[Recensione] Oculus (di Mike Flanagan, 2014)


Ho parlato spesso delle pessime condizioni in cui ristagna l'horror contemporaneo. Forse addirittura ne ho parlato troppo, quindi non starò qui a menarvela con i soliti discorsetti: l'horror non produce più nulla di realmente degno da un paio d'anni a questa parte (ovviamente parliamo di horror maisterman) e tutto ciò che di positivo ci è arrivato è arrivato da quella faccia malese di James Wan (The Conjuring) o quell'inaspettato colpo di culo fortuna che è stato Sinister. Questo senza andare a disturbare la produzione underground/indipendente più recente. Né voglio fare di tutta l'erba un fascio, perché quel che non è piaciuto a me è piaciuto a qualcun'altro, quindi restiamo nel campo del gusto personale. Quel che è certo è che dal 2012 (l'anno di Quella Casa nel Bosco) non c'è stato nessun horror che abbia messo d'accordo cinefili, critici e horrorofili. Forse anche per questo aspettavo con ansia l'uscita del recentissimo Oculus, horror sovrannaturale con Karen Gillan (fan del Doctor Who, unitevi) e Brenton Thwaites, diretto da Mike Flanagan.

Ora i più si chiederanno chi sia questo Flanagan, ma se leggete Combinazione Casuale dovreste conoscere un film intitolato Absentia che io (ma non solo io) trovai incredibilmente interessante, particolarmente pauroso, una di quelle opere indi spesso caratterizzate da tante (belle) idee e budget infimi. Bene, Absentia è stato il primo lungometraggio diretto (e prodotto) da Mike Falangan mentre Oculus è il secondo, tratto dal cortometraggio dello stesso regista intitolato Oculus: Chapter 3 - The Man with the Plan. Un film con un budget meno povero e attori (bravi o meno che siano) rodati, che si è fatto già notare l'8 Settembre scorso al Toronto International Film Festival. Un film con una trama all'apparenza banale e scontata, storia a base di fantasmi e case stregate che però così scontato e banale non è.

La storia di due fratelli, Tim e Kaylie Russell, vittime di una tragedia familiare quando erano ancora dei ragazzini culminata con l'assassinio della madre ad opera del padre e del padre ad opera del piccolo Tim, rinchiuso poi in un ospedale psichiatrico. Undici anni dopo Tim, compiuti 21 anni, esce di prigione e si ricongiunge alla sorella. Kaylie che però non è mai stata convinta della colpevolezza di suo padre e suo fratello ed è ancora convinta che ad uccidere i suoi genitori sia stata una forza soprannaturale proveniente da un antico specchio custodito nella loro casa di famiglia.


Quella che apparentemente potrebbe sembrare la classica ghost story a base di case (o oggetti) infestati, non è in realtà la classica ghost story a base di case o oggetti infestati. Questo perché il regista sembra conoscere bene il suo mestiere e sembra conoscere a menadito la produzione horror internazionale da 50 anni a questa parte. In Oculus, Flanagan cita pellicole varie e molto diverse tra loro (Shining, Amityville Horror, The Descent, The Conjuring, Il Signore del Male, quindici anni di prodotti j-horror) e gioca con stili e sottogeneri (il filone delle case infestate, l'horror sovrannaturale, il found footage, lo spatter, il thriller psicologico) fino a creare un prodotto che, pur non essendo un capolavoro, si rivela un gioiellino e una boccata d'ossigeno per il genere.

Perchè Flanagan, pur citando e giocando, non copia. Perché pur trattandosi, sulla carta, di un film che fa il verso a tanti altri film, Oculus possiede una propria identità e non è uguale a nessun altro film girato prima d'ora. Non guarda al passato con aria sconsolata, non vuole riproporre la lezioncina in maniera pedissequa e arriva quasi a ironizzare sul genere stesso. Anzi, vi dirò di più: a suo modo Flanagan dimostra ancora una volta quanto l'orrore che intende raccontare sia di stampo lovecraftiano o, più in generale, letterario, e quanto poco importi per lui quello che c'è dall'altro lato dello specchio. Ciò che interessa al regista/autore è il lato umano della vincenda, quello psicologico, l'indagine che non si ferma alla superficie di uno spavento telecomandato ma che va a fondo, indagando (anzi, investigando) nell'anima dei suoi personaggi. Oculus vuol dire "occhio", gli occhi sono lo specchio dell'anima, lo specchio è, nel film, simbolo non di quel che viene riflesso ma di quel che si trova in profondità. Flanagan gioca con i piani narrativi, con quelli temporali fondendoli, riflettendoli e confondendoli come confonde lo sguardo dei protagonisti. Le presenze sovrannaturali qui sono di contorno, quasi spettatrici, addirittura poco interessanti, buone per qualche spavento e poco più.


