Bianca come il latte rossa come il sangue - due parole sul romanzo

Ed ecco che torna L'Angolo di Silly, questa volta nel week-end che un week-end con Silly è un week-end fortunato, ve lo assicuro. La recensione di un romanzo, questa volta. Una critica spietata. Io non ho letto il libro, non posso condividere o meno le parole della mia socia. Ma condivido la sua riflessione generale. Forse un altro giorno approfondiremo. Ora però leggete la recensione di Bianca come il latte rossa come il sangue, su Combinazione Casuale.

BIANCA COME IL LATTE ROSSA COME IL SANGUE (romanzo)


Succede che lo scorso fine settimana me lo trascorro a Bologna, da amici, e mi imbatto in un posto da fricchettoni fatto di stand di massaggi shiatsu, riflessologia plantare e via discorrendo. In uno di essi ci stanno due tizie che ti controllano i chakra e riequilibrano quelli malfunzionanti con una spruzzata di acqua condita di qualche aroma. Aggratis. Ergo, mi ci imbatto con la mia amica V, biologa (che però non disdegna le filosofie alternative) e la mia amica L, ancora più scettica di me. Io e V scopriamo di avere gli stessi due chakra difettosi, L ne ha tre, diversi dai nostri. Ci spruzzano quest’acqua miracolosa e ce ne andiamo ad abbuffarci in zona aperitivo (ovviamente biologico). Il chakra problematico mio e di V è il cosiddetto Vishudda, situato al livello della gola, ovvero attraverso il quale mettiamo in moto la comunicazione con gli altri. A quanto pare io e V siamo costipate per quanto riguarda le cose che vogliamo dire e che, invece, ci teniamo dentro. 
Tutto questo preambolo per dirvi che, malgrado reputi queste dottrine spesso manipolate da ciarlatani in grado di conquistare i fissati coi complotti, tipo mio fratello, in qualche maniera la cosa mi ha fatto riflettere. Effettivamente ho una serie di cose da dire sparse qua e là tra gli umani di mia conoscenza, ma mi rifugio nel mio angolo del blog per parlare con voi di una faccenda che mi sta sul gozzo, per l’appunto, da un po’ di tempo. 

A chi di voi frega di Bianca come il latte rossa come il sangue film? A nessuno, suppongo. Tanto lo sappiamo che rientra nella categoria lammerda atomica. Invece vi voglio parlare del romanzo tanto omaggiato da cui è stato tratto il film. E lo utilizzerò come veicolo per parlare di qualcosa di più esteso, che mi sta a cuore, che mi fa ribollire le interiora. Ma andiamo con ordine. Bianca come il latte rossa come il sangue  è il romanzo d’esordio di Alessandro D’Avenia, classe ’77, il quale possiede senz’altro  il merito di essersi laureato alla facoltà di lettere a La Sapienza in appena cinque anni (solitamente mi pare ce ne vogliano una quindicina), si appassiona all’insegnamento (tanto di cappello) e nel frattempo si mette a scrivere. Il romanzo esce nel 2010, conquista la massa italiota e diventa un best-seller, pubblicato in ben venti paesi stranieri.                                                                                                                                      
            
Leggo il libro prestato da un’amica, leggermente scettica come per il discorso dei chakra. Già dalle prime pagine intuisco che sarà dura, ma decido di combattere fino alla fine, temeraria come sono (!). Ma arriviamo al dunque, ragazzi. Non se ne può più di trovare in libreria romanzi di giovani scrittori italiani che millantano opere di spessore e alla fine ci propinano gli stessi pallosi romanzi di formazione, senza la benché minima originalità. Ho provato lo stesso fastidio per La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano. Non voglio apparire arrogante, può darsi che sia un problema mio. E’ possibile che io sia limitata e che non comprenda tanto fervore. Purtroppo (o per fortuna) non mi esaltano storie banali composte da frasi fatte, da slogan qualunquisti, citazioni messe in bocca ad adolescenti femmine (si sa che le femmine sono più mature), insegnanti salvavita alla Robin Williams ne L’attimo fuggente. Come nel caso di Giordano (che ha perlomeno un titolo davvero accattivante) abbiamo tra le mani molto fumo e poco arrosto. Non c’è realmente il coraggio di osare, né nei contenuti, né nello stile. Quest’ultimo davvero piatto, adatto ad una fiction televisiva dei giorni nostri, che non suscita emozioni, non avvince, non ti impone di sapere cosa diavolo succederà nel capitolo successivo. 

