[Recensione] A proposito di Davis (dei Fratelli Coen, 2014)


Di solito quando esce un nuovo film dei fratelli Coen, tanto per i cinefili quanto ormai per gli appassionati di ogni tipo si tratta di un evento da non perdere. Credo che questo succeda da più o meno Non è un paese per vecchi, che ha aperto la strada verso i due fratellini a tutti, chi più chi meno a loro agio con un certo tipo di cinema autoriale (perché, è bene ricordarlo, i Coen sono autori).

Immagino però la faccia dello spettatore (che da ora in poi chiamerò) qualunque di fronte ad un film come A proposito di Davis (in originale Inside Llewyn Davis). A dire il vero immagino anche la faccia dello spettatore cinefilo, dei fan dei Coen e di chi ama un certo tipo di cinema strettamente legato alla musica. E forse proprio l'ascoltatore di musica folk sarà quello che più apprezzerà un film che dalla sua ha dei pregi puramente tecnici ma, contro di lui, dei difetti puramente narrativi. Se li vogliamo chiamare difetti, io direi più un'identità particolare ed ostica.

Llewyn Davis è un cantante folk che, inseguendo il successo e alla ricerca ogni notte di un tetto sotto cui dormire, vaga per l'america alla ricerca del riscatto artistico. In compagnia di un gatto.


Io trovo la musica folk. alla lunga, noiosa. Tra gli anni '50 e i '60 la musica folk non era granché apprezzata in generale, vista come musica da locale e da una botta e via, non destinata al successo se non tra quelli dell'ambiente, musica da pochi soldi buona per chi aveva una storia da raccontare e l'abilità di mettere due accordi uno dietro l'altro. Non la pensa così Llewyn Davis, narcisistico artista bohemienne che aspira alla musica come stile di vita e non semplice mezzo per il successo. Uno che sputa addosso alla musica commerciale, che suona quel che non gli piace solo per tirare a campare ma che spera, costantemente anche se non lo da a vedere, che il proprio talento venga riconosciuto. Davis non cambia, rimane sempre uguale a se stesso. Lo stesso film non è altro che un cerchio che si chiude semplicemente per riaprirsi (oppure è altro, ma ci torneremo tra poco). Si tratta di continuità, ciò che rende l'esistenza del protagonista un tirare a campare con la speranza che le cose accadano solo perché lui le merita.


Tecnicamente A proposito di Davis è un film ineccepibile. I movimenti di camera sono pressoché perfetti, quasi la mdp seguisse il protagonista (interpretato da un Oscar Isaac con gli occhi più tristi che abbia mai visto e una voce impeccabile) accompagnandolo con aria indolente e la freddezza spietata dello stesso spettatore. Perché Davis è un personaggio negativo, che non fa nulla se non nutrirsi di quelli che lo circondano - e che lio disprezza - che fugge, che è egoista, che non si adatta e, non adattandosi, rischia di morire. La sua è un'odissea che non porta da nessuna parte. Tutto questo è sublimato anche dalla splendida fotografia di Bruno Delbonnel, cupa, fredda, opaca. E le musiche? Le musiche sono un accompagnamento tanto sonoro quanto narrativo, imbrigliate nel DNA diel film, nella voce dell'isterica Carey Mulligan e di un sorprendente Justin Timberlake. In tutto questo stupisce un'ironia ancora più catartica, ancora più velata, grottesca solo nelle forme di uno strabiliante John Goodman e del suo fido assistente, fredda anch'essa nella propria spietata critica. Il film si muove, vive e scivola sotto un sole che sembra non riscaldare più nessuno e una neve che penetra nei vestiti e nelle ossa. E questo lo rende un'opera di indicibile nichilismo.


Peccato che, narrativamente, non vada da nessuna parte. Peccato che il viaggio riesca persino ad apparire insensato. Che si perda, direbbe qualcuno che non conosce i Coen. Quello che potrebbe sembrare un lungo flashback in realtà è il percorso di un uomo che non sa dove andare, sperduto in un mondo che sta cambiando attorno a lui e che, lui, non capisce. E solo una lettura cabalistica potrebbe spiegare quel che sembra un esercizio di stile: l'idea che l'uomo si muova, evolvendosi, attraverso tappe circolari che aggiungono qualcosa di nuovo alla sue essenza elevandola verso Dio ovvero verso la perfezione. 
Ma Davis, escluso dal tempo, si muove sperduto come un bambino in un mondo in cui può vivere solo ai margini. Fuori tempo massimo, come una canzone folk che non è né nuova né vecchia, schiacciato dal nuovo che avanza (Bob Dylan). E allo stesso modo si potrà sentire lo spettatore, escluso da un film che non fa nulla per fagocitarlo, forse troppo concentrato su se stesso. Il rischio sarà la noia e il non capire perché, se c'è un perché, né dove trovarlo.