Virtualmente diviso in due parti, Oculus gioca con lo spettatore senza tentare mai di prenderlo in giro. La prima parte, in cui viene instillato il seme del dubbio, si fa notare per suspance e giochi psicologici; la seconda vira prepotentemente nell'horror dosando i soliti trucchetti (pochi ma ci sono), il sangue e le apparizioni, reali o immaginate che possano essere. Un montaggio perfetto, movimenti di camera mai lasciati al caso, un sonoro conturbante e una sceneggiatura che ha il pregio di non cadere mai in buchi narrativi (ma richiedendo comunque una certa sospensione dell'incredulità) fanno il resto, perché questo è uno dei casi in cui al comparto tecnico vanno più della metà dei meriti. Bene anche le prove di Karen Gillan, di un Rory Cochrane novello Jack Torrance e di Katee Sackhoff, un po' meno quella del bambolotto Brenton Thwaites.

Alla fine Oculus non sarà il miglior horror degli ultimi anni, non sarà una produzione stellare (si parla di 5 milioni di dollari) e forse paga il fatto di essere un lungometraggio (1.45h) tratto da un cortometraggio, con una decina di minuti di troppo (ma a me non ha annoiato mai). Di certo non è un horror alla Wan che va tanto di moda. Potrà non piacere (ringrazio i bimbominkia in sala), potrà non fare paura. Ma è un horror onestissimo che percorre una strada che è solo sua. E lo fa alla grande. 
Mio punto di vista, ovvio.


Commenti

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    1. Lo aspetti anche tu? Spero solo che non ti aspetti una classica ghost story :P

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  2. Porca putrella dalle mie parti non s'è proprio visto!! >.<
    Voglio vederlooooo!!!

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    1. Vedilo ad ogni costo. Non è un capolavoro, solo un buon film, ma guarda cosa ti combina sto tizio con 5 milioni di dollari.

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    1. Attendo la tua recensione, dopo che lo avrai visto. Noi di solito siamo agli antipodi per quanto riguarda l'horror.

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  4. mah, davvero ti è piaciuto sto schifo??? io volevo uscire dalla sala dopo un quarticello, attori pessimi (i due ragazzi sono ridicoli) sceneggiatura piatta e noiosa, finale ignobile, x me tra le peggiori ciofeche uscite negli ultimi mesi.

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    1. Per me invece abbastanza originale, attori niente male (tranne Brenton Thwaites, ma lui è un caso disperato) e un finale in linea, non poteva che finire in quel modo.

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    2. twhaites sarebbe il fratello vero???
      Si quello è davvero un cane, potrebbe fare comunella con Robert vampire emo Patterson XD

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    3. Sìsì, è lui. E se noti assomiglia pure a Taylor Lautner, quindi sì, hai ragione. Sul resto no, ma su questo punto assolutamente :P

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  5. ma che dicevano i bimbiminkia in sala?Non si potrebbero aver dei martelli per sfondare le loro teste vuote?
    Aspetto che esca in dvd e poi lo compro. Flanegan già con absentia , era diventato uno dei miei preferiti in campo horror. Mo aspetto Ti West...

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  6. oddio oddio oddio...non conosco questo regista aaaaaaaaaaaaaaah devo recuperare :D hahaha si grave, anzi gravissima mancanza da parte della sottoscritta, cattiva Arwen cattiva...grazie Frank di averlo segnalato ^_^

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    1. Spero tu lo veda e spero che ti piaccia. Fammi sapere.

