The World's End (di Edgar Wright, 2013)


Il miglio dorato. Un percorso alcoolemico che, attraverso i dodici pub di un paesino inglese (Newton Haven), dovrebbe condurre verso "la fine del mondo". E La Fine del Mondo è una pinta nell'ultimo locale della lista, ma anche il confine tra giovinezza ed età adulta, la fine di un ciclo e l'inizio di un nuovo percorso. E, in effetti, The World's End è il film con cui si conclude la cosiddetta "trilogia del cornetto" della premiata ditta Edgar Wright/Simon Pegg.

Per chi non sa cosa sia questa "trilogia del cornetto", permettetemi un rapido riassunto: tutto ebbe inizio nel 2004 con Shaun of Dead (L'alba dei morti dementi, in Italia), una commedia inglese sconosciuta al grande pubblico ma divenuta subito cult nel circuito degli appassionati. Poi fu il turno di Hot Fuzz (2007), persino meno conosciuto del suo predecessore e considerato dagli appassionati di poco inferiore al primo capitolo. Entrambe le pellicole si ponevano come esempi intelligenti e ben girati di parodia di genere, quello horror nel primo caso e quello action nel secondo, prima dell'esordio del regista in America con il cinecomics Scott Pilgrim vs The World. Nessuno, a quel punto, avrebbe più scommesso su un ritorno in patria di Wright quando, all'incirca un anno fa, il britannico annunciò l'uscita di questo The World's End. Un ritorno alle origini che mise in allarme tutti i fan e gli amanti del buon cinema.


Il miglio dorato, avevo detto. Un percorso che il giovane Gary King aveva tentato a vent'anni con i suoi quattro inseparabili amici. Solo che all'epoca era andata male: i cinque si erano fermati prima dell'ultima tappa, il pub The world's end. Vent'anni dopo il quarantenne Gary King, tossicodipendente, decide di riunire la vecchia banda per tentare di nuovo l'impresa. E ci riesce, solo che questa volta tra lui e il mitico pub si metterà di mezzo "la fine del mondo".

Aspettavo questo film ma non con l'ansia di tante altre persone. Lo aspettavo come si aspetta un vecchio amico, con qualche sincera aspettativa mista al sospetto. Il sospetto di trovarsi, dopo tanti anni, di fronte a una persona diversa da come me la ricordavo. E in effetti, quando il film inizia (dopo un'introduzione con voce fuoricampo e in pure stile anni '80) e ti ritrovi di fronte il volto di un Simon Pegg segnato dalle rughe, capisci che il tempo passa per tutti e non lo si può fermare. Non fraintendetemi, guardare un film come La Fine del Mondo è rinfrancante: ancora una volta l'humor inglese scandito da una serie di battute spassosissime e mai volgari, ancora una volta quei volti che hai imparato a conoscere e ormai sono diventati "di famiglia", ancora una volta una parodia realizzata con amore verso il genere che parodia - questa volta la fantascienza. Solo che, dopo nove anni, c'è in più la malinconia che prima era spensieratezza, la consapevolezza che nulla dura in eterno, neanche quell'attimo reso immortale sulla pellicola di un film.


Sentimento del contrario, su questo si basa il film girato da Edgar Wright e scritto dal regista assieme a Pegg. Guardare Gary King, quarantenne che si veste come avesse ancora vent'anni e che guida ancora la stessa auto (La Bestia), è rendersi conto del dramma di un personaggio che non è mai cresciuto, che si è scontrato con i sogni di una giovinezza senza pensieri per trovarsi poi circondato dalle macerie di una vita che "non è andata avanti". Ridere con The World's End è un po' come ridere di se stessi, per questo il film è così divertente ma allo stesso tempo fa così male. Non lo capirà chi ha meno di trent'anni e forse non lo apprezzerà a dovere, anche se le gag sono fantastiche e il citazionismo estremo. Tra l'altro Wright ha fatto un lavoro difficilissimo fondendo la commedia alla fantascienza in stile L'Invasione degli Ultracorpi, gestendo alla perfezione le scene d'azione con coreografie degne del migliore cinema hongkonghese e passando con nonchalance dalla commedia generazionale alla distopia aliena per giungere al post apocalittico con un finale che, credetemi, è uno dei più fighi della storia del cinema. Dolce/amaro come gli occhi di un folle Pegg e la storia della solita spalla Nick Frost, un altro di famiglia. Non delude nemmeno il resto del cast, una serie di star britanniche e caratteristi impagabili come Martin FreemanPaddy ConsidineEddie Marsan

Ma ciò che rende La Fine del Mondo un film bellissimo è che fa riflettere senza scadere nel serioso, fa ridere senza volgarità e che andrebbe guardato almeno un paio di volte per comprenderne le sfumature. L'opposto del cinema U.S.A. e getta a cui ormai siamo così assuefatti. 

Commenti

  1. sono felicissimo che sia giunto da noi al cinema,davvero! Colgo l'occasione per veder i miei eroi su grande schermo.
    Sopratutto sapere che si conclude alla grande. Meno male perchè Scott Pilgrimm non mi è piaciuto molto, sono contento che a" Casa " Edgar si sia ripreso ^_^

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    1. Io fossi in te non lo guarderei al cinema ma aspetterei di vederlo in lingua originale. Il doppiaggio fa perdere molto.

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  2. Post perfetto, ragazzo, mi hai persino commossa. Un po' come ha fatto The World's End assieme a tutti quei personaggi, attori e registi che ho imparato ad amare!

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    1. Grazie, ragazza :D anche io mi sono commosso, lo ammetto.

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  3. Piaciuto molto, anche se meno degli altri due. Mi ha davvero colpito la caratterizzazione psicologica dei personaggi, e di quel Gary King mai cresciuto - ho meno di trent'anni XP ottima recensione!

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    1. Grazie, ma non sottovalutare il personaggio del migliore amico di Gary

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  4. Io provai col primo.Non mi disse altro che un dignitosissimo esercizio di stile molto citazionista ed ironico,ma non della mia linea comica o cinefila. In piu' il tanto sfegatatamente auspicato Linguaggio Originale,oltre l'accentazione fastidiosa,di suo non e' che ci aggiungesse poi molto rispetto al doppiaggio,per me. Magari si trasmetteva piu' comicita',ma a svantaggio netto della recitazione. Ma data la tematica,prima o poi a questo finale daro' una ciance.

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    1. Ma il doppiaggio non serve per mascherare la recitazione, è a te che non piace la recitazione anglosassone. Comunque la lingua originale restituisce tutti quei giochi di parole che non si possono tradurre.

      Tra l'altro non vedo dove sia l'esercizio di stile, è parodistico ma con amore verso i generi che il regista ama (anche se hot fuzz mi è sembrata più una presa in giro). Alla fin fine sempre di commedia si tratta, anche se l'ironia inglese può non far ridere per niente.

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  5. Allora non sono stata l'unica che ha pianto...
    è stato bello crescere (invecchiare?) con Wright, Penn e Frost come compagni di sbronze.
    E ora che si fa?
    Mi sento persino un po' vuota.

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  6. Ti lovvo fra. Io cmq sn <30n qnd la pelli non mi farà effect.
    LOL
    (Dopo aver fatto il cretino, faccio il serio: lo vedrò a brevissimo)

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    1. La storia dei trent'anni ovviamente non è generalizzabile e si riferisce a comprendere determinate dinamiche, non il film in se. Comunque vedilo e impazzisci

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  7. un cocktail micidiale di bevute spaccafegato, malinconia, rimpianti, risate e alieni.Esplosivo!!!

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