E voi direte, sticazzi Silly, è un romanzo che parla di adolescenti, cosa vuoi che succeda? E’ un dannato romanzo di formazione! Certo, ma ciò non significa che debba frantumarmi i marron glacé per tutto il tragitto. Si può parlare di giovani, della loro crescita personale, del loro percorso tortuoso verso l’età adulta non per forza costringendoli a marcire nei soliti cliché. Gli pseudo contenuti lapalissiani tramutano tutto in un vuoto inutile. Non è che se c’è la ragazzina malata di leucemia allora la storia è profonda. Non è che se utilizzi uno slang adolescenziale universale (la storia è narrata dal punto di vista di Leo) mi dimostri che sei “dentro” quel mondo. A me la forma di D’Avenia è sembrata piuttosto fredda e lontana, rendendo pleonastico l’insieme. E anche un po’ presuntuoso, soprattutto nel creare il personaggio del Sognatore, palese trasposizione di un se stesso immaginario. Eppure è stato un grande successo, zeppo ci consensi e di  critiche positive. Oltre che di millemila copie vendute. Allora ribadisco, sarà un mio problema. Come ho un problema col successo del Faletti scrittore o con le noiosissime saggezze propinate da Coehlo. Farò meditazione trascendentale e farò pace con le case editrici in qualche maniera, perché non sopporto che mi sbattano in faccia tali letture insignificanti. 

Conosco personalmente autori che se donassero anche solo una mezza fialetta del loro talento, renderebbero il mondo un posto migliore in cui leggere, per lo meno. Persone che hanno tra le mani romanzi dal potenziale straordinario, ancora costretti a concepirli come progetti velleitari. Vi sembra accettabile? So che sono discorsi triti e ritriti, però è bene rimarcarli ogni tanto. Abituarsi alla mediocrità, accettandola come unica realtà possibile, è assai pericoloso.

Silly

Alessandro D’Avenia

Commenti

  1. No,che non è accettabile.
    Anche se io mi accontenterei anche di normale letteratura di intrattenimento popolare,ma almeno godibile
    Cito ad esempio il 18 vampiro di Claudio Vercelli, che ho comprato a roma e mi par un buon romanzo di gradevole e godibile lettura

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    1. Io sono a favore della letteratura popolare, di intrattenimento. Le letture apparentemente facili sono le più belle. Ma credo che il vero problema è che ci sono tanti scrittori che con buono stile e buone idee potrebbero rilanciare questo tipo di scrittura che oramai sembra essere bistrattata proprio perché scarsa da un punto di vista tecnico e contenutistico.

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    2. si,hai ragione.
      Inoltre volevo correggermi:ma quale Vercelli.Vergagnani.
      Come libro non mi par male .

      ciao

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  2. Quello che più mi indispone è l'esaltazione di tali prodotti, promossi come casi letterari dell'anno, a cui siamo costretti nostro malgrado a subirne il bombardamento. Ma questa è l'Italia di oggi dopotutto, un Paese farlocco che millanta gli incapaci ed ignora il talento, il coraggio e l'originalità, manco fossero malattie infettive che ti portano a morte certa.

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  3. Concordo sulla tua riflessione. Per quanto riguarda il romanzo l'ho trovato un po' ingenuo (ed il suo autore insopportabile), ma piu' leggibile dell'irritantissimo "la solitudine,....."

