[Recensione] The Babadook (di Jennifer Kent, 2014)


Probabilmente l'horror cinematografico è a un bivio. Probabilmente, ma è più che altro una mia idea personale, il cinema horror ha trovato un muro di fronte che ora sta provando a raggirare puntando su un ritorno al passato, all'introspezione. Al dramma, in certi casi. Praticamente il rifiuto dello spavento fine a se stesso e la riproposizione di stilemi più "classici" tanto da un punto di vista tecnico quanto da quello narrativo. Cicli, ritorni storici, ne ho già parlato abbondantemente ed è inutile rimanere qui ad ammorbarvi con le mie idee anche perché, se questo tentativo avrà successo, potrà dircelo solo il tempo. 

E intanto, dall'Australia, dopo una marea di rinvii e aspettative, ecco arrivare The Babadook di Jennifer Kent.

Ecco, Jennifer Kent. Un'australiana che ci ha provato come attrice senza mai riuscirci e che nel 2005 scrisse e diresse un corto intitolato Monster, attirandosi le attenzioni di una casa di produzione locale che spinse poi per un lungometraggio, il primo nella carriera dell'attrice, che ha visto la luce solo in tempi recentissimi. Una pellicola da 93 minuti tirata via da un corto di 10 che, stranamente, non risente della dilatazione di una storia derivativa (come lo stesso film) ed anzi avrebbe richiesto persino più tempo per essere sviluppata a dovere. 



La storia è classica: Amelia è vedova e vive assieme a suo figlio di sei anni Samuel. Amelia è sola, Amelia è stanca perché deve badare a se stessa e al suo bambino, continuamente bisognoso di cure e vittima del trauma che ha coinvolto i suoi genitori. Un giorno Amelia trova un libro: Mr. Babadook. Un volume illustrato per bambini, la filastrocca su di un mostro che, come fosse stato invocato, comincia a perseguitare la donna sull'orlo di una crisi di nervi. Ma sarà vero o solo il frutto della fragile psiche di Amelia?

LA RECENSIONE PUO' CONTENERE SPOILER

The Babadook è un horror dall'inconfondibile tocco femminile. Ancora meglio: The Babadook non è solo un horror e sin dalle prime scene vira nel thriller sovrannaturale dalle sfumature psicologiche. Perché l'orrore, in questo film, non viene mai mostrato bensì suggerito, guardato dal punto di vista di Amelia e costantemente a metà strada tra il sogno surreale e il dramma familiare. 
Attraverso suggestioni polanskiane (L'Inquilino del Terzo piano, Repulsion) la Kent costruisce un castello di ansie e paure che la protagonista si troverà costantemente ad affrontare con il rischio di andare in frantumi. Perché la vita è difficile, il mondo è cattivo e una donna può rimanere vedova nel momento stesso in cui da alla luce un figlio. E allora la quotidianità diventa un inferno, le sicurezze lasciano spazio ai dubbi e i mostri che abbiamo chiuso a chiave nell'armadio rischiano di venire fuori all'improvviso trasformandoti in quello che non sei ma potresti essere. Tutto questo si chiama depressione.

La forza di The Babadook sta proprio qui, nel suggerire attraverso immagini, riferimenti, citazioni (quelle di Mario Bava su tutte) il collasso di una mente usando il tema del mostro (o meglio, del bau bau) come metafora. Per questo il babadook, durante tutto il film, aleggia come uno spettro ma evita di rivelarsi apertamente, tratteggiato attraverso disegni pastello e la raffigurazione (incubesca) burtoniana. E fin qui tutto bene, anzi, fin qui meglio di così non poteva andare: lo spettatore si appassiona, si stranisce, il film si dimostra disturbante e si arriva a mettere in dubbio quel che si sta vedendo, sospeso com'è tra fantasia e realtà, sogno/incubo e quotidianità. Finché qualcosa non cambia e la pellicola prende una nuova piega.


