[Recensione] Ladyhawke (di Richard Donner, 1985)


E anche Silly, che ospito spesso da queste parti, vuole farvi gli auguri per il nuovo anno appena sopraggiunto. E per farlo ha deciso di scavare nei ricordi e regalarci la recensione di un classico della cinematografia fantastica, Ladyhawke, del mitico Richard Donner. Un film che fa parte del bagaglio cinematografico, culturale ed emotivo di molti di noi. Ma basta parole, vi lascio alle parole di Silly.

Nostalgia, nostalgia canaglia (volume 1): Ladyhawke, di Richard Donner (1985)

La nostalgia è un sentimento malvagio, ti aggredisce quando meno te lo aspetti e ti teletrasporta in un passato morto e sepolto, spesso e volentieri a braccetto con quella sensazione di spleen tanto cara a Baudelaire e a Brian Eno ("By This River" mi sta facendo compagnia in questo momento). Ci sono periodi della vita in cui i ricordi diventano un fardello, perché ti impediscono, come dice una mia amica, di crescere in verticale. Di andare avanti, insomma. Ora, non per tediarvi cari lettori, ma sono bella accomodata in questa postazione dimmerda. Tuttavia, tornare a quei tempi antichi può essere una coccola che ci meritiamo, fin tanto che non si sbroglino le sciagure del presente.



Rivedere Ladyhawke dopo tanti anni mi ha riempito il cuore di una gioia quasi insopportabile. Perché l’opera di quel brav’uomo di Donner (serve davvero che vi ricordi di chi sto parlando? Superman, quello leggendario, I Goonies in compagnia di Spielberg e Arma letale, tra le cosette che ha sfornato) è una favola incantevole che, riproposta nella vacuità dell’oggi, probabilmente risulterebbe una schifezza degna di una fiction di bassa lega. Ma cos’aveva di speciale il cinema degli anni 70-80? Il cuore. Un cuore pulsante e coraggioso. E nel caso specifico di Ladyhawke, la potenza di una storia semplice, ma nel contempo magica e appassionante. “Sempre insieme ed eternamente divisi”, sono Navarre (Rutger Hauer) e Isabeau (MichellePfeiffer), il primo al tramontare del sole diventa lupo, la seconda al sorgere del sole diventa falco. Due amanti separati ed intrappolati da un incantesimo messo in atto dalla gelosia furibonda del Vescovo di Aguillon (John Wood). Ma Philippe Gastone (Matthew Broderick), detto il topo, un giorno fugge dalla terribile prigione della fortezza del Vescovo (“Uscire dall’utero materno non è diverso… Oddio… Ché ricordo!”) e incontra prima Navarre e poi Isabeau. Con l’aiuto del mio personaggio preferito, quel burbero bonaccione di Imperius (Leo McKern), aiuterà i due innamorati a ricongiungersi da esseri umani. La meraviglia di questa favola sta anzitutto nella fotografia semplice, naturale e proprio per questo suggestiva.


L’ambientazione è tutta a casa nostra, tra l’Abruzzo, Emilia Romagna e le Dolomiti, andiamone fieri. La pellicola è pervasa dalla magia, rifiutata dapprima da quel simpatico mascalzone di Philipe, poi accettata grazie al rapporto che si sviluppa con Navarre, Isabeau e Imperius. La magia come veicolo miserabile se accostata alla crudeltà del Vescovo. Lui stesso sostiene di credere ai miracoli, perché è il suo ruolo ad imporglielo. E qui la magia evapora, non richiama il fantastico, ma consacra la bestialità di uomini meschini che lo sono a prescindere. La colonna sonora di Andrew Powell rende quest’avventura epica e la perfetta interpretazione dei protagonisti è ancora oggi commovente. E certo, è bellissima e maledettamente romantica la storia d’amore di Navarre e Isabeau, ma l’abbraccio tra Philippe e Imperius e la loro uscita di scena è probabilmente il momento più emozionante per me.

