Netflix: Il Gioco di Gerald (di Mike Flanagan, 2017)


Se c'è un regista su cui avevo puntato gran parte delle mie speranze per poi ritrovarmi con meno delle fiches iniziali in mano, quello è sicuramente Mike Flanagan. In un certo senso l'ho "visto crescere", a partire dal suo esordio con Absentia (il suo primo lungometraggio del 2011) passando al suo primo film "importante", ovvero Oculus - Il Riflesso del Male (2013). Da quel momento in poi ho atteso la consacrazione di questo nuovo autore del panorama horror, quel film che lo avrebbe ufficialmente proiettato tra i nuovi grandi, proprio dov'ero convinto dovesse stare.

Questa consacrazione, a mio modesto modo di vedere, non era mai arrivata e gli ultimi tre film del regista si erano rivelati una gran delusione. Tre film in un anno, tra l'altro, probabilmente sotto le rigide imposizioni contrattuali della Blumhouse e dopo un lungo periodo di silenzio. 
Fino ad ora. 
Fino al 29 settembre 2017, giorno in cui Netflix ha reso disponibile sulla propria piattaforma un film che lei ha prodotto e che Mike Flanagan ha diretto: Il Gioco di Gerald. Fino a quando non mi sono trovato ad esclamare "eccolo, è tornato".

All'inizio ero titubante, lo ammetto: portare sullo schermo un romanzo come questo di Stephen King lo ritenevo francamente un suicidio.


Quanto è bello sbagliarsi, dopotutto. Quanto è bello ritrovarsi sorpresi positivamente. Addirittura entusiasti. Perché Il Gioco di Gerald, diretto da Mike Flanagan, prodotto da Netflix e tratto da uno dei romanzi "minori" di Stephen King, è un film bellissimo. La storia di una donna vittima di un gioco erotico finito male, che si ritrova ammanettata al letto nel più completo e profondo isolamento. Il film tratto da un romanzo basato sui flashback e sul disfacimento della sanità mentale. Basato sul ricordo. Basato sul dolore. Provateci voi a dirigere un film che parla di dolore con due attori protagonisti e una manciata di comparse. Un film che si svolge per più di un'ora e mezza per lo più in una stanza da letto. Un film che parla di violenza nella sua forma più subdola: quella mentale. Il Gioco di Gerald è un horror psicologico che si rivela un viaggio interiore e che ha la forza di rivelarsi nudo e crudo, senza filtri che non siano la volontà del regista (e co-sceneggiatore) di dare al film una dimensione propria, personale, che non vada in contrasto con quella dell'opera originale. 


Prima di tutto, Il Gioco di Gerald è un romanzo fortemente kinghiano. C'è la figura femminile che rinasce (o ci prova) dalle violenze di cui è stata vittima, c'è la figura del maschio (violento/animale), c'è il male assoluto, c'è il mostro. Tutti elementi che però assumono una funzione nuova. Bene, il regista li conserva e non gli snatura, anzi, sembrerebbe nutrire verso di loro un gran rispetto. Eppure l'opera narrativa, così com'è, è assolutamente infilmabile. Flanagan allora fa quel che ogni regista che si approccia a King (ma alla narrativa tutta) dovrebbe tentare: adatta il romanzo. Attua una sintesi. Conserva gli elementi salienti e li piega alla propria visione senza sacrificare quella del soggetto. Ma ancora, non fa un semplice lavoro di taglia e cuci. Né sacrifica un medium in favore dell'altro. Nel romanzo la protagonista (Jessie), trovandosi in una situazione assurda e senza via d'uscita, frantuma la propria identità/psiche e comincia a conversare con le proprie voci interiori, arrivando a dare loro un volto. Lo stesso avviene nel film, ma in maniera più "sintetica" e funzionale. Non avendo la stessa libertà del mezzo narrativo, sfrutta la natura dell'immagine e attraverso un abile lavoro di montaggio agisce sul principio di identità basando sui dialoghi/monologhi il dinamismo narrativo, alternato a flashback funzionali che, appunto, mostrano piuttosto che raccontare, attuando un approfondimento psicologico e traslando il tutto su due piani narrativi che si fondono ma non si confondono, piuttosto si alternano. 


Flanagan non ha paura di sporcarsi con un tipo di violenza subdola e crudele, ma anche con quella più fisica, arrivando persino alla scarnificazione del corpo umano. Soprattutto, però, conserva la propria poetica rispettando quella di King. I suoi film restano un modo per rivelare l'Altrove, non più luogo fisico ma universo interiore dove albergano i mostri veri, quelli che agiscono sulle nostre esistenze e che possono avere persino il nostro stesso volto. Se ci badiamo, in ogni film di Flanagan c'è un oggetto o un luogo (metaforico o fisico) che funge da "portale". Ne Il Gioco di Gerald questo luogo diventa il non-luogo per eccellenza, il subconscio, attraverso cui reale e non-reale si confondono. Lì agiscono le nevrosi, un po' quello che accade durante l'atto creativo. E quanto è bravo il regista a spaventarci con le apparizioni che ci propone, o a stupirci con momenti di pura tecnica (quella mai messa in dubbio). Tutto reso più facile poi da attori grandiosi, a partire da Carla Gugino protagonista assoluta senza però dimenticare Bruce Greenwood, Henry ThomasCarel Struycken. Insomma, Il Gioco di Gerald è un gran film che tra l'altro trova nella propria natura "casalinga" la dimensione ideale. C'è solo una cosa che non mi va proprio giù: il mondo in cui viene rappresentato Gerald, quasi edulcorate, meno violento e brutale. Un personaggio meno animalesco che, per come è sviluppato, forse non rende bene l'idea della malvagità in lui intrinseca, che poi è la malvagità di cui spesso è vittima l'uomo in generale quando diventa carnefice. 

Commenti

  1. Non vedo l'ora di vederlo anche se, a malincuore, mi manca il romanzo.
    Preso in prestito tanti, tanti anni fa (facciamo dieci), ma a causa di un febbrone assurdo (vaneggiamenti degni della protagonista, ricordo lo spavento dei miei) avevo dovuto restituirlo al proprietario, senza averlo letto per intero.

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    1. Il libro è meraviglioso e una delle migliori prove di King: tele consiglio anche più del film, ovviamente.

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  2. A quanto pare è un bel filmone a sorpresa! Il romanzo è uno dei primi di Stephen King che ho letto, credo a 13 o 14 anni... e decisamente la lettura mi colpì. Spero che le promesse siano mantenute e il film faccia altrettanti

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    1. Non so se poi lo hai visto, ma le mantiene sicuramente, anzi: pochi film sono stati così aderenti a un romanzo di King...

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  3. Flanagan non mi è mai piaciuto e non ho letto il romanzo, ma sono molto curioso.
    Andrò al recupero e speriamo bene.

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    1. Ford, recupera anche il romanzo. Credimi, ne vale la pena.

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  4. segnato, ho letto varie recensioni positive, poi Flanagan conosciuto proprio da te, mi è entrato nel cuore, quindi una visione mi pare d'obbligo ^_^

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    1. Ma dai, allora ogni tanto servo a qualcosa :D anche se le ultime prove di Flanagan mi avevano proprio deluso, rimane un regista incredibile.

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