, diretto da Karim Hussein, regista a me sconosciuto. Una ragazza scippa le vite di donne disgraziate iniettandosele nel bulbo oculare. Lei che non ha mai sognato, ora ha uno scopo. Trascrive i ricordi altrui creando una specie di diario umano, dando voce a vite oramai finite ancor prima che le finisse lei. Ma oltrepasserà il limite e sarà costretta ad una drastica decisione. L’inquietudine avvolge lo spettatore, ambientazione malsana e disturbante.

Episodio 6: Concludiamo con la sagra del grottesco. Sweets è di David Gregory e racconta di un’altra storia che finisce. Lei, fascinosa ragazza, prima circuisce un insignificante maschio e poi si scoccia di lui. Lui la supplica. Lei, di risposta, acconsente ad un ultimo incontro che finirà in una goliardica orgia alla Society. Esageratamente kitsch e volutamente disgustoso a tratti, è sicuramente interessante, ma l’ho trovato esasperante per essere così breve. E’ come quando senti cantare Marco Mengoni e dici ok, ha una bellissima voce. Ma deve per forza fare tutti quei versi?

Ebbene, tirando le somme questo The Theatre Bizarre è un prodotto dignitoso, ma le chiacchiere che gli aleggiavano attorno (ho letto sciocchezze buffissime, di gente svenuta dinnanzi a certe immagini – ma quali?) erano giusto un attimo esagerate. Non è niente di sconvolgente e francamente mi aspettavo molto di più. Tuttavia c’è Udo Kier. E la sua chiusa finale vale la sopportazione di qualche episodio insulso o non del tutto riuscito.

Silly 


Commenti

  1. Grazie per il memo, infatti me n'ero completamente dimenticato. Recupero!
    ...e poi c'è quel Karim Hussein che dici di non conoscere ma che ti dico io essere uno davvero in gamba. Se c'hai pazienza e stomaco recupera Subconscious cruelty...

    RispondiElimina
  2. mi dispiace per Stanley,è un grandissimo ,quanto pare ha diretto una vera ciofecata

    RispondiElimina
  3. Il trailer lo faceva sembrare superweird, pare che sia al di sotto delle aspettative, peccato. Credo gli darò un'occhiata solo per gli occhi pazzeschi di Kier!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quando c'è Udo ne vale sempre la pena. A meno che non sia un film di Dario Argento

      Silly

      Elimina
  4. Benvenuta Silly Sinphony! Buon esordio.Piace lo stile.
    Segui il tuo mentore ed anfitrione che migliori assai!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma come ,non lo conosci? Personaggio minore dell'iliade! :D

      Elimina
    2. Per chi mi hai preso? Solo che non leggo letteratura di consumo

      Elimina
  5. Un applauso alla Silly che ha visto e recensito sto film togliendomi dall'imbarazzo di doverlo fare io.

    RispondiElimina
  6. Grazie per il benvenuto. Mi dovrete sopportare ragazzi, perché così il proprietario ha deciso. Recupererò il film di Hussein, se non è introvabile.

    Silly

    RispondiElimina
  7. Benvenuta Silly! direi che i nostri pareri sul film coincidono al 99,99%!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sarà mica il mio disappunto su Stanley che ci divide? No perché già il capo qui c'è rimasto male :)

      Silly

      Elimina
    2. Chiamami ancora capo e mi arrabbio

      Elimina
    3. oh, voglio un'immagine. SOCIO! :D

      Elimina
    4. Per avere un'immagine devi avere un account google

      Elimina
    5. provvederò, che sta forma anonima mi mette a disagio. anzi, non puoi farlo tu per me? gh

      Elimina

Posta un commento

Info sulla Privacy