Commenti

  1. Fanculo che recensione-messaggio da scolpire nella pietra. Un male di vivere nazionale, quello che descrivi, da far correre a nascondersi in tanti, quasi tutti.
    Eri ispiratissiimo, e , come al solito, l'unico di cui fin'ora ho letto, ad aver capito il film.

    Grande!

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    1. Grazie Giocher ma non ho capito dove sarebbe il messaggio :D

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  2. Come hai scritto da me, l'abbiamo visto proprio da due prospettive diverse.
    Per me questo viaggio ha davvero un senso decisamente grande. ;)

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    1. Diametralmente opposto, ma mi verrebbe da dire che è questo il bello del cinema :)

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  3. per me uno dei pochi film dei coen ad avere quasi un senso, d'altra parte loro sono i paladini della visione della vita come una successione casuale di eventi senza senso.
    però anche questo resta abbastanza senza senso. :)

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    1. Ma non è tanto il senso quanto la visione generale. Forse i Coen, questa volta, dovevano guardarsi un po' più attorno.

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  4. splendida fotografia, splendido gatto.

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    1. Ecco, sì. Ma anche splendido lo stile, che ai Coen non manca mai!

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  5. Guarda, direi che il film l'ho vissuto quasi esattamente come te. Indubbiamente, la natura stessa del protagonista tiene a distanza lo spettatore e questo, almeno per come l'ho vissuto io, è un difetto che mi ha impedito di apprezzare il film come avrebbe meritato.

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    1. Sì ma siamo sicuri il film andasse apprezzato di più? E se fossimo noi ad averlo apprezzato il giusto? Cioè, non dobbiamo pensare di essere per forza noi quelli sbagliati :D

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  6. Apprezzato il giusto, senza senso, i Coen dovrebbero guardarsi un po' più attorno.
    Cielo, quante parole buttate davvero al vento. Un film è giusto criticarlo, ma solo se lo si capisce. Se non si capisce nulla di quello che si vedem bisogna avere l'onestà di dirlo senza addentrarsi in pseudo-critiche e nel trovare pseudo-difetti solo perchè il proprio normale cinema di riferimento è non so... altro, diciamo così.
    PATETICO.

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    1. Quindi se uno non la pensa come te vuol dire che non capisce e se non capisce è meglio se si sta zitto. Questo vuoi dire. Sia mai che qualcuno si confronti e spieghi su cosa è in disaccordo. Tra l'altro fare una critica come la tua senza basarsi sulla recensione ma su quanto scritto nei commenti... ottimo, davvero.

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    2. Fammi capire dove sostengo che se uno non la pensa come me vuol dire che non capisce e di conseguenza deve stare zitto.
      Preciso: non voglio dire (e non ho detto) questo. Non l'hai capito, evidentemente.
      L'hai scritto tu stesso che del film non hai capito il come e il perchè, mi sbaglio? L'hai scritto tu stesso, dunque non sono io a sostenere che non hai capito, lo riconosci da solo. E la mia domanda è: perchè non cercare di confrontare i punti di vista alla ricerca di cosa non si è capito, piuttosto che dire "non va da nessuna parte, appare insensato (????????), non si capisce il perchè" e bla bla bla.
      Quindi ribadisco: chiediamoci il perchè appare insensato, confrontiamoci con chi non dice che è insensato, e poi MAGARI provare a buttare giù una recensione. Non sparare giudizi che poi, quando vengono letti per quello che sono, fanno una grande pena.
      Per chi conosce e ama il cinema dei Coen è veramente impossibile anche solo pensare che questo film non ha un senso o che non vada da nessuna parte.

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    3. Spiegami tu dove ho scritto che non ho capito il come e il perché, perché io non lo trovo e non lo ricordo. Ho dato persino una mia personalissima lettura. Per questo che io non l'abbia capito è un tuo punto di vista (rispettabilissimo, ma pur sempre tuo) e l'idea che io debba evitare di scrivere certe cose deriva dal fatto che non sono d'accordo con te.
      Dico che narrativamente non va da nessuna parte: non c'è una vera svolta, è "quasi" un cerchio che si chiude, la fine è "quasi" identica all'inizio. Puoi affermare il contrario? Ho scritto che il viaggio (non il film, impara a leggere) riesce ad apparire insensato perché sembra non arrivare da nessuna parte visto che è il viaggio di un uomo che non sa dove andare (altra mia lettura personale, come quella cabalistica che ho dato).

      Il cinema dei Coen lo conosco, l'ho visto tutto e l'ho sempre apprezzato. e non parlo solo dei loro "capolavori" ma anche di film minori e più personali come A serious man. Quindi evita di dar le cose per scontate e invece di parlare a casaccio, la prossima volta prova ad esprimere il tuo punto di vista educatamente.

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  7. Sai com'è... hai scritto che il viaggio appare insensato, non il film, consigliandomi di imparare a leggere. Eppure, ma forse mi sbaglio, il film è il viaggio di Davis. Non è che il viaggio è una sorta di capitolo del film, è proprio il film stesso. Dunque dire che il viaggio appare insensato e dire che il film appare insensato è la stessa cosa.

    "Il rischio sarà la noia e il non capire perché, se c'è un perché, né dove trovarlo."
    Ok. Più chiaro di così non potevi essere.

    Sono contento che il cinema dei Coen lo conosci, è un bene, però (proprio perchè lo conosci) dovresti riconoscere -scusa il gioco di parole- che è un bell'azzardo parlare di "difetti narrativi" quando c'è in ballo il cognome Coen.

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    1. Il film secondo me ha un senso (altrimenti non avrei dato quella lettura cabalistica, anche se molto personale), il viaggio "riesce ad apparire" insensato, nel senso che è il viaggio di un uomo che non sa dove andare, non che è una scelta insensata da parte dei Coen.

      "Il rischio sarà la noia", perché lo spettatore può annoiarsi. E' successo, basta leggere quel che hanno detto/scritto in giro. Io personalmente non mi sono annoiato ma riconosco sia uno dei rischi guardando il film. Allo stesso modo si rischia di non capire il perché e, visto che al film si può dare un'interpretazione che resterà sempre soggettiva, che non ci sia un perché a quello che accade. Potrebbe semplicemente trattarsi di una storia.

      E infine, autocitandomi, "... un film che dalla sua ha dei pregi puramente tecnici ma, contro di lui, dei difetti puramente narrativi. Se li vogliamo chiamare difetti, io direi più un'identità particolare ed ostica". Lo dico anche io che, più di difetti, dovremmo parlare di un film con una propria identità che può anche non piacere perché particolare e ostica. Allo stesso modo la scelta di non inserire un twist narrativo (che c'è in tutti i film dei fratelli) può essere voluta ma azzardata e non piacere. E parlo così proprio perché la conosco, la filmografia dei Coen.

      Detto questo, potevi arrivare qui e semplicemente cominciare una discussione in maniera educata invece di entrare in casa mia ed iniziare ad offendere. Anche se sono a favore della libertà di parole (e non ho mai cancellato commenti, persino quelli pieni di offese) non accetto la maleducazione,

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    2. Ok, facciamo chiarezza:
      Il film può essere noioso ed è successo che ha annoiato (in pratica come il 100% dei film, giusto? Te lo dice uno che si è addormentato guardando Avatar, il film d'intrattenimento più famoso del mondo, e quello che ha incassato di più in assoluto), ma a te non ha annoiato.
      Ora, visto che ho l'impressione (sicuramente sbagliata eh) che hai tirato il sasso e nascosto la mano, fammi capire da cosa, nella tua recensione, avremmo dovuto capire che il film non ti ha annoiato.
      In pratica: il film ti è piaciuto? Quanto? Perchè? Non ti è piaciuto? Perchè? Qual è il messaggio che hai colto?
      Ecco, dopo aver risposto a queste domande in modo chiaro, se ne può discutere pacificamente.
      Ovviamente, leggere dei giudizi e/o delle impressioni nascosti in una recensione, senza parlare chiaramente, mi fa trasformare in un maleducato, che entra in casa delle persone senza neanche togliersi le scarpe.
      Io ho letto la tua recensione un po' come: film tutto sommato non bello. Ha dei pregi, come è ovvio che sia, stiam parlando dei Coen, ma non basta.
      L'ho intesa così.... magari ho letto male, ma sicuramente non è neanche scritta poi così bene.

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    3. Ma io mi chiedo, cosa non capisci da quello che ho scritto? C'è scritto tutto e pregi e difetti (secondo me) sono negli ultimi due paragrafi della recensione. Riassumendo: tecnicamente perfetto, movimenti di camera, musica, fotografia. Ineccepibile (l'ho scritto), grandi gli attori (l'ho scritto). "Quello che potrebbe sembrare un lungo flashback in realtà è il percorso di un uomo che non sa dove andare, sperduto in un mondo che sta cambiando attorno a lui e che, lui, non capisce." Poi ho dato una mia personale lettura in termini cabalistici.
      Secondo me però, narrativamente, non va da nessuna parte, la storia narrata non mi ha interessato, il percorso del protagonista nemmeno. Il film mi è piaciuto? Da un punto di vista formale sì, da uno contenutistico o narrativo non mi ha entusiasmato per i motivi che ho spiegato. Il film è girato male? No, i Coen volevano sicuramente fare quel che hanno fatto, ma non è detto che a me debba per forza piacere nella sua totalità. E a me può anche non bastare, quel che ho visto, C'è scritto tutto, niente di nascosto. Non ti piace come scrivo? Me ne farò una ragione. Il post non è scritto bene? Tuo legittimo punto di vista. Questo ti autorizza ad essere maleducato o offensivo? Non credo. E con questo spero di aver chiarito i tuoi dubbi.

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    4. OPS! E' sparito un mio commento. Si, forse è meglio così.

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