"Cause if it's in a word, or if it's in a book
you can't get rid of the Babadook"

Mi sono accostato a The Babadook pensando si trattasse di un film che facesse paura. Era quello che avevo letto in giro, era ciò che mi aspettavo. Ma per almeno 2/3 di pellicola, al di là di qualche sporadico spavento, di paura neanche l'ombra. Ansia, forse, trasmessa dalla sgradevolezza di personaggi principali (interpretati da Essie Davis e il giovane Noah Wieseman) ottimamente tratteggiati e da una fotografia plumbea. Poi però, ad un certo punto, il film cambia. L'uomo nero fino a quel momento rimasto sullo sfondo, spauracchio tratteggiato con accuratezza e demone interiore, viene fuori e mostra il proprio potere sovrannaturale. Per come la vedo io non ce n'era bisogno. Per come la vedo io l'horror alla The Conjuring non centrava nulla con questo film. Quando però il babadook arriva e si fa palese infrangendo gli argini della metafora, qualcosa comincia a stonare. E parlo proprio della rappresentazione dello stesso, tra effetti alla poltergeist e possessioni demoniache. Quasi bisognasse dare un contentino a chi si aspettava il classico film "di paura". Un mix di sballottolamenti, oggetti che cadono, persone trascinate via da forze invisibili. E urla. Tante urla. Una sterzata innaturale che si affievolisce in un pre finale affrettato. E' quasi ovvio che l'intento della Kent fosse rappresentare il male con cui si deve convivere per forza di cose, perché ce lo portiamo addosso. Quel male che può essere chiuso in cantina, a cui dare da mangiare, da tenere a bada e magari, un giorno, da dare in eredità a qualcun altro. Il male che, nella propria dolorosa ciclicità, viene addomesticato: l'opposto di quel che succede in Shining, solo per citare un altro influsso ovvio. 


Forse sono io che chiedo troppo (tipo, il libro Mr. Babadook è una delle cose più belle mai viste, ne vorrei una copia). Forse non ho compreso la portata stessa dell'opera. Eppure credo che The Babadook sia un film incompleto che per un attimo perde la bussola. Avrei voluto si osasse di più, soprattutto con quel finale lì che ha un potere e una forza incredibili. Nonostante questo un ottimo film, tecnicamente ineccepibile, sopra la media. 

Commenti

  1. io penso che la Kent abbia voluto dire che il babadook si nasconde dentro ognuno di noi, credo che sia questo il nocciolo di tutto il film che a me ha messo paura proprio per il suo non dire, per il suo sottinteso, un abisso nero senza fondo...ed Essie Davis modula la sua voce come il miglior Jack Nicholson....e scusate se bestemmio un po'....

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anche io penso che fosse quello l'intento della Kent, solo che non ho gradito il modo con cui l'ha rappresentato: scendere a patti? In quel modo? Sconfiggerlo? Così velocemente? No, mi è parso tutto troppo affrettato. E poi il ricorso a quei mezzucci di cui aveva fatto beatamente a meno... non so, a me è sembrato tutto approssimativo verso il finale quando con 15 minuti in più, magari, si sarebbe potuto concludere più in profondità

      Elimina
  2. Da donna e, soprattutto, mamma, è un film che mi ha terrorizzata tantissimo. Quasi più "a freddo" che immediatamente dopo la visione.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io non sono donna, non sono mamma e non ho provato sensazioni riconducibili alla paura. All'angoscia sì, ma non di certo con quel finale lì.

      Elimina
  3. ssssssssssssh, che io lo vedo la prossima settimana!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Una settimana è passata, ora voglio sapere che ne pensi :P

      Elimina
  4. anche a me ha fatto la stessa impressione.
    una pellicola a tratti notevole e affascinante, però nell'ultima parte si perde un po' per strada per diventare il classico film di paura...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti, non si fosse lasciata andare così, con quel finale, quasi il film dovesse finire ad ogni costo, saremmo stati dalle parti del film dell'anno.

      Elimina
  5. Se vuoi il libro la prossima settimana partono i preordini :)
    Detto questo a me è piaciuto moltissimo anche il finale, con quella cantina...!