Quando è uscito Ladyhawke avevo tre anni, non ricordo quando lo vidi precisamente, una data qualsiasi della mia carriera alle elementari. Visto a casa, su una vhs, come ho fatto per tutta la mia infanzia, finché al cinema non ci sono andata per i fatti miei. Perché la mia famiglia al cinema non mi ha mai portato, questo privilegio me lo sono regalato da sola. Ma ho avuto la fortuna di avere dei fratelli più grandi, uno dei quali registrava tutto togliendo la pubblicità e catalogando le vhs in ordine di genere (io me le ricordo ancora le etichette colorate con scritto fantascienza, horror, commedia ecc). Sì, di questo ho nostalgia, di quei tempi in cui la famiglia, seppur incasinata e complicata, riusciva comunque ad essere una risorsa. Ora, essendo in mood nostalgia, aspettatevi altre perle vintage. Anche delle ciofeche magari, perché no. Nel frattempo, buon ascolto.

Silly


Commenti

  1. Film che in qualche maniera mi ha segnato l'infanzia. Conservo ancora la vhs dove l'avevo registrato

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  2. Mi fa piacere ragazzi, temevo di essere strana io a ricordarlo con affetto

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  3. Eppure, il mio preferito, in questa favola, è diventato il vescovo. Magro e famelico (cit.). Perché anche i cattivi erano epici, all'epoca, forse soprattutto loro. Facevano star male, con le loro azioni.
    S'è persa l'epica, in fondo.

    E la domanda è ligittima: oggi avrebbe ancora senso una favola così? O meglio, sarebbe ancora percepita come noi l'abbiamo percepita?

    ;)

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    1. Il vescovo è il personaggio preferito numero due, un cattivo di quelli veri, caratterizzato nella sua essenza malvagia in modo, appunto, epico. Oggi il male viene dipinto in maniera più glam, per così dire, dandogli un'immagine affascinante spesso simile a quella di chi rappresenta il bene. La bruttezza, anche "facciale", non funziona più. E per l'appunto una favola come questa oggi non se la filerebbe nessuno. Hell, meno male che c'abbiamo una certa età. :D

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  4. sono molto legato a questo film per motivi che vanno oltre la passione filmica: nella chiesa in cui avviene il duello finale mi ci sono sposato....

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    1. Uuuuh, ma questa è una cosa stupenderrima! *__*
      Spero però che non vi abbia sposati il Vescovo di Aguillon ;)

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    2. ah ah ah no, era un prete molto più ordinario ...

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  5. Negli anni '80 ci sono state, in tv, moltissime serie e molti film che, sia pur con la loro base di finzione, ci hanno insegnato molte cose e, per molti aspetti, ci hanno fatto crescere. Come mai molti dei film e delle serie di quegli anni hanno avuto questa caratteristica, ossia quella di aiutarci a farci 'crescere'? Dal mio punto di vista è perché erano intrisi di umanità, oltre che di semplicità. Ladyhawke ne è una valida rappresentazione. La mia serie preferita è 'La casa nella prateria', ma ci sono anche altre serie degli anni '80 che hanno avuto una valenza significativa come, sempre per la mia esperienza, 'La famiglia Bradford'. Quelli, gli anni '80, erano gli anni del nuovo boom economico, gli anni che si erano lasciati quelli di piombo (gli anni '70), erano gli anni di una musica votata alla nuova sete di ottimismo e di naturalità, e che facevano veramente sognare con i loro ritmi dolci e dinamici allo stesso tempo. Ma ora quegli anni sono passati. Passati ma non dimenticati. E come si potrebbero dimenticare degli anni che, comunque, fanno parte della nostra esistenza, del nostro 'essere'. Io credo che siamo ciò che abbiamo vissuto e 'come' lo abbiamo vissuto. Finiti gli anni '80, quest'ultimo trentennio, ci ha riservato, dal punto di vista cinematografico, ottimi spunti di riflessione, iniziando con Matrix che, seppur in modalità più approfondita e sviluppata, prende lo spunto proprio da un film del 1985: Tron. Dal punto di vista 'epico', citerei la grandiosa trilogia del 'Signore degli anelli' e, rivalutata personalmente, dalla saga di Harry Potter, solo per citarne i più immediati alla mia mente.
    Questo ci fa capire che i film 'epici' e quelli che ci possono ancora insegnare qualcosa di importante, sono sempre e saranno sempre lì, davanti a noi, proiettati su uno schermo televisivo o in una sala cinematografica. Ma sta solo a noi, con la nostra sensibilità, carpirne gli insegnamenti e riprodurli con la nostra personalità.
    Carlo.

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