IT di Stephen King: pensieri in libertà


La prossima settimana anche qui da noi arriverà IT, il tanto atteso film di Andres Muschietti basato sull'omonimo mattone romanzo di Stephen King. Arriverà dopo l'anteprima di ieri sera, arriverà a 27 anni dalla messa in onda della mini TV e dopo 31 dalla pubblicazione del romanzo. Romanzo che viene considerato non solo il capolavoro del suo autore, ma una delle maggiori opere narrative della contemporaneità. Romanzo estremamente pop (nel senso di popolare) che però, facendo un rapido censimento, mi sembra non sia stato letto veramente da tutti. Ovviamente mi riferisco alla ristretta cerchia delle mie conoscenze più o meno vicine con età tra i 20 e i 34 anni, quindi non un dato ISTAT. Anche se, allargando il raggio d'azione, in un paese che legge poco rispetto alla media, non mi aspetto dati particolarmente diversi. Considerate che stiamo parlando di un mattone di più di 1200 pagine, pubblicato nel 1986 (1987 in Italia). Di genere. I mattoni ormai non piacciono più a nessuno, figuriamoci a chi fa fatica a leggere un post un po' più lungo del solito su Facebook... ma questo è tutto un altro discorso!

Io ho riletto IT recentemente. La prima volta era stata tanti anni fa, quando avevo più o meno l'età dei protagonisti del romanzo. Credo fosse il periodo giusto trattandosi, tra le altre cose, di un racconto di formazione. Poi ci riprovai più in là, ma lasciai perdere dopo qualche centinaia di pagine: mi resi conto che una (ri)lettura del genere avrebbe tolto spazio ad altre di opere che ancora non avevo approcciato. Però quest'anno, in concomitanza con un film che è subito divenuto fenomeno di massa (anche qui da noi), non potevo più esimermi dal ripercorrerlo. Con gli occhi di un adulto, spero. E sono stati questi occhi a farmi rivalutare un romanzo che non è mai stato tra i miei preferiti di Re. In peggio. 


Chiariamo subito: è una grande opera narrativa. Mastodontica. Irripetibile. Che in se, come credo di aver spiegato in questo post, racchiude la somma della poetica del suo autore. E' sorpattutto romanzo iconico che nella propria iconografia riflette quella dell'universo narrativo di King, spesso interconesso al punto di divenire meta-narrativo. Solo che non mi ha mai "preso" empaticamente. Non quando ero più piccolo e ancora meno ora che mi trovo in quell'età di mezzo che mi allontana ancor di più da tematiche che non sento più mie. Infine resto ancora convinto che con almeno 200 pagine in meno, l'opera ne avrebbe guadagnato in coesione e sintesi, ma King non è mai stato uno scrittore sintetico né un narratore misurato: lui è strabordante, eccessivo, logorroico. Non sempre, ma in molti casi, soprattutto in IT che, anche per questo, resta il suo romanzo più rappresentativo.

Che poi, a conti fatti, di cosa parla IT? Di un gruppo di ragazzini che affronta un mostro e lo sconfigge, ma non definitivamente. 27 anni dopo quel mostro ritorna e i nostri protagonisti, che lo avevano promesso, convergono per lo scontro finale nella loro città d'infanzia. Che poi è il mostro stesso, in un certo senso. 


Ovviamente una semplificazione del genere non rende giustizia al romanzo. Potremmo dire che quel mostro è un alieno ma sbaglieremmo (pur dicendo la verità). Potremmo dire che quel mostro è un clown assassino, ma staremmo facendo l'errore della mini TV di Wallace. Potremmo piuttosto dire che quei ragazzini affrontano il male. Non un mostro malvagio, ma il male nel senso assoluto della sua concezione antropologica e sociologica. Diciamo il male assoluto, ma svincolato da qualsiasi giudizio religioso o, persino, etico. 

Tempo fa lessi un libro (non ricordo né il titolo né l'autore, quindi andate sulla fiducia) che parlava di serial killer. In questo volume si citavano taluni studi che permettevano di riconoscere tratti fisiologici e morfologici comuni tra gli assassini seriali. Chiamiamola quindi fisiologia (e morfologia) del male. La caratteristica di IT in quanto mostro è quella di sfruttare le paure delle sue vittime. Lui assume la forma che la vittima teme di più. Quella forma suscita nella vittima paura. La paura aumenta il sapore della carne della vittima. IT si ciba di quella carne. Le paure dei bambini sono più semplici rispetto quelle degli adulti, meno complesse e contorte: le prede preferite di IT sono i bambini. IT però non è la paura. Le forme che IT assume sono trappole di un cacciatore. L'esca è la sua forma più comune, Pennywise, un clown. Ma IT, il cacciatore, è il male che si riflette (e riflette) sulle proprie vittime. Quindi, in un certo senso, il male siamo noi nella sintesi di tutti i nostri aspetti: fisiologici, morfologici e psicologici. Sociali. Per questo nel romanzo si dice che IT è Derry, la città dove è ambientato. 


