[Recensione] Venere in Pelliccia (di Roman Polanski, 2013)


Quando Polanski gira un film, non lo fa mai per puro intrattenimento. Certo, ultimamente è stato accusato di esercizio di stile e di produrre semplici esercizi tecnici, cosa non del tutto lontana dalla realtà. Ma nei suoi film c'è altro e questo continua ad elevarlo come autore. Con Carnage, ad esempio, nonostante l'altissima prova dal punto di vista tecnico, il polacco aveva messo alla berlina i vizi e le falsità della famiglia borghese. Probabilmente con il suo ultimo film la sua critica estrema contro la società contemporanea va ancora più a fondo, ancora più violenta e cinica, e per far questo Polanski si spinge nel campo del meta-teatro. Per questo Venere in Pelliccia è uno dei suoi film più estremi ma, allo stesso tempo, uno dei più intellettuali. 

Il drammaturgo Thomas ha intenzione di mettere in scena una rappresentazione ispirata a un testo di Sacher Masoch ma, dopo una lunga giornata di audizioni, non riesce a trovare l'attrice a cui affidare il ruolo della protagonista. Poi arriva Vanda, volgare e sboccata, che lo costringe a un provino dimostrando al regista come nessun'altra sia adatta quanto lei a quel ruolo. Sarà così che Vanda dimostrerà di conoscere alla perfezione il testo dell'opera e l'attrazione che Thomas maturerà nei suoi confronti si tramuterà presto in ossessione. (tratto da filmscoop.it)


Solo due attori, nessuna scenografia se non il palcoscenico di un teatro che, metaforicamente, è proprio l'assenza di scenografie. Il teatro nel teatro (anzi, nel cinema), attori che recitano il ruolo di attori, il copione nel copione che diventa simbolico mezzo per penetrare le profondità della psiche umana. Liberandosi dalle catene che tengono l'uomo contemporaneo legato ad un certo modo di intendere la realtà. Si tratta di convenzioni comunemente accettate: una relazione sentimentale tra le più classiche, un lavoro, un certo modo di vestire, di parlare, di esprimersi. Persino il sesso non è altro che la possibilità di intessere relazioni, non sono tra gli individui ma anche tra la coppia e il mondo che la circonda. Insomma, per non impazzire, l'uomo deve essere socialmente accettato dalla comunità, ovvero i suoi simili. La più insignificante stranezza, voglia o desiderio, deve essere represso nel nome del vivere sociale. Nulla di nuovo se consideriamo che grandi autori (Pirandello?) ne hanno già parlato più di un secolo fa.

Thomas, alla ricerca di un'attrice che dia vita alla sua opera (un adattamento, un derivato) e al suo personaggio principale, non può accettare la finzione di attrici che, in quanto tali, sono derivate anch'esse. Perché la sua opera prenda vita - e con essa il suo subconscio - deve trovare chi la incarni. E Vanda sembra essere la persona giusta. La domanda che sorge spontanea però, man mano che il film prende forma, è: Vanda è una persona reale o la semplice proiezione del subconscio represso del regista? Perché Venere in Pelliccia ha le sembrianze di un dialogo con se stessi, il conflitto tra i diversi volti di una personalità schizzofrenica: l'essere umano che impazzisce perché non più in grado di accettare quel modo di vivere che lo reprime. Potremmo quasi chiamarla una lunga seduta psicoanalitica, cosa rappresentata con estrema ironia e sarcasmo da Polanski in una scena del film.


Non è facile mettere in scena un film del genere, così esteticamente "poverò" ma pieno di simbolismi, violenza, ironia ed erotismo. Roman Polanski ci riesce proprio grazie a quella tecnica di cui sopra. Un film difficile sorretto dalle strabilianti prove dei due attori, Emmanuelle Seigner e Mathieu Amalric (così somigliante al regista), da una regia senza sbavature e dalla sceneggiatura a tratti barocca di David Ives, autore dell'omonimo adattamento teatrale dell'omonimo romanzo di Leopold von Sacher-Masoch, e di Polanski stesso. La tensione erotica è palpabile fin dalle prime battute della sboccata Vanda, l'annullamento delle ipocrisie di cui Thomas è portavoce involontario, pur nel suo estremo tentativo di farle a pezzi. Cresce man mano che i corpi dei due attori si avvicinano, si fondono e si confondono. Erotismo estremo ma mai pornografico, stemperato da battute cattive (persino spietate). Venere in Pelliccia è un film difficile, la persona che era con me al cinema l'ha definito "strano". Imperfetto - e se fosse durato qualche minuto in meno ne avrebbe guadagnato - colto e con un finale difficile da digerire. Può non piacere e sarebbe comprensibilissimo. Ma tutto questo è Polanski, prendere o lasciare.


Commenti

  1. Oh ma solo da me non è uscito? Odio la distribuzione italiana ogni giorno di più! -.-

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  2. abbiamo percepito il film più o meno allo stesso modo :)
    la cosa che più mi ha intrigato, e più di altri film meta teatro o meta cinema, è che qui abbiamo due attori (amalric e la seigner) che interpretano due parti, quelle di autore/regista e attrice, i quali a loro volta interpretano due parti (severin e wanda) che a loro volta si scambiano tra loro e diventano l'uno ossessione dell'altro... mi sembra una sorta di perversa versione della matrioska.

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    1. Sì, in effetti è un gioco di scatole cinesi ottimamente orchestrato...

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  3. qui non si è visto ma in realtà non so se mi attira questo tipo di cinema. anche Carnage non mi è sembrato il capolavoro di cui ( quasi) tutti decantano le lodi...

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    1. E' un cinema che sicuramente può non piacere, fin troppo particolare. Comunque anche io sono contrario a definire questi ultimi due film dei capolavori.

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