L'Angelo del Male - Brightburn (di David Yarovesky, 2019)


L'invasione dei cinecomics non è il male assoluto del cinema contemporaneo come in molti si ostinano a credere. Anzi, ben vengano finché riescono a portare gente al cinema, e dio solo sa quanto ne abbiamo bisogno al giorno d'oggi. Se poi dai cinecomics nascono idee come quelle alla base di Brightburn (in Italia L'Angelo del Male) ancora meglio. Perché il film del 2019 diretto da David Yarovesky si basa su un sunto banalissimo: cosa sarebbe successo se Superman fosse stato cattivo? Ma andiamo con ordine.

La decostruzione del mondo supereroistico oramai è cosa comune. Lo era meno qualche decennio fa. Quando negli anni '80 arrivò Alan Moore, le cose cambiarono a partire dal suo revisionismo del personaggio di Miracleman. Il bardo infatti gettò le basi del decostruzionismo supereroistico che anni dopo riprese con il capolavoro Watchmen  e che diede il la ai cult milleriani (Il Ritorno del Cavaliere Oscuro per citare il più famoso) e a tutto quel che ne conseguì fino, diciamo, a Garth Ennis (avete visto la trasposizione seriale del suo The Boys su Amazon Prime Video?). 

La figura del superuomo, presa e rivoltata come un calzino, approfondita psicologicamente e inserita in contesti reali(stici), è diventata nel corso degli anni oggetto di studio. Per approfondirla si è arrivati a vari What if che sono riusciti a coinvolgere persino il supereroe fumettistico per eccellenza: Superman.
Tutti questi discorsi però riguardano il media fumetto. Nel cinema una cosa del genere non è stata fatta fino al Batman di Nolan (ma chi se lo inculava il cinecomic, prima). Poi, nel 2019, arriva James Gunn


James Gunn il mondo dei cinecomics lo conosce bene. Il suo I Guardiani della Galassia è forse la prova più riuscita dell'intero Marvel Universe. Non si stenta a crede quindi che l'idea di un Superman cattivo derivi proprio da lui e che sia lui il produttore di Brightburn. Guarda caso, gli sceneggiatori di questo film sono Mark e Brian Gunn, fratelli del nostro, e alla regia c'è Yarovesky, un suo amichetto. 

La storia di Brightburn è semplice semplice: nel 2006, in Kansas, precipita un'astronave aliena con un bambino al suo interno. A trovarlo sono i coniugi Breyer, che da quelle parti hanno una fattoria. I due non possono avere figli e quindi accolgono il frugoletto alieno adottandolo e fingendo che sia loro. Il bambino (che chiamano Brandon) cresce con loro fino alle soglie della pubertà. A quel punto comincia a scoprire di avere straodinari poteri. Ma anche di essere uno psicopatico.

Quella di Brandon Breyer è la storia di Clark Kent. Precisa e spaccata. Solo che Kyle non è buono e Brightburn non è un film sui supereroi. E' un horror. Il film di Yarovesky si sviluppa proprio come tale, mostrandoci le dinamiche di uno slasher movie e gli sviluppi di un classico possession movie o  di cinema alla Omen, per rendere l'idea. Le situazioni che si vengono a creare sono quindi coerenti con l'universo filmico, mostrandoci le origini di un mondo distopico, il peggiore possibile, all'interno di una realtà popolata da superuomini ma in cui manca totalmente l'idea di eroe. 


Il film, costato una manciata di dollari, è un b-movie a tutti gli effetti. Cinema "povero" quindi. L'occasione perfetta per gestire Brightburn nella maniera più genuina, spingendo sulla gestione dell'orrore più che sugli effetti speciali. E l'orrore (anche a livello visivo) qui esplode nei modi più fantasiosi e cruenti possibili spingendosi ad attimi di gore molto potenti e creando una tensione continua che concede pochi attimi di respiro. Per ovviare a momenti estremamente (ed inutilmente) introspettivi si ricorre anche ad escamotage appropriati per spiegare l'evoluzione negativa di Brandon, caratterizzata da un imprinting alieno e non necessariamente da motivazioni psicologiche, che comunque non mancano. Insomma, tutto sembra funzionare perfettamente e c'è spazio per inserire il classico tema "da grandi poteri derivano grandi responsabilità" in questo caso però visto con occhio nichilista.

Eppure c'è un MA, sul quale per me è impossibile chiudere gli occhi: la caratterizzazione di Tori e Kyle Breyer, i genitori "umani" di Brandon. Due personaggi che nelle reazioni ai comportamenti del figlio si domostrano ciechi sull'orlo della stupidità, tanto da divenire poco credibili. Gente che di fronte all'ovvio sono portati non solo a chiudere gli occhi, ma a rimuoverlo dalla memoria cadendo ripetutamente dalle nuvole e costringendo lo spettatore ad esercitare una sospensione dell'incredulità che poi, nelle scene veramente incredibili, non è necessaria. Insomma, un controsenso.

Alla fine a me Brightburn è piaciuto e l'idea di un sequel (paventato non solo dallo splendido finale, in cui fa un cameo Michael Rooker) non mi dispiace affatto. Cinema divertente e di intrattenimento, senza retorica o pipponi mentali. Solo che il rischio di dimenticarsi presto di certi prodotti è sempre dietro l'angolo. 

Commenti

  1. Di recente, ho visto tutti i film da questo sito https://tantifilm.page/ Un sito davvero buono, usalo per guardare tutti i tuoi film preferiti senza problemi, te lo dirò, ma poi vedrai di persona, penso che ti piacerà completamente

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  2. Effettivamente sono d'accordo su tutto quello che scrivi e secondo me sul tema supereroi Gunn stesso ha fatto di molto meglio con Super, film troppo poco citato secondo me. Comunque Brightburn è comunque un buon film, con una buona idea di base, ma effettivamente si perde in alcuni elementi e quindi non risulta poi così imperdibile o indimenticabile.

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