Quando c'era Marnie (di Hiromasa Yonebayashi, 2014)


A dispetto di chiunque pensi il contrario, i giapponesi non sono mai stati così chiusi da rifiutare gli influssi occidentali ed anzi, sono sempre stati in grado di assorbire quel che di buono arrivava dall'altra parte del mondo e di metabolizzarlo, farlo proprio e riversarlo nelle proprie opere in maniera assolutamente originale. Prendiamo ad esempio il Dio dei manga Osamu Tezuka, che sin dai primi anni '50 metabolizzò il disegno americano e lo ripropose in salsa nipponica condizionando generazioni di mangaka a venire. Prendiamo Akira Kurosawa, il grandissimo regista discendente da un'antica famiglia di samurai che si è sempre fatto influenzare dai migliori registi mondiali e che si ispirò, per i primi suoi film, al teatro shakespeariano. Oppure Hayao Miyazaki, che non ha mai fatto mistero di lasciarsi ispirare dalla cultura europea pur avendo a cuore temi riguardanti il mondo nipponico. 
Credo sia importante fare questa premessa visto l'alto numero di "infatuati" del mondo giapponese che credono in una sorta di superiorità culturale di questa nazione e che poi, magari, al cinema vanno a vedere Quando c'era Marnie


Quando c'era Marnie è l'ultimo film del mitico Studio Ghibli, il commiato (momentaneo) di una casa di produzione che ha sfornato tra i più grandi capolavori dell'animazione giapponese. Un film di Hiromasa Yonebayashi, cresciuto alla corte di Miyazaki e esordiente nel 2010 con Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento. Quando c'era Marnie è un film del 2014, uscito sono quest'anno per pochi giorni nei nostri cinema, ed è tratto dal romanzo omonimo di Joan G. Robinson, scrittrice e illustratrice britannica. Racconta la storia di Anna, ragazzina di 12 anni che dalla città di Sapporo si trasferisce nel paesino marittimo di Hokkaido per il periodo delle vacanze estive su consiglio del medico, che vede nell'aria di mare del villaggio un buon modo per prevenire gli attacchi d'asma della piccola. A Hokkaido Anna incontra Marnie, misteriosa ragazzina con cui stringe da subito un forte legame d'amicizia. Ma Marnie è una bambina molto misteriosa nasconde un grandissimo segreto.

Quello di Yonebayashi è un racconto di formazione che segue le vicissitudini di Anna, bambina sull'orlo dell'infanzia che vive i primi dolori dell'adolescenza, preludio all'età adulta. Allo stesso tempo Anna è forse tra i più tragici personaggi dello studio Ghibli, orfana di padre e di madre, con del sangue straniero che le scorre nelle vene (non ci viene raccontato ma ci viene fatto intuire), sola, malata ma, soprattutto, con un pessimo rapporto con se stessa che poi si riversa nel suo rapporto con gli altri. Anna è infatti una ragazzina odiosa e antipatica che preferisce starsene da sola a disegnare che in compagnia dei suoi coetanei ma che si rende conto dei propri difetti e si odia per il suo brutto carattere. Tutto ciò rende la nostra protagonista il personaggio forse più realistico mai visto nell'animazione giapponese per i più piccoli. La natura di Anna è tormentata e i suoi tormenti vengono amplificati da quel difficile momento nella vita di un uomo che è il diventare grandi. L'incontro con Marnie non solo sarà chiarificatore ma rappresenterà quella spinta emotiva per andare oltre se stessi, il proprio credo, le proprie sensazioni. 


Quando c'era Marnie non è certamente l'anime più riuscito nel panorama nipponico passato e recente. Al di là delle bellissime animazioni, delle splendide musiche, del disegno soffice e dei colori brillanti (non i soliti colori pastello), si rivela forse troppo pesante a livello narrativo lasciando spesso lo spettatore preda della noia. Se la caratteristica principale dei film animati dello Studio Ghibli è (quasi) sempre stata quella di farci entrare in un mondo magico da cui poi difficilmente volevamo uscire, in Quando c'era Marnie si fa fatica ad immedesimarsi, a lasciarsi andare, a lasciarsi trasportare. In certi momenti mi sono persino ritrovato a seguire il film con distacco, privato della dolce ipnosi che spesso mi accompagna guardando questo tipo di anime, attento agli sviluppi della storia quasi si trattasse di un semplice thriller, dell'ennesimo mistero da svelare. Ma il bello sta proprio in questo: Quando c'era Marnie ti colpisce con uno splendido inizio che dalla moderna vita cittadina giapponese ci proietta in un universo rurale immobile nel tempo, che parte come il classico slice of life e ci sorprende con una storia di misteri forse addirittura sovrannaturali, che ci tedia per quasi la totale parte centrale di film ma che poi, arrivati al finale, ci colpisce con una botta emotiva non da poco. 

Ed è inutile che facciate i duri e mentiate spudoratamente: lo so che tutti voi vi siete commossi e sulle battute finali dell'anime vi siete ritrovati con gli occhi lucidi. Io ho pianto spudoratamente e in quel finale ci ho riconosciuto tutta la forza emotiva di cui avevo sentito la mancanza nel resto del film, una sorta di fantasma che mi aveva accompagnato per circa un'ora e che alla fine si manifesta. E mi fa a pezzi. E mi fa sentire quel calore che VOGLIO provare quando guardo un film del genere, come fosse un abbraccio rassicurante o la voce dolce che mi dice di non preoccuparmi, perché alla fine tutto andrà bene. E io, nonostante sia una bugia, per un attimo ci credo. Ci credo davvero.


Commenti

  1. Non sei il primo a parlare della commozione nel finale.
    Sono molto curioso, è tra le prossime visioni.

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    1. E' un film da vedere, che piaccia o no, anche solo per quel finale. E' vero che mi commuovo facile ma qui sfido a non farsi annebbiare la vista a fine film, per lo meno.

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  2. Direi che abbiamo avuto le stesse sensazioni nelle stesse tempistiche :)

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    1. Sì, infatti quando l'ho visto ho pensato a quello che avevi scritto tu e mi sono ritrovato abbastanza d'accordo

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