The Bye Bye Man (di Stacy Title, 2017)


Tre studenti prendono in affitto una vecchia casa isolata, vanno a vivere insieme e risvegliano durante la solita seduta spiritica un'entità malvagia facendo esattamente quel che non dovrebbero fare. Poi, ovviamente, il delirio.

Non che ci sia molto da dire su The Bye Bye Man. Sapevo già sarebbe stata una schifezza, eppure ero in viaggio, mi annoiavo e Netflix era rimasta la mia ultima speranza di non collassare inerme sul sedile del pullman. 

Credo ci sia un'estrema differenza tra "horror leggero" e "horror brutto". L'inutilità di certe pellicole a volte mi lascia basito, soprattutto se penso che a guardarle siano stati poveri mal capitati alla ricerca di qualcosa di easy. Perché il film di Stacy Title non è solo la fiera del già visto, non è solo soporifero e di certo non è solo scritto da una scimmia ubriaca. Il problema, quello vero, è che The Bye Bye Man sembra fiero di essere brutto, ha evidenti velleità che vengono tradite poco dopo la parte migliore del film (i primi minuti, che non so perché mi hanno ricordato subito It Follow). Novantasetta minuti di roba che non fa altro che prendersi sul serio. Ed io lo sapevo, perché dal 2017 non ho mai sentito il bisogno di guardare 'sta porcata. Forse, quando l'ho fatto qualche domenica fa, avevo solo bisogno di vedere qualcosa di brutto. Una necessità che spesso sento crescere dentro di me.


Ed è la stessa necessità che mi spinge a parlarne, nonostante eviti sempre di dare giudizi.

Si tenta, prima di tutto, di creare una figura iconica. Il "mostro", in The Bye Bye Man, è il tentativo estremo di dar vita ad una nuova maschera (tentativo a cui si era piegato qualche anno fa quell'abbozzo di franchise intitolato Sinister). Nessuno però fa caso al fatto che non siamo più negli anni '80/'90. Che il mito, nel cinema horror contemporaneo, non può più indossare una corona e divenire sovrano di un impero seriale. I volti dei mostri contemporanei necessitano di un velo dietro cui nascondersi, di tirare i fili e non di essere tirati in scena. Il Bye Bye Man invece sembra invece non veder l'ora di entrare in scena e quando lo fa assomiglia più a uno spaventapasseri che ad un bau bau. Così non solo ammazza la tensione (che non c'è) ma diviene ridicolo, sintetico, artefatto. Inserito poi in uno scenario scritto coi piedi, non fa altro che divenire privo di sostanza. 

Che poi, mai visto tanti comportamenti stupidi da parte di personaggi/macchietta interpretati da cani, la summa di come non si dovrebbe scrivere un horror. Con quell'aria (di cui diviene simbolo il personaggio interpretato da Carrie-Anne Moss) da "visto che figata" che no, per niente. E allla fine l'unica cosa che si salva è la mimica di Doug Jones, che però preferisco ricordare nei film di Del Toro. 

Commenti

  1. Secondo me di horror peggiori o più brutti di questo ce ne sono, a me non è dispiaciuto, anche se sono evidenti alcuni difetti...poi ognuno si gode un film come vuole ;)

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