    RispondiElimina
  6. Per me è invece lucidissimo nell'inquadrare questo tipo di orrore quotidiano e il dover "nasconderlo" e conviverci, considerando le condizioni in cui si ritrova la protagonista, mette una terribile, soffocante angoscia. Anche a me non ha fatto paura, se non nella prima apparizinoe del Babadook, ma il disagio rappresentato è stato per me a tratti insostenibile.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma io non metto in dubbio i propositi, metto in dubbio la scelta finale: tanto quella di "mostrare" quanto la facilità con cui si arriva alla "soluzione".

      Elimina
  7. Sono d'accordo con te. Era un grande film, doveva solo marcare di meno, la metafora perde valore nel momento in cui la si palesa.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ecco, penso esattamente quello che dici tu, sintesi di questa mia recensione

      Elimina
  8. Forse il voler mostrare troppo ha destato di colpo lo spettatore. Magari sarebbe stato più funzionale al film tenere il pubblico sulla soglia dubitativa senza svelare di più... Comunque credo che l'angoscia, anche senza paura, dimostra che il film è riuscito per buona parte nel suo intento.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Paura per nulla, angoacia devo ammettere di sì, soprattutto in certe sequenze oniriche.

      Elimina
  9. Ho centrato anch'io i tuoi stessi difetti, che però non sento gravare così tanto sul film. Per ma una pellicola molto buona che, pur inciampando un poco verso la fine, fa un percorso lucido e ben tratteggiato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bah, io continuo a pensare si tratti di difetti importantissimi. Perché rendono il film né carne né pesce nel momento stesso in cui la metafora si fa carne

      Elimina
  10. Il Babadook non e` un generico male. E` il lutto (inglese "grief") che entra dentro di noi e ci trasforma e che puo` erodere i rapporti familiari. Quindi il grief come orrore, che alla fine si puo` anche conquistare (lentamente e con ricadute sempre piu` lievi). Il lutto che in questo caso viene vissuto in modi diversi da madre e figlio, scatenando un odio terribile mescolato ad amore e tenerezza. E qui di nuovo torna il genere horror della persona posseduta. Della figuara amorevole e dolce che diventa improvvisamente diabolicamente cattiva. La Kent ha deciso di trasmettere questi contenuti in un genere che normalmente produce pessimi risultati (basta dare un'occhiata a quanti horror flicks sono recensiti in rosso su metacritic). Forse entrando in questo gioco ha approfittato appunto delle debolezze di un genere per far si che il suo ottimo film diventasse un capolavoro con relativa facilita`. Nella categoria del fil drammatico forse sarebbe stato piu` difficile. Detto questo e` stata davvero una bella sorpresa. Specialmente andandolo a vedere come un film dell'orrore. Secondo me da' i punti allo Shining

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bah, non capisco allora il concetto di dare in eredità questo "lutto" al bambino, né di nutrirlo. Credo piuttosto che il lutto sia l'origine di un male più profondo che collima con l'idea di depressione. Depressione intesa come malattia e come male atavico che può contaminare chiunque, soprattutto chi non è in grado di superare, appunto, un lutto.

      Elimina
  11. Mi sembra una bella metafora sulla paura in generale, al di la del tema madre e figlio. La paura puo portare alla repressione dei propri sentimenti ed all isolamento progressivo dal mondo, andando a corrodere ed incrinare anche i rapporti piu stretti e primordiali. Come dice il babadook, la paura non la puoi negare, piu la neghi e piu diventa potente, fara sempre parte di te. Puoi solo gestirla, osservarla e soppesarla, ma non cessera mai di esistere e di accompagnarti per tutto l arco della vita. Condivido anch io il cattivo gusto e l inutilita di certe scene in stile esorcista, ma in generale e un film che si lascia apprezzare, se non altro per la presenza di un contenuto, cosa rara nel suo genere.
    Diego Alatriste

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ecco, sono pienamente d'accordo con te. Il mio problema con questo film è che non riesco a considerarlo un capolavoro come molti.

      Elimina

Posta un commento

Info sulla Privacy