King quindi ci parla dell'essere umano e dei suoi orrori. Ci parla di adolescenza come fase di transito che spesso porta alla perdita dell'innocenza, della violenza intrinseca in un modello sociale di stampo patriarcale (che in futuro diverrà sublimazione), del male sociale che riflette quello individuale. E poi tanta altra roba che non ho colto. L'unico modo per parlare di tutto questo, soprattutto in quello che è stato uno dei periodi più difficili per lo scrittore, tra tossicodipendenza e disontossicazione, è la trasfigurazione. Quella che opera King è di tipo lovecraftiano: l'autore fonde horror e fantasy e crea i primi elementi di un phanteon cosmologico ovvero IT (il male), la Tartaruga (il bene) e l'Altro (una sorta di figura creatrice o demiurgica, non l'ho mai capito). La cosa più bella però, quella che amo di più, è che King crea divinità necessarie tanto una all'altra quanto nell'equilibrio cosmico che però non appariene loro. Questo perché sono aliene nel senso più intimo del termine, provendendo dal Macroverso. Ora, il macroverso, filosoficamente parlando, è un non-luogo dove avviene una sorta di sintesi dei concetti, in cui la moltitudine diviene unicità. IT e Tartaruga quindi sono (effettivamente) sintesi di elementi e caratteristiche umane. Ma, essendo comunque entità esterne, ne diventano estranee, nella stessa misura in cui un riflesso è estraneo alla natura più intrinseca di ciò che viene riflesso. Ovvio quindi che possano morire nel momento stesso in cui la sottrazione degli stessi permette di mantenere un'equilibrio entropico. Vedendola così, male e bene diventano semplici elementi in grado di permetterci la trasfigurazione dell'umanità stessa nei suoi elementi essenziali e di sintetizzarne quindi le caratteristiche. Catalogarle, nonostante poi la divisione in categorie tenda a perdere di valore nel momento in cui una categoria dipende dall'altra. 

Perdonatemi, volevo scrivere un bel post su IT di Stephen King, ma ho perso il controllo e sono caduto nella trappola dei pensieri in libertà. Resta il fatto che, magari dopo essere andati al cinema a guardare il film di Muschietti, potrete dare una possibilità al romanzo. Tanto bisogna aspettare il 2019 per la seconda parte. Vi toccherà sopportare quelle che reputo alcune lunghaggini di troppo, alcuni elementi messi lì perché in un'opera tanto titanica può capitare di perdere il controllo. Ma alla fine ci avrete solo guadagnato, magari dando interpretazioni completamente diverse dalla mia. Credetemi, ne varrà la pena. 

Commenti

  1. Invece è stata una bella analisi.
    Che dire... io lessi IT ai tempi, come te avevo gli anni dei protagonisti.
    Ho riprovato a leggerlo più volte ma non ci sono riuscito. L'ultima? Pochi mesi fa, primavera.
    Mamma mia quante lungaggini inutili. King ora non lo amo più proprio per questo. Pedante, ridondante. Esattamente la sensazione che hai tu.
    IT di Muschietti mi attende giovedì.
    Non so nemmeno io come reagirò. IT è la paura, per me un mondo come Bene, Male, Tartarughe ecc non è necessario.
    Ma King fa sempre così, mostra il mostro e tutti gli annessi.

    Moz-

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    1. King è un grande narratore. Lo ha dimostrato (lui o chi per lui, se si vuole pensare a ghost writer e affini, come spesso si dice). Ha dei "difetti", che in realtà sono caratteristiche. Per me King rende ancora meglio nei racconti, perché lì le lungaggini cedono il passo. Resta il fatto che IT è una lettura che segna, soprattutto se fatta durante l'adolescenza.

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  2. Concordo con il Moz bellissima analisi, un romanzo con cui siamo cresciuti tutti, anche come lettori, perché è un gran capolavoro che spero Muschetti onori, lo saprò solamente giovedì però. Cheers!

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    1. Siamo tutti in attesa di 'sto film :D IT capolavoro? Può darsi. lo pensano tutti, sarà vero. Sicuramente il suo capolavoro.

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  3. (Ri)letto questa estate a più o meno 20 anni di distanza (sic!) dalla prima volta proprio in vista del film. Nonostante rimanga sempre un'opera letteraria di grande rilievo, sinceramente in alcuni punti l'ho trovato anche io gravante di alcune lungaggini di troppo e con un paio di momenti, che a quanto pare non saranno fortunatamente nel (pare) capolavoro di Muschietti, abbastanza fastidiosi. O forse sono soltanto cresciuta io...comunque sono assai curiosa, dovrei andare anche io la prossima settimana.

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    1. Ammettiamolo che ci siamo cresciuti (quasi) tutti e che con l'età riusciamo fortunatamente a guardare i vecchi libri da un diverso punto di vista. Altrimenti avremmo ancora 13 anni e sarebbe un problema :D credo che tra questo we e la prossima settimana un po' tutti parleremo del film :)

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  4. Ottimo articolo.
    It è stata una delle mie prime paure... Ma devo ammettere che è un romanzo d'impatto. E' un cult!

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    1. E' un cult e, difetti o meno, per me è un romanzo importantissimo. Grazie :)

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