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    1. Sì è vero, ma infatti Giordano è da prendere a sberloni

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  4. Concordo non capisco il suo successo e no il problema non sei tu ma proprio la maggioranza dei giovani che si comprano sto libro scambiandolo per grande letteratura, come già detto su Facebook, ma sai cosa? Ti aggiungo su Facebook! ;)

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  5. non ho letto il romanzo e naturalmente prendo per buono il tuo giudizio: ma ho visto il film e per me non fa parte della categoria lammerda atomica in cui lo hai posto. E ce lo hai posto senza neanche vederlo: a me puzza di pregiudizio ....

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    1. Ammetto candidamente il pregiudizio, basato in primis sulla pochezza del romanzo e secondariamente su qualche fugace visione di spezzoni del film: mi sono bastate per convincere il mio disgusto. Confesso che, mossa da una sorta di inspiegabile necessità autolesionista, volevo vederlo tutto per fugare ogni dubbio. Ma proprio non ce l'ho fatta. Se però il mio socio è più braveheart di me può guardarlo e farne una recensione. Ci stai socio? :)

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  6. NOVANTA MINUTI DI APPLAUSI (Cit)


    A quella roba li, devo dire manco mi avvicino con una pertica.Ma se devo giudicare la situazione da un paio di prodotti italioti tecnicamente piu' 'impegnati' (romanzi storici) in cui sono incappato la settimana scorsa, usciti quest'anno... C'e' da mettersi le mani nei capelli e strappare, o piu' semplicemente addosso forteforte agli editori..

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    1. Ma le case editrici, esattamente come ragionano? Cosa porta un romanzo dal contenuto insignificante, scritto in modo sempliciotto e talvolta addirittura in un italiano improbabile tra gli scaffali delle nostre librerie?

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    2. Semplicissimo: sono i libri piu' adatti ai lettori.
      Quelli che si vendono in quantita'significativa, che possono essere consigliati e letti senza nessun impedimento, che non fanno sentire chi li apre una capra brada con avversione per l'apprendimento.Costruiti e scritti per livelli bassissimi di soglia dell'attenzione...
      Che piaccia o meno: quelli che fanno tenere aperte le librerie.

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    3. E' quindi colpa dei lettori, o meglio dei non-lettori che si accontentano del libretto da spiaggia per le vacanze? Anch'io lo penso. Però una volta non era così, nonostante il livello di istruzione fosse medio basso. Voglio dire, mia mamma da giovane si comprava i libri di Calvino, Moravia, Pasolini (anche se Pasolini non lo convinceva-ma d'altra parte mia mamma si addormentava al cinema con mia nonna guardando Fellini), Sciascia e così via. E mia mamma non ha studiato, le è toccato il fardello del lavoro il prima possibile. Però leggeva e questo offriva il mercato a quei tempi. Ebbene, ora che pure il più scemo del villaggio si fa il master in stamminchia, si accontenta di misere letture insignificanti. Mi si è sviluppata nel cervello questa riflessione, ovvero che un tempo si aveva poco, ma si era in grado di riconoscere il bello.

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    4. Non c'entra assolutamente nulla la Cultura, con l'istruzione. Due ambiti, purtroppo, del tutto diversi. Posso comunque assicurarti, per una mera statistica decennale ed oltre derivata "sul campo" (di cui non è spazio per spiegarti l'origine)che tua madre è una parte di quella generazione, che ancora leggeva, pari a c/a il 5% del totale. Lo so per certo.
      E comunque anche internet ne è lo specchio. Contenuti scritti da più di 5/10 min. totali di lettura (lenta) sono fruiti da una minuscola parte degli utenti. Il libri, come i post, vengono giudicati aprioristicamente "a peso" ....E quando si arriva a questo.... E' finita.

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  7. I libro l'ho letto e l'ho trovato di una banalità assurda. Il film non l'ho finito di vedere, ma mi prometto che un giorno lo farò...

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