Halloween 2018 (di David Gordon Green, 2018)


Non c'è nulla di più banale che uscirsene ad Halloween con un post dedicato ad Halloween, il film. 
Ovviamente non sto parlando dell'originale del 1978, diretto da John Carpenter e considerato (a torto) il primo slasher movie della storia, di cui trovate la mia personale recensione qui. Mi riferisco invece ad Halloween 2018, co-scritto e diretto da David Gordon Green, prodotto da Jason Blum per la Blumhouse e con Carpenter come produttore esecutivo e autore della colonna sonora.

Halloween 2018 è stato concepito come sequel naturale dell'originale carpenteriano. Quindi un film che annulla un'intera saga e riprende i fili della vicenda da dove li avevamo lasciati, ben quarantanni prima dopo la strage ad opera di Michael Myers nella cittadina americana di Haddonfield a cui sopravvisse solo Laurie Strode. Quarantanni esatti da quella notte di Halloween del 1978.

Il problema vero però è che appropriarsi di quel titolo è una scommessa troppo grande per chiunque. 


Partiamo dal presupposto che un paragone tra un David Gordon Green qualsiasi e John Carpenter è alquanto improbabile. Se poi il film del nuovo non solo ricalcola ma ricalca quello del vecchio (con vere e proprie citazioni), il paragone diviene tangibile e quindi impossibile da non fare: il nuovo Halloween è speculare a quello vecchio, non ne può fare a meno, quindi io non posso fare a meno di confrontarli. Omaggio fino a un certo punto poi, se qualcuno volesse avanzare questa obbiezione. C'è un intento di continuità lodevole perché per prima cosa riporta tutto ad un grado zero, cancellando anni e sequel ridicoli assieme ad una mitologia balzana che aveva contribuito a trasformare un personaggio iconico in una marionetta, ma che si pone concettualmente come epigono slasher teen privo della profondità che ci aspetterebbe da un prodotto che porta questo nome.


Facendo un esempio concreto, persino il prequel-reboot firmato da Rob Zombie nel 2007 cercava un'alternativa a quel qualcosa di irripetibile che era stato il capolavoro di Carpenter. Forando clamorosamente, ma per lo meno con una propria identità e un proprio stile.
Nel caso attuale invece, al di là di un ribaltamento di prospettiva, assistiamo ad una serie di superficiali riflessioni sugli effetti del male e sul suo linguaggio (che è quello del silenzio, impenetrabile come il proprio senso), sul concetto di vendetta e sul suo senso annichilente, senza però andare da nessuna parte se non nella direzione dello slasher e del revange movie. Classico. Quasi ci si dovesse necessariamente piegare a quel concetto di horror a cui Halloween (il primo) ha fatto da apri pista, ma di cui c'è stata via via una esemplificazione.

Ribaltamento, dicevo prima, nel momento in cui la prospettiva diviene esterna a quella di Michael. Che vediamo agire per quello che è, estromessi dal nichilismo che rappresenta. Il punto di vista che facciamo nostro è invece quello di Laurie (interpretata ancora una volta da Jamie Lee Curtis), contaminata dal male che Michael rappresenta. Una sorta di riflesso frammentato, di distorsione. E' Laurie a contrapporsi al concetto di borghesia conservatrice americana, ma in quanto prodotto "avariato" della stessa e non, come Myers, suo punto zero. Un concentrato sociale senza memoria e per questo vittima, che risponde al profeta con una pernacchia. Peccato che tutto resti abbozzato e lasciato in balia dei cliché inseguendo uno standard horror/action che attinge alla mitologia di un cult ma potrebbe essere un milione di cose diverse.


Non si tratta di bello o di brutto. Alcuni momenti del film sono e restano interessanti mentre la colonna sonora firmata dal Maestro sorregge da sola la baracca raccontandoci la storia alla Carpenter. Poi c'è nuovamente Nick Castle a dare il suo non-volto a quella che per me rimane la più grande icona dell'horror americano. Il problema è che, fin dai titoli di testa, questo è Halloween, ma non lo è nel momento stesso in cui ne diviene una copia sbiadita. Quindi non può essere preso semplicemente per quello che è, è il film stesso a gridarcelo. Insomma, un vorrei ma non posso che secondo me non ha necessità di esistere. Forse sarebbe ora di uscire dall'ombra della strega e andare avanti. 

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