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  7. Considerati i recenti problemi che ho avuto con il blog, ecco un commento scritto da Ford di White Russian e poi scomparso: "Finora ne avevo letto malissimo. A questo punto potrei recuperarlo, alla peggio mi scateno con le bottigliate! ;)"

    A cui rispondo: "forse a te non piacerà, ma fossi in te un'occasione gliela concederei ;)"

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  8. Bellissima recensione Frank, il "cappello" iniziale lo condividiamo in toto tra l'altro con la mia. Sai che non sono d'accordo, se il film tenta un approccio intimo e umano (alla Orphanage per intendersi) a me non ha regalato la minima emozione. Sul lato horror siamo alle solite, roba già vista mille volte.
    Apprezzo il soggetto, ecco, quello sì, ma la sceneggiatura che tu reputi senza buchi io l'ho trovata sgangheratissima con il comportamente dello specchio sempre diverso, mai coerente, roba buttata là alla cazzo di cane tipo loro che mangiano e bevono per far cosa? davvero lo spettatore ha paura che muoiano di disidratazione in quelle poche ore? non ho provato nè empatia nè pathos, l'ho comunque "premiato" perchè tenta un approccio diverso a un canovaccio stantio.
    Attori cani come pochi.
    Ma mi piace come ne parli.

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    1. Prima di tutto, grazie per i complimenti.
      Secondo (ma più importante) cerco di risponderti punto per punto: più che approccio intimo e umano io direi proprio una riflessione sui protagonisti che vuole essere quasi analitica, dal di fuori più che dall'interno.
      Ma non è solo questo: io ho visto proprio l'intento di ribaltare i soliti canoni horror. Esempio: le creature? Contorno. Gli spaventi? 3 o 4. Oggetti che si muovono? No, sono gli stessi personaggi a fare tutto. Muckumentary? Sì, ma quasi una presa in giro (e da qui forse la spocchia, può essere). Loro che mangiano e bevono? Non è funzionale alla trama perché è una nevrosi della protagonista, prigioniera delle proprie paure. Io ho trovato che tutto fosse voluto in quella maniera. Può non piacere questo, il cosa fosse voluto, questo sì.

      Comunque capisco benissimo che non possa piacere e preferisco una critica argomentata come la tua (anche se non sono d'accordo) al solito "non mi piace perché non fa paura".

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    2. Se fossi del partito non mi piace perchè non fa paura allora potrei abbandonare il genere horror.
      Mi sono impaurito due volte in 10 anni.
      Il finale di Rec.
      Un incontro in Lake Mungo.
      Per il resto moltissime volte ho provato atmosfera, tensione, empatia.

      Qua nulla :)

      La presa in giro ai mock non l'ho vista per niente, sinceramente.
      Per tutto il resto che dirti, è vero che rispetto agli altri horror (prendiamo i 3 Wan) ci si focalizza più sui personaggi che sul resto (che diventa contorno) ma proprio per questo se poi quei personaggi e la loro storia non ti prendono per niente hai un horror uguale agli altri che nella parte in cui si discosta non ti ha convinto per niente.
      Per capirsi dò un 8 alle intenzioni, che da Wan sarebbero sempre da 6, un 5 alla realizzazione.

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    3. Benissimo, per nulla d'accordo. Per me riesce anche quella parte con quel continuo confondersi di presente e passato. La presa in giro più che presa in giro e critica, quasi volesse ricordare l'inutilità di una cosa del genere perché, alla fine, è inutile. E la scena in cui inconsapevolmente i due protagonisti mettono le videocamere una di fronte all'altra parla da se. Poi ti dirò, già solo per il fatto che ha suscitato in me queste riflessioni per me è un 7, 7 1/2, capisci bene perché mi è piaicuto così tanto. E parliamo di un horror commerciale (apparentemente) girato con poco in 3 settimane, quindi comunque un b-movie.

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    4. Io ho messo 9 o 9 e mezzo a The Orphanage,capisci che ognuno di noi si fa i suoi figli, figliastri e nipoti.
      Quindi Oculus te lo lascio in affidamento, io gli resto cugino di quinto grado :)

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    5. No ma guarda, per me The Orphanage è uno dei migliori horror degli ultimi anni :)

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  9. E approfitto per metterti in blogroll.
    Non farci caso, sono un blogger (e già mi vergogno a definirmi così) molto atipico, pigro e per niente integrato nella blogosfera :)

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    1. Figurati, io non faccio nemmeno lo scambio di link, inserisco nel blogroll solo i blog che mi interessano così è più facile seguirli e devo ammettere che non ci sono neanche